I nostri fiumi dalla ricchezza al degrado infinito Cronaca

I cambiamenti climatici sono diventati la preoccupazione principale della nostra società e il Sannio, territorio assai fragile e delicato, non è risparmiato da eventi atmosferici sempre più forti.

Tra piogge abbondanti e raffiche di vento, come mai registrate prima, sono sempre di più le ordinanze sindacali che mettono in guardia la popolazione di Benevento dai rischi legati al brutto tempo con conseguenti provvedimenti di salvaguardia ad ogni allerta diramata dalla centrale regionale della protezione civile.

Sappiamo bene che la nostra città non è nuova a disastri idrogeologici e la ferita aperta dall’alluvione del 2015 ancora non sembra essersi rimarginata del tutto; case e opifici colpiti sono stati ricostruiti, ma ad ogni precipitazione leggermente più intensa del solito un campanello di allarme suona in ognuno di noi.

Dalla piena del fiume che copri di fango interi isolati e distrusse il neonato “Parco Cellarulo” non sembra essere stato fatto molto per scongiurare simili episodi e mentre si inaugurano ponti stradali e passerelle pedonali, ai corsi d’acqua sottostanti non sono riservati le medesime attenzioni e mese dopo mese, anno dopo anno, lo stato di abbandono aumenta fino a raggiungere livelli critici; gli stessi che contribuirono a quegli spiacevoli eventi sopra ricordati.

Nella distrazione generale gli argini dei due fiumi che hanno reso famosa Benevento hanno oggi un aspetto cupo e disordinato e li dove Dante ricordava la sepoltura di Manfredi di Svevia, li ora una vegetazione senza controllo rende impraticabile le sponde del Calore, nel tempo più volte oggetto di lavori di riqualificazione che purtroppo sono serviti a ben poco.

Seguendo il percorso delle acque che dal ponte Vanvitelli scorrono verso la periferia, la situazione peggiora di metro in metro con elettrodomestici e materiale ingombrante posizionati come lapidi a ricordare, se mai ce ne fosse bisogno, l’inciviltà di alcuni concittadini che invece di usufruire del buon servizio di ritiro a domicilio, preferiscono disfarsi dei loro oggetti usati nel modo più sbagliato possibile.

Quel che non arriva direttamente dall’uomo arriva portato dal vento e cosi carte e buste di plastica lasciate sul manto stradale o gettate dalle auto in corsa, addobbano i poveri alberi che costeggiano il fiume: incolpevoli protagonisti di uno scenario assai triste.

Con un simile paesaggio non sorprende che anche l’acqua che scorre sia di un colore tutt’altro che limpido se non addirittura inquinata e fonte di miasmi per chi passeggia o vive nelle vicinanza dei fiumi cittadini. Anni di proclami politici, puntualmente smentiti, e lungaggini amministrative hanno ritardato oltremodo la costruzione di un depuratore che riducesse l’inquinamento e l’impatto antropico compromettendo irrimediabilmente l’ecosistema sannita.

Lo sversamento di liquami non adeguatamente trattati ha rapidamente avvelenato una vasta porzione di territorio difficilmente bonificabile nel breve periodo, rendendolo inadatto a qualsiasi scopo e consegnando ettari di natura deturpata al degrado e allo scempio più totale.

La cronaca si occupa sempre più spesso di scarichi fognari abusivi sequestrati dalle forze di polizia le quali, con i pochi mezzi a disposizione, si impegnano a monitorare e a prevenire per quanto possibile simili situazioni, ma puntualmente mattatoi, industrie e private abitazioni sono sorprese a scaricare illegalmente i propri rifiuti nelle acque del Sabato e del Calore e nonostante gli ammonimenti e le severe conseguenze, a pochi interessa la salvaguardia del delicato ecosistema fluviale.

Associazioni ambientaliste e comitati cittadini da anni si battono per una necessaria tutela e riqualificazione delle risorse idriche beneventane, un tempo oasi rigogliose, e dimora di una fauna assai rara e bisognosa di essere protetta.

Fortunatamente e nonostante la trascuratezza delle istituzioni, da qualche anno specie avicole a rischio di estinzione e fuggite da tempo sono ritornate a ripopolare la nostra valle, segno forse che non è mai troppo tardi per invertire la rotta e soprattutto che la natura, se impareremo a comprenderla e rispettarla, ci è amica e non avversaria e, come madre paziente, ci concede sempre una occasione per ricominciare.

ANTONINO IORIO