PIETRELCINA - Le peripezie della statua di San Francesco Chiesa Cattolica
Per avere subito l’idea portante dell’oggetto, ovvero la statua di San Francesco d’Assisi tuttora esposta nella chiesa della Sacra Famiglia, adiacente ed annessa alla grande struttura del convento dei Frati Cappuccini di Pietrelcina, occorre partire un pochetto da lontano.
Il caposaldo parte virtualmente dal giorno 5 luglio 1947, quando - dal libro Beata te Pietrelcina - i primi frati cappuccini presero possesso “ufficialmente” del convento di Pietrelcina proprio in quella data. […].
Mancando la chiesa, fu adibita la sala al pian terreno, costruita in progetto per refettorio del collegio e risultò così una graziosa cappella […] con un altro altare laterale, anche di legno dedicato a san Francesco.
Tutto questo, fu reso possibile dall’insistente quanto persistente interessamento dei religiosi pietrelcinesi: Padre Bernardo da Pietrelcina e don Giuseppe Orlando, affettuosamente chiamato don Peppinu ‘u Marchese, perché adottato dai marchesi di Pago Veiano, con palazzo marchesale antistante la chiesa di San Donato e ad essa collegato con il tramite di un passaggio sopraelevato, dove divenne parroco, ivi morì nel 1958, sepolto nel locale camposanto in una cappella posta sul lato sinistro del vialetto principale.
I medesimi, dopo oltre ventuno anni dalla posa della prima pietra, anno 1926, fecero giungere, è proprio il caso di dire così, sul tavolo del superiore Padre Provinciale il tanto atteso Decreto di Apertura.
Ancor prima di procedere, è opportuno precisare che lo scultore della suddetta statua di legno è il noto artista Giuseppe Stuflesser, con laboratorio professionale in Ortisei-Val Gardena (Bz).
A tal proposito, è doveroso aggiungere - consultando La cronistoria del convento di Pietrelcina, redatta da don Giuseppe Orlando, in dattiloscritto ciclostilato spillato - che il simulacro ligneo del Poverello d’Assisi fu commissionato al Stuflesser dai generosi benefattori bolognesi donato al primo guardiano del convento Padre Luca da Vico del Gargano con l’approvazione del ministro provinciale Padre Paolino da Casacalenda.
Inoltre, da sottolineare che Padre Nunzio Palmieri fece parte della prima comunità dei frati, con Padre Luca superiore, ritornando poi in Pietrelcina, dopo mezzo secolo, negli anni iniziali del nuovo Millennio e, precedentemente, stette anche nel convento di San Giovanni Rotondo, dopo la permanenza in Pietrelcina dal 1947 al 1950, accudendo Padre Pio dal 1950 al 1953, interessandosi delle confessioni e della sacrestia.
Si arriva così al 20 maggio 1951, quando la chiesa del convento in stile romanico, progettata dall’ingegnere pietrelcinese Oscar Valente, ormai completata, venne dedicata alla Sacra Famiglia, ed inaugurata dall’arcivescovo di Benevento Agostino Mancinelli alla presenza del nuovo ministro provinciale Padre Antonino da Santa Elia a Pianisi e del nuovo guardiano Padre Alberto da San Giovanni Rotondo, nominato in sostituzione del giovane frate dinamico e molto amato dai Pietrelcinesi Padre Luca, inaspettatamente deceduto nel 1949.
In tale memorabile occasione, fu presente, proveniente da San Giovanni Rotondo, e non poteva essere diversamente che così, la benefattrice, terziaria francescana, figlia spirituale di Padre Pio, nonché ex protestante e ricca ereditiera americana, Mary Pyle, già segretaria, interprete, ed amica della pedagogista Montessori, che le fece conoscere Padre Pio agli inizi degli anni Venti.
Dal libro Cronistoria di don Orlando, si legge: “Maria l’americana costruì il convento e se non tutta, quasi tutta la chiesa”.
Nel contempo, erano state benedette, in una solenne cerimonia presieduta dal guardiano Padre Alberto da San Giovanni Rotondo, tutte le statue contenute nelle rispettive nicchie della chiesa, e questo avvenne nella domenica del 16 marzo 1951. Le medesime furono donate da generosi benefattori.
La statua di San Francesco venne donata dalla città di Bologna, già dal 1947, quando venne deposta nell’estemporaneo quanto provvisorio altare laterale di legno della cappella, aperta al pubblico per le cerimonie religiose, adibita nel refettorio del convento, futura mensa del Seminario Serafico.
Facendo ancora un passo avanti nel tempo si giunge così agli inizi degli anni Settanta del secolo Novecento, quando il coautore del redigendo volume Beata te Pietrelcina, Padre Lino Barbati da Prata Sannita, insieme a Padre Alessandro da Ripabottoni, stava prodigandosi nelle ricerche per la stesura del predetto testo e a quel tempo era guardiano pro tempore del convento di Pietrelcina.
Molti giovani dell’epoca facevano parte della Gi.Fra. (Gioventù Francescana) con Padre Spirituale Padre Rosalbino Miscia da Lacedonia.
I gifrini accompagnavano Padre Lino in giro per il paese, alla ricerca di fonti attendibili e veraci per testimonianze e documentazioni.
Padre Rosalbino fu accompagnato anche da zì Pietro Florio, figlio di Violante Masone, prima ministra del TOF (Terz’Ordine Francescano); dalla maestra Maria Pennisi; da Maria Florio, da donna Aida Cardone, figlia del dr. Andrea Cardone, medico di Padre Pio; da donna Zaira Colesanti, ministra del TOF; da zì Graziuccia Masone, figlia dell’esattore Antonio Masone, amico di Padre Pio.
Facendo ancora un altro passo in avanti nel tempo, si giunge al 1976, quando venne pubblicato e distribuito il libro Beata te Pietrelcina, con la presentazione del sindaco Lino Mastronardi.
Durante la lettura del testo, ad un certo punto si legge la frase contenente l’aggettivazione “restaurata”, abbinata alla statua di San Francesco presente nella nicchia della chiesa della Sacra Famiglia.
Ecco quanto contenuto a pagina 64: “La statua di san Francesco d’Assisi è stata restaurata a spese del convento da Giuseppe Stuflesser”.
I gifrini, tra cui Cosimo D’Ambrosio e Pio Vorrasi, ne parlarono con il diretto interessato Padre Lino, riferendogli che le statue esposte, benedette nel 1951 da Padre Alberto, erano nuove, dunque: per quale motivo la statua di San Francesco era stata restaurata?
E lui, con tono di voce sicuro e convincente, riferì che due erano le versioni sulla statua restaurata del padre San Francesco, e scelse, insieme a Padre Alessandro, quella più diplomatica, insomma la versione riportata nel testo, che comunque onorava meglio la memoria della statua stessa di San Francesco e di quanto era accaduto.
Difatti, nella lettura della Cronistoria di don Peppino Orlando si precisa: “Veniva acquistata ad Ortisei una statua di legno di san Francesco, che poi alcuni anni dopo padre Alberto da San Giovanni Rotondo, superiore del convento, rimandava indietro per far sostituire la testa troppo tozza con un’altra più estetica, più bella e più artistica”. L’attuale!
Orbene, la statua fu acquistata dalla città di Bologna e donata a Padre Luca, ed è stata presente nella cappella del refettorio dal 1947 al 1951. Pertanto, è da ritenere che - nei primi mesi del 1951 - la statua fu restaurata e da Padre Alberto fatta collocare nella chiesa della Sacra Famiglia, con la motivazione del restauro eseguito che la testa era troppo tozza.
L’altra versione, ovviamente, Padre Lino non la disse per meglio onorare la memoria del padre San Francesco d’Assisi e della stessa statua restaurata, insomma rifatta, riscolpita ex novo.
Ma l’altra versione, quella che riferirono zia Maria e zia Delia, terziarie francescane e benefattrici del convento, e della quale Padre Lino e Padre Alessandro sapevano, è che anche e comunque la loro amica terziaria francescana zì Graziuccia ‘e zì ‘Ndoniu ‘e l’esattore sapeva benissimo e che se l’è portata nel segreto della tomba, essendo, costei, molto bene a conoscenza di quanto accaduto perché cognata e convivente con la famiglia del fine maestro falegname Laurino Crocella, autore, nel suo laboratorio di via Prof. Masone, dei banchetti, del rivestimento e della pavimentazione in legno pregiato del coro della chiesa della Sacra Famiglia, come dei primi banchi della chiesa medesima, però, non degli attuali, bensì di quelli del lontano tempo che fu!
“Padre Alberto […] rimandava indietro per far sostituire la testa troppo tozza con un’altra più estetica, più bella e più artistica”.
Si pensi a quanto, allora nel 1951, doveva costare da Pietrelcina rimandare indietro ad Ortisei-Val Gardena, provincia di Bolzano, la statua di legno di San Francesco ad altezza d’uomo standard, per farla restaurare e per poi farla ritrasferire in Pietrelcina. E cosa venne fatto? Insomma cosa venne escogitato?
Su consiglio dello tesso scultore interpellato, il rinomatissimo artista delle statue in legno, Giuseppe Stuflesser, venne trasferita in Ortisei solo la testa troppo tozza e rifatta un’altra più estetica, più bella e più artistica, l’attuale! L’operazione, di cotanta alta microchirurgia lignea, venne affidata in Pietrelcina all’artista falegname Laurino Crovella e in Ortisei al rinomatissimo artista scultore Giuseppe Stuflesser, il quale venne in Pietrelcina, a sistemar le cose, definitivamente e perentoriamente, qualche giorno antecedente al 16 marzo 1951, giorno della benedizione di tutte le statue.
Ultimissima quanto recentissima nota di cronaca corrente, quella del vespro appena trascorso: il 4 ottobre 2022, alle ore 17.30, in attesa dell’inizio della rituale processione, la statua di San Francesco, innalzata sul podio, viene posizionata sull’alto sagrato della chiesa della Sacra Famiglia, al cospetto dei sottostanti fedeli ed inaspettatamente cade, staccandosi dal podio di legno, non si frantuma, viene rialzata miracolosamente.
In conclusione, il San Francesco dello Stuflesser, decapitato, artisticamente discorrendo, e poi ricomposto - dopo settant’anni - repentinamente cade, non si frantuma, e si rialza confermando nei secoli la sua umiltà, la sua semplicità e la perfetta letizia, personalizzata e palesemente iconografica!
ANTONIO FLORIO