Oggi esiste anche una quarta vita, quella virtuale Società

Lo scrittore colombiano Gabriel García Márquez scrisse che ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata e una segreta. Oggi potremmo aggiungere che ne esiste una quarta, una vita virtuale, che possiede le caratteristiche di tutte le altre.

Non sto parlando della realtà virtuale, quella immaginata da scrittori di fantascienza, scienziati informatici o registi visionari come Brett Leonard nel film Il tagliaerbe. Secondo questi teorici, un giorno sarà possibile, tramite appositi strumenti, immergersi nel cyberspazio provando le stesse sensazioni visive, sonore, olfattive e tattili del mondo reale. Tentativi in tal senso sono già in corso e l’ambito che finora ha raggiunto i risultati più sbalorditivi in questa direzione è quello dei videogiochi.

Mi riferisco invece alla vita virtuale intesa come l’insieme delle attività che ognuno di noi svolge tramite computer o smartphone. Al pari della vita reale, anche questa si potrebbe considerare composta da tre elementi.

La vita pubblica consiste in tutto ciò che condividiamo, che oggi è probabilmente la maggior parte dei contenuti diffusi attraverso i social: i nostri pensieri, i commenti, le foto delle vacanze, i nostri status. Purtroppo molto spesso quest’aspetto della realtà finisce per rivelarsi ipocrita, come nella vita reale.

Prendiamo ad esempio le vacanze estive: tutti pubblicheranno immagini di volti sorridenti, pelli abbronzate, tuffi al mare, scarpinate in montagna o gite nelle città d’arte, ma nessuno racconterà ai propri amici le giornate di maltempo, le liti con il partner, gli inconvenienti che inevitabilmente occorrono durante le ferie o anche semplicemente i momenti di noia. È indispensabile dare di noi stessi un’immagine felice, vincente, anche quando non corrisponde alla realtà. Nessuno su Facebook farebbe il resoconto di una vacanza fantozziana, dando così di sé un’immagine da perdente.

La vita privata è invece l’insieme di dati, dalle foto private alle canzoni scaricate da internet, che teniamo per noi. Ciascuno conserva sui propri dispositivi, o molto spesso sul cloud, un insieme di file molto consistente, che può comprendere anche filmini delle vacanze o intere serie tv da guardare e riguardare. La conservazione di questa mole sempre più imponente di file privati è diventata un business notevole per chi si occupa di hosting e di sicurezza informatica, così com’è un bersaglio facile, ma fortunatamente non troppo attraente per gli hacker (ai quali può fare gola il codice d’accesso al nostro conto corrente online, ma di sicuro non il video del nostro matrimonio).

Infine, ognuno cela una sua vita segreta virtuale, composta da tutte le attività, non sempre lecite, che non condivideremmo con nessuno, anzi di cui non faremmo cenno ad anima viva. Dai siti in cui è possibile chattare con perfetti sconosciuti, organizzando incontri clandestini, ai messaggi tra amanti fedifraghi, fino alle attività che coinvolgono il dark web: compravendita di armi, droghe e farmaci illegali, pedopornografia, sexting (la diffusione, contro la volontà di chi è ritratto, di foto o filmati a sfondo sessuale), la lista sarebbe lunga.

Sull’ipocrisia delle società perbeniste borghesi hanno scritto scrittori caustici come Oscar Wilde e sono stati girati film come il classico Signore e signori di Pietro Germi, ma manca ancora un’opera che metta alla berlina la doppia e tripla vita degli odierni utenti di internet.

Al massimo c’è qualche battuta che circola in rete, come quella dell’avvocato che, per scagionare il proprio cliente, gli propone di esibire in tribunale come prova la sua cronologia di internet. Al che il cliente preferisce dichiararsi colpevole.

Saluti dalla plancia e buone vacanze.

CARLO DELASSO

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