Cose dell'altro mondo... Nessun social network per gli adolescenti Cronaca
Oggi vi parlerò di cose dell’altro mondo. O, per essere più precisi, all’altro capo del mondo: in Australia infatti il Parlamento ha votato un divieto assoluto dell’uso dei social network per i minori di 16 anni. La misura entrerà in vigore a partire da novembre 2025, quindi è possibile che i deputati australiani si tirino indietro, rimodulando il divieto (per esempio, in molti vorrebbero fosse abbassato a 14 anni).
Ma se la legge rimarrà così com’è stata approvata, gli adolescenti australiani con meno di 16 anni dovranno rinunciare a Facebook, Instagram, X e TikTok (Youtube è stato risparmiato da questa norma, in virtù della sua utilità didattica). E saranno i social stessi a dover verificare l’età dei loro utenti, a pena di severe multe che potranno raggiungere i 32 milioni di euro.
Il governo australiano ha stabilito un precedente destinato ad essere imitato anche negli altri paesi, o si tratta di un vano tentativo d’arginare una valanga ormai inarrestabile? Il dibattito è acceso e persino tra i più severi detrattori dei social il divieto è sembrato eccessivamente restrittivo.
Oggi i più giovani sono accusati di dedicare una fetta troppo ampia del loro tempo all’uso dei social, così come i loro genitori anni fa erano accusati di perdere tempo con i videogiochi, i loro nonni di rimbecillirsi per ore davanti alla tv. E, se vogliamo risalire ancora più indietro, non sono in molti quelli che ricorderanno “La seduzione dell’innocente”, saggio con il quale lo psichiatra americano Fredric Wertham nel 1954 teorizzò che la lettura di fumetti avrebbe danneggiato in maniera irreversibile le menti dei giovanissimi.
Siamo al solito discorso: ogni generazione vede come il fumo negli occhi ciò che per la generazione successiva è un irrinunciabile passatempo. Non è poi così diverso da quanto accade con la musica: tutti i genitori disprezzano la musica che piace ai figli (ai miei tempi ascoltavamo U2 e Bruce Springsteen, come fate oggi a farvi rincretinire da rap e trap?). Viene lecito domandarsi cosa proveranno a vietare, quando saranno genitori, i ragazzi che oggi si lasciano irretire dai social.
Davvero il legislatore australiano spera che, a seguito del bando dei social, i minori di 16 anni dimenticheranno l’esistenza di TikTok per dedicarsi allo sport, alle uscite con i coetanei, o magari addirittura alla lettura di un buon libro? Non è più probabile che vietare i social li renderà invece un piacere proibito e che i giovanissimi riusciranno ad escogitare i sistemi più originali per iscriversi lo stesso aggirando il bando legato all’età?
In generale, proibire è una via comoda e spesso inutile, se non controproducente, per evitare il dibattito. Proibire l’alcol, le sigarette, la droga, il gioco d’azzardo, non è sufficiente: occorre spiegare ai propri figli perché certi prodotti sono pericolosi o dannosi per la salute. E, nel caso dei social, diventa ancora più difficile: per quale ragione i figli dovrebbero tenersi lontani dai social, quando vedono i genitori che invece vi trascorrono gran parte della giornata? Non solo è inutile, è persino ipocrita. È evidente che i figli di fumatori avranno più probabilità di cominciare a fumare, così come chi ha dei genitori alcolizzati corre un rischio maggiore di prendere l’abitudine al bere in età precoce.
Sarebbe più sensato, ma senz’altro più difficile, istruire i figli ad un uso più responsabile e consapevole dei social. Ma questo presuppone che siano i genitori in primis ad usarli responsabilmente.
Oppure, se riconosciamo che il proibizionismo è destinato a fallire, possiamo provare con la psicologia inversa: diamo in mano ai nostri figli lo smartphone e diamo loro il permesso d’utilizzarlo per tutto il giorno, scorrazzando liberamente per ogni social. È probabile che questo li spingerà a fare l’esatto opposto e li terrà lontani dai social. O forse mi sbaglio?
CARLO DELASSO
Foto: aibi.it