Fermo il processo telematico si torna al cartaceo Cronaca

Uno dei più annosi problemi che affliggono il nostro paese è senza dubbio quello della lentezza delle cause. Non tanto delle cause penali, che pur non brillano per rapidità (e non parlo dei cold case che ogni tanto, a distanza anche di decenni, vengono per l’ennesima volta tirati in ballo con nuove prove, nuovi presunti colpevoli e naturalmente nuove sentenze che ribaltano le precedenti), ma in particolar modo delle cause civili. Chiunque abbia avuto a che fare anche una sola volta in vita sua con una causa per danni, una lite condominiale o, peggio ancora, una procedura fallimentare o un’eredità contesa, sa che si tratta di procedimenti che possono durare non anni, ma decenni.

È dunque con gioia e soddisfazione che i professionisti del settore giudiziario hanno accolto l’introduzione del processo telematico, un nuovo modo per affrontare le cause, che avrebbe finalmente compiuto il miracolo di snellire le procedure burocratiche e velocizzare i processi. Certo, nessuno si aspettava che da un giorno all’altro le sentenze sarebbero arrivate con la rapidità di un’auto di Formula 1, ma che almeno il nostro paese riuscisse a lasciarsi alle spalle tempistiche degne più dell’impero bizantino che di una moderna democrazia.

Se guardiamo oltre confine, possiamo constatare che sistemi di processo telematico sono in vigore ormai da anni praticamente in tutt’Europa e non solo. Ma nel nostro paese siamo ostinatamente legati a pratiche antiche e spesso e volentieri le innovazioni fanno davvero fatica a prendere piede. Basti pensare che, mentre all’estero il voto elettronico è ampiamente in uso, noi votiamo ancora con la matita copiativa come ai tempi di De Gasperi e Togliatti.

A dire il vero, il processo telematico in Italia è stato previsto per la prima volta in una legge risalente al 1997, anche se dobbiamo aspettare il 2001 per un primo regolamento attuativo concernente un’iniziale sperimentazione; che poi in realtà è partita solo nel 2006. Dal 2014, terminata la fase di sperimentazione, il processo telematico civile è stato esteso a tutto il territorio della penisola. Infine, un decreto del dicembre 2024 ha ampliato il campo d’applicazione includendo anche i processi penali.

A questo punto, sarebbe lecito aspettarsi che tutto funzioni a meraviglia, come in un meccanismo ben oliato. Invece, in una relazione presentata ad inizio anno al Ministero della Giustizia, le Procure delle più importanti città d’Italia hanno comunicato che i magistrati si sono visti costretti ad abbandonare il sistema del processo telematico per tornare ai faldoni cartacei. L’app che consente il funzionamento del processo telematico non funziona. Dunque, il balzo in avanti per il momento si è trasformato in un salto all’indietro.

Naturalmente, ci auguriamo che si tratti solo di una falsa partenza. In un paese come il nostro, caratterizzato da un altissimo tasso di litigiosità, qualunque novità che possa contribuire a smaltire la sterminata mole di procedimenti in corso è da accogliere a braccia aperte. Il processo telematico potrebbe finalmente porre fine alla consuetudine dei magistrati di fissare le udienze ben oltre i termini indicati dal codice di procedura civile, consentendo alle parti in causa di poter vedere una sentenza in tempi ragionevoli.

Perché lo stato attuale delle cose è tale che, mentre in alcuni paesi si discute dell’opportunità di cancellare la pena del carcere a vita, l’Italia è l’unico paese nel quale esiste la possibilità del processo a vita.

CARLO DELASSO