Devozione popolare per la Madonna delle Grazie Chiesa Cattolica

La Madonna delle Grazie è particolarmente venerata a Benevento, in suo onore dall’1 al 3 luglio si svolge la festa più sentita dai devoti e che richiama tante presenze anche dalla provincia. Mentre l’1 e il 2 (questo è il giorno più solenne, dedicato proprio alla Madonna delle Grazie), sono riservati ai forestieri (altrimenti connotati come i cafunǝ), il 3 è il giorno dei beneventani, quando si “sparano i fuochi”, con i quali si concludono i festeggiamenti. Tanti fedeli, la notte dell’1 luglio restano a vegliare in preghiera nella Basilica di Viale San Lorenzo, dinanzi alla bellissima statua della Vergine col Bambino realizzata nel XVI secolo da Giovanni Meriliano da Nola, custodita dai Frati Minori. In onore della Madonna delle Grazie si levano canti devozionali sia composti da autore, sia tramandati dalla memoria orale del popolo.

Come si legge nella pagina web dei Frati Minori del Sannio e dell’Irpinia, l’inno Salve, o Maria, composto da Mons. Antonio De Rienzo con musica di Mons. Antonio De Maria, fu scritto in occasione del II Centenario dell’Incoronazione della Madonna delle Grazie (1923).

Ogni beneventano D.O.C. conosce quest’inno, ascoltato tante volte nel corso della festa religiosa più solenne e antica della città.

Salve, o Maria,
che tutto puoi,
madre di Grazie,
prega per noi.

Del Sannio nostro
tu protettrice,
esser ci devi
soccorritrice.

Dal Figlio tuo
deh! in ogni ora
grazie c’impetra,
bella Signora.

L’aurea corona
sul crin ti abbella,
ché agli avi fosti
propizia stella.

Come essi ardenti
pur noi, di amore
un serto sacro
ti offriam col cuore.

Da mane a sera
dolce ci sia
cantarti in coro:
“Ave Maria”.

Ma chi è invece l’autore di quest’altro canto alla Madonna, dalla melodia quasi infantile, ma proprio per questo affascinante, di cui ricostruisco con qualche incertezza qui il testo? C’è qualcuno dei lettori che può controllare se le parole sono esatte? Io credo che sia un canto popolare, nato sulle labbra di qualche fedele e tramandato oralmente. Mia madre, piamente devota alla Madonna delle Grazie, lo conosceva sin dalla sua infanzia negli anni 1920-1930, ormai un secolo fa. E certamente il canto era assai più antico, visto che inizia con un riferimento urbanistico alla città quando ancora era compresa nelle mura: Fuori Benevento, c’è una chiesetta … Questo il testo:

Fuori Benevento

c’è una chiesetta,

Maria benedetta

tutti vanno a visitar.

Maria delle Grazie,

quante grazie

a noi ci fa.

E tiene in braccio il Figlio,

di stelle incoronata,

Maria verginella

tutti vanno afesteggiar.

Maria delle Grazie,

quante grazie

a noi ci fa.

Per il suo legame con la città, la Madonna delle Grazie è entrata anche nei modi di dire: quando qualcuno ha corso un pericolo ed è scampato quasi miracolosamente, si dice: “Edda ji’ scavǝzǝ abbascǝ ‘a Madonnǝ”, che doveva essere una pratica devozionale di chi chiedeva o otteneva grazie speciali. La statua del Toro Apis, scoperta nel 1629 e collocata all’inizio di Viale San Lorenzo, essendo stata inizialmente presa per la rappresentazione di un bufalo, nella tradizione beneventana è diventata una bufala: ‘A vùfǝlǝ ‘e vascǝ ‘a Madonnǝ, a cui si paragona chi non è particolarmente avvenente. Interessante anche l’indicazione altimetrica: abbascǝ ‘a Maronn’a Razziǝ, in cui la chiesa è avvertita come collocata a una quota più bassa rispetto alla città.

(N.B. per rendere la vocale indistinta del dialetto beneventano userò la lettera ǝ (schwa) che ha un suono intermedio tra “a” ed “e”)

PAOLA CARUSO