La via Appia verso il riconoscimento Unesco, finanziamenti ed interventi anche per il Sannio Beneventano Ambiente
Prosegue il cammino verso il riconoscimento UNESCO del più trionfale dei percorsi: la via Appia che lega 4 regioni, 74 comuni e 15 parchi, collocando il Sannio nella più grande Area Vasta archeologica italiana.
Il comitato UNESCO informa delle novità in due incontri pubblici l’11 maggio e il 1° giugno, dal titolo VIA APPIA REGINA VIARUM, Scoprendo la via Appia verso il riconoscimento UNESCO, previsti a Roma nel parco dell’Appia Antica.
Simone Foresta, funzionario archeologo SABAP per le province di Caserta e Benevento sotto la soprintendenza dell’architetto Gennaro Leva, ha partecipato alla prima giornata dedicata ai tracciati della via Appia in Lazio e in Campania.
“Si tratta d’incontri legati alla candidatura UNESCO e ad attività collaterali a Benevento e nel territorio sviluppate in varie fasi, rientrate nei progetti nazionali del PNRR, che hanno ricevuto un grosso investimento e una grande attenzione - ci dice Foresta -. Questi interventi mostrano caratteristiche specifiche del territorio sannita beneventano”.
Quali sono le novità riguardo alle caratteristiche del tratto?
Nell’ambito dei finanziamenti concessi per supportare la candidatura UNESCO dell’Appia, da un lato ci sono stati interventi che riguardano il comune di Benevento, in particolare l’area di Santa Clementina; dall’altro l’individuazione dei tesori dell’Appia e il restauro dei mausolei ancora visibili, rendendo più chiaro il quadro delle conoscenze sul ponte Leproso e sull’ingresso dell’Appia nella città di Benevento. In maniera collaterale si sono svolte anche attività più strettamente legate alla tutela: la realizzazione di impianti d'Energia rinnovabile ha permesso di individuare a San Nicola Manfredi un ampio tratto dell’Appia abbastanza conservato. In realtà sapevamo che passava nei paraggi, ma non il punto preciso; il ritrovamento permette di avere un quadro più definito del tracciato dell’Appia nel tratto in cui si dirigeva ad Apice nella stazione Ad Calorem sul fiume. Tracciato individuato a circa quattro miglia della città, dove le fonti ci dicono dovesse essere la stazione di posta che si chiamava Nuceriola i viaggiatori sostavano qui per continuare verso l’altra stazione a Ponte Rotto. Questi interventi legati alla tutela si vanno ad inserire oltre quelli già previsti.
Si tratta di ritrovamenti importanti?
Sì, perchè si profila un quadro sempre più preciso dei monumenti che si trovavano lungo l’Appia. Nel caso di Benevento il tracciato si otteneva grazie a indicazioni differenti, come la presenza dei ponti. Ora invece abbiamo un tratto ben conservato, che si trova in campagna, dandoci una conferma ulteriore. Ricapitolando: abbiamo le realtà monumentali, i mausolei, i ponti romani e il tracciato. Spesso, purtroppo, nel nostro territorio si conservano molto male (nel Sannio in particolare), per la continuità di vita della strada.
I nuovi finanziamenti del PNRR cosa riguardano?
Sono legati alla candidatura UNESCO riguardando il ponte delle Chianche a Bunalbergo, dove finalmente si procederà al restauro, poiché sottoposto ai pericoli dell’alluvione del 2015. La Soprintendenza interverrà a Ponte Rotto e a Santa Clementina. Poi ci sarà un intervento sull’Arco di Traiano. Proprio in questi giorni si stanno svolgendo le indagini per progettare il restauro delle superfici decorate; si tratta di uno degli interventi più importanti: chiaramente l’arco ha bisogno di un restauro non strutturale, bensì delle superfici sottoposte allo smog. Non una semplice pulizia fisica, ma una ‘pulizia’ profonda dal punto di vista conoscitivo, che riguarda anche gli interventi precedenti, per individuare le criticità del monumento.
La ri-scoperta dell’Appia traccia anche nuove prospettive per la gente comune?
Questo è il grosso tema. Alla Soprintendenza interessa tutelare quello che si porta alla luce, cercando quindi di conoscere e sapere cosa dice il tracciato, per applicare i vincoli. Poi c’è un aspetto importante legato alle aspirazioni del territorio, che punta molto alla candidatura UNESCO che non deve diventare, però, un grande spot per far venire i turisti: occorrono turisti motivati, lenti e consapevoli. Il vincolo UNESCO deve avere una ricaduta effettiva sulla popolazione in termini di conoscenza critica, con il coinvolgimento delle Comunità, per capire cosa fare di questo Patrimonio. Chiaramente la gestione deve essere condivisa: non può ne’ gestirlo la Soprintendenza o il Ministero dall’alto, ne’ si può gestirlo dal basso. Occorre una mediazione per non causare effetti distorti. Tutti i tratti dell’Appia sono differenti: non si può gestire il tracciato di San Nicola Manfredi come il Parco dell’Appia antica a Roma, dove c’è una tradizione consolidata di fruizione. Anche nella gestione dal basso non possiamo ricordare l’Appia con l’insegna della caffetteria, per esempio. Serve una gestione più consapevole che abbia reali ricadute.
Come prosegue il viaggio verso il recupero dell’Appia nel futuro?
Abbiamo fatto delle scelte anche drastiche: per esempio il tracciato di San Nicola Manfredi è stato rinterrato proprio perchè non abbiamo una strategia chiara nell’immediato
Il rinterro è una scelta che spesso i cittadini vivono come una perdita o una dequalificazione di quel che è stato rinvenuto. Ci spiega meglio quando e perchè si sceglie di rinterrare i ritrovamenti?
Questo intervento in particolare, avvenuto durante un’attività autorizzata, è stato portato alla luce nell’ambito dell’archeologia preventiva; significa che prima della realizzazione dell’impianto di energia è stata sondata tutta l’area. Dato che i saggi hanno avuto esito positivo, portando alla luce un tratto dell’Appia, si è deciso di abolire la costruzione di un intero settore dell’impianto che quindi non sarà realizzato: non ci sarà nessuna costruzione sopra l’Appia. Si tratta, però, di un intervento su un terreno privato: occorrerà valutare se portarlo alla luce con un dispendioso intervento di restauro e sistemazione. In questo momento si è deciso, per il bene dell’antico tracciato, di sigillarlo, perchè è il miglior modo per poterlo conservare in attesa di interventi più importanti e decisivi. Non possiamo lasciare cento metri di via Appia alla vista e all’intemperie senza manutenzione: significa perderli. L’importante è sapere precisamente dove si trovano per effettuare un intervento mirato.
Supponendo che durante le campagne di scavi siano ritrovati degli oggetti dove si collocheranno?
In questi anni ho cercato sempre di spingere alla realizzazione di musei e sale espositive gestite dai Comuni, lasciando questi reperti dove sono stati ritrovati. Esperienza già fatta a Castelvetere in Val Fortore, che prosegue anche per i ritrovamenti di Amorosi. Per i reperti c’è una volontà di restituirli: anche in questo caso ci sono progetti finanziati dal Ministero in stato molto avanzato, per realizzare musei a Paduli e a Buonalbergo, dove si collocherà proprio un museo sull’Appia
Questo dà idee per una rete museale sannita...
Si perchè attualmente è un aspetto un pò carente. L’unico museo nazionale archeologico del beneventano è a Montesarchio; non ci sono altre realtà nazionali. Probabilmente è necessaria una rete museale, perchè è aumentata la quantità e la qualità dei rinvenimenti archeologici proprio grazie all’attività di archeologia preventiva. Nel caso di Amorosi, di San Nicola Manfredi e di Castelvetere si tratta sempre di opere di interesse pubblico: è bene che i cittadini capiscano che i ritrovamenti non sono proprietà dello Stato, che cerca in tutti i modi di restituirli alla fruizione collettiva. In molti contesti si pensa che i beni archeologici siano di proprietà di chi li trova; ma tecnicamente non è proprio così: l’interesse deve essere sempre pubblico. Anche da parte della Soprintendenza ci deve essere l’impegno di non tenerli più nei magazzini e nei depositi, creando le condizioni migliori per esporli alla comunità.
Quindi lei è per un decentramento dei musei?
Dipende sempre dall’obbiettivo: purtroppo creare dei grandi attrattori non è molto utile perchè c’è sempre il rischio della ‘turistificazione’ . La necessità per il territorio sannita è quello di ridare centralità anche ai luoghi più lontani affetti da tanti problemi, come, ad esempio, lo spopolamento. Secondo me bisogna ridare una storia e un’identità a questi luoghi. Il rischio è di convergere tutto verso il centro più importante che è Benevento, che ha già un museo provinciale. Come Soprintendenza vorremmo trasformare il nostro Centro Operativo in un polo museale proprio perchè abbiamo i reperti; però è più importante differenziare e restituire. I materiali sono davvero tanti, abbiamo bisogno di esporli.
Gli episodi di comunicazione sull’Appia si svolgeranno sempre tutti a Roma?
L’ufficio UNESCO ha chiesto di presentare le novità, ma ciò non toglie di poterli riproporre nel beneventano: c’è la disponibilità della Soprintendenza di ripeterli
ROSANNA BISCARDI