Terremoto nei Campi Flegrei: i soliti lamenti e piani di cementificazione Ambiente
Ritorna l’attenzione sull’emergenza bradisismo dell’area puteolana alle porte della città di Napoli: emergenza accesa negli anni passati e con particolare clamore l’anno scorso. Anche quest’anno grande paura tra i cittadini e quindi rinnovate preoccupazioni delle Istituzioni locali e regionali. Analisi, proposte, ipotesi di investimenti finanziari. Oggi come un anno fa, la gente di quella vasta zona dell’area metropolitana di Napoli ha paura, cerca aiuti e si attende finanziamenti statali per riparare case, che spesso sono state costruite illegalmente, e pertanto non possono essere destinatarie di interventi dello Stato.
I giornali ripetono gli stessi titoli dell’anno scorso, difatti insistono sul concetto che il problema “non è il sisma ma l’incuria delle Istituzioni”. D’altronde i Comuni, come la Regione, si preoccupano innanzitutto, se non soltanto, di ottenere finanziamenti statali per eseguire ulteriori cementificazioni e quindi riparare edifici, oltre a costruire strade per eventuali fughe di emergenze dopo le scosse sismiche. Tuttavia vi è addensamento di popolazione, che se non è causa dei dissesti sismici può comunque costituire un impedimento ai necessari soccorsi ed alla gestione delle vie di fuga. Come al solito ci si ferma agli aspetti edilizi-abitativi senza preoccuparsi dei problemi urbanistici-territoriali, ossia del riequilibrio e dell’assetto geoambientale e geoeconomico di una grande regione, come la Campania, che presenta inspiegabili squilibri. Difatti la dorsale appenninica, che è costituita dal 75% del territorio regionale, ospita soltanto il venti per cento della popolazione campana mentre l’area metropolitana di Napoli che, su un territorio pari all’otto per cento della superficie regionale, ospita circa il 60% dei cittadini campani. E tutto ciò con l’aggravante di essere il suolo italiano più esposto alle scosse sismiche, ragion per cui dovrebbe essere meno sovraccaricato di insediamenti abitativi, produttivi e di servizi...
La risposta non può trovarsi fuori da un piano di alleggerimento degli insediamenti in quel territorio, promuovendo ed agevolando lo spostamento di centinaia di migliaia di persone verso altri siti. Ma dove, come e con quali attrazioni. Non certo con una deportazione di esseri umani…
Qui si pone il problema dell’assetto territoriale della Campania; cioè riequilibrio di insediamenti, ma non solo quelli civili, non solo le abitazioni, ma innanzitutto le strutture e le infrastrutture economiche e di servizi. Cioè le aree industriali, i centri di servizi, come le Università e i Policlinici. Dire queste cose può sembrare esagerato e fuori dal mondo. Ma non è così, perché prima o poi una grande, bella e produttiva regione, come la Campania, sarà costretta a riprendere i piani che si facevano sessant’anni fa, all’epoca di Rossi-Doria e del CRPE (Comitato Regionale per la Programmazione Economica).
Anche il continuo ed incontenibile terremoto dell’area puteolana, come il pericolo di un’eruzione del Vesuvio, impongono di rivedere il sistema di insediamenti umani ed economici tra dorsale appenninica e fascia costiera. I due territori campani, quello interno e quello costiero, hanno bisogno l’uno dell’altro. Il sovraffollamento dell’uno e la desertificazione dell’altro possono avere la stessa soluzione. Ce lo ricordano anche queste frequenti scosse del bradisismo; forse non sempre se ne avvedono gli acculturati studiosi delle aree interne…
A questo punto, tra l’altro, può risultare interessante la proposta di istituire una facoltà di Medicina nell’Università del Sannio: una facoltà fatta non solo di aule e laboratori, ma soprattutto di un collegato Policlinico, visto che oggi la Campania dispone di Policlinici insediati ambedue nell’area metropolitana.
La nuova Campania, anche per meglio contenere e correggere i rischi sismici, oltre che per migliorare l’efficienza di tutto il suo territorio, ha bisogno di un diverso e più equilibrato insediamento di strutture e infrastrutture, come i Policlinici. Allora chiediamoci se vi può essere qualche personaggio politico con il coraggio di portare questi argomenti nel dibattito del Consiglio Regionale.
ROBERTO COSTANZO
Foto: nationalgeographic.it