Hanon Benevento verso la chiusura: l'ultima parola spetta al Ministero Cronaca

Sembra che niente più possa bastare ad evitare l’inevitabile chiusura dello stabilimento Hanon a Benevento. Non sono bastati gli appelli dei sindacati, le proteste dei lavoratori, la volontà di costituire un tavolo di confronto con le entità istituzionali. L’unica possibilità, seppur fioca, rimane un possibile intervento da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, invocato nel recente tavolo di confronto, svoltosi giovedì 20 febbraio nell’aula consiliare della Regione Campania, alla presenza delle organizzazioni sindacali Fim-Cisl e Fiom-Cgil, del consigliere Mino Mortaruolo in rappresentanza della Regione Campania, il responsabile dell’Hanon per l’Europa Steve Foster, il consulente Boffi, Confindustria e l’Amministrazione comunale di Benevento. Ma nonostante la volontà di tutti di trovare una soluzione che aiuti i 60 dipendenti della sede Hanon di Benevento, l’azienda, tramite Steve Foster, ha ribadito la ferma decisione di chiudere lo stabilimento a causa dell’aumento di materie prime e del calo della domanda da parte dei clienti.

L’unica speranza più concreta è un possibile slittamento della chiusura dal 25 maggio al mese di dicembre che si tradurrebbe in 7 mesi in più di cassa integrazione per le 60 famiglie interessate. Ma ad oggi sembra inevitabile la chiusura e seppur con l’aggiunta di tutte le proroghe possibili e i vari ammortizzatori sociali, lo scenario che si presenta non è che il prolungamento di una lunga agonia.

A nulla sono valse le richieste dei sindacati Fim-Cisl e Fiom-Cgil, né tantomeno i presidi permanenti a far cambiare idea ai vertici di Hanon che hanno più volte ribadito l’inevitabile chiusura del polo produttivo, in virtù di una riconversione produttiva orientata più verso i motori elettrici che quelli termici, nonostante che si tratti di un’azienda che dal punto di vista del bilancio è sana, come hanno evidenziato i sindacati. In questo momento solo un intervento ministeriale può influire sulle sorti dell’azienda che per adesso lascerà in strada 60 lavoratori, numeri che, per quanto riguarda la provincia di Benevento, risultano essere drammatici in assenza di un tessuto economico-sociale molto forte che renderà problematico il ricollocamento dei dipendenti.

L’attivazione del tavolo ministeriale, l’unica speranza ad oggi possibile, non è tuttavia scontata, nonostante la volontà della Regione, dell’amministrazione e dei sindacati. L’intervento del Ministero si rifà infatti ad una direttiva emessa il 14 Ottobre 2021 dove si dice espressamente nell’art.1 che la ‘Struttura di crisi d’impresa’ si rivolge a “imprese aventi un numero di dipendenti assunti in Italia, comprensivo dei lavoratori a termine, degli apprendisti e dei lavoratori con contratto di lavoro subordinato a tempo parziale, di norma, non inferiore a 250.  

Chiaramente questo requisito primario non può essere soddisfatto dalla sede Hanon Benevento che conta 57 dipendenti. Tuttavia, questo ostacolo può essere aggirato considerando lo stabilimento di Torino, appartenente alla stessa proprietà. Quello che possiamo capire da questa lunga agonia che dura da mesi, a partire dalla rivisitazione del piano industriale 2023, l’unica cosa che sembra essere certa è la chiusura, escludendo qualche colpo di scena o miracolo.

Ma aldilà del destino del polo produttivo di Benevento, quello che desta più preoccupazione è il dato incontrovertibile che alla vigilia della chiusura, oltre agli aiuti degli ammortizzatori sociali, i quali per loro definizione, non potranno mai essere soluzioni ai problemi, la proprietà coreana non si pone alcuna domanda sul destino di queste 60 famiglie, né parla di una possibile ricollocazione di almeno una parte degli operai. È mai possibile che dalla lontana Daejeon, sede dell’azienda Hanon, in Corea del Sud, debbano considerare come insignificanti numeri dei lavoratori, escludendo ogni scelta che non sia la drastica chiusura? Mentre alcune aziende italiane, come il gruppo Fedrigoni che al seguito della chiusura della storica cartiera di Giano, simbolo dell’industria marchigiana, ha avviato le procedure necessarie per il ricollocamento di circa 60 lavoratori su 170, ponendosi almeno il problema occupazionale, cosa che però, non sembra fare la proprietà coreana, nonostante un bilancio positivo per il polo produttivo di Benevento. 

Che sia un effetto della globalizzazione, che penalizza sempre più le realtà locali a favore di quelle globali? Forse sì, ma per fortuna l’ultima parola non è ancora stata detta: ora tocca al Ministero e alla sua capacità di proporre soluzioni.

ANDREA ALBANESE