Iperconnessione Cronaca

Come ogni anno, giugno è il mese in cui arriva l’estate, inizia il caldo e si chiudono le scuole. Ad eccezione degli studenti dell’ultimo anno delle medie e delle superiori, impegnati con gli esami, tutti gli altri possono godere di tre mesi di vacanza. Ma che bilancio possiamo stilare di quest’anno scolastico appena concluso?

Gli ultimi nove mesi d’attività scolastica hanno visto purtroppo crescere le aggressioni contro gli insegnanti da parte degli alunni e dei genitori. Ma la novità più interessante del 2024-25 è stata il divieto dell’uso degli smartphone in classe nelle scuole elementari e medie. Tanto interessante che il Ministero dell’Istruzione ha deciso che dal prossimo anno scolastico tale divieto verrà esteso anche alle scuole superiori: gli studenti non potranno fare uso dei loro telefoni né per fini ricreativi (tra una lezione e l’altra, s’intende), ma nemmeno a scopi didattici.

Un’ulteriore deriva autoritaria del governo in carica? Magari il prossimo passo sarà vietare gli smartphone anche agli adulti negli ambienti di lavoro (magari…)? Vi sembrerà strano, ma la decisione del Ministero sembra invece essere in linea con provvedimenti similari, se non addirittura più severi, in corso di discussione in altri paesi occidentali.

Se l’Australia ha vietato l’uso dei social ai minori di 16 anni, se in Francia sono state adottate misure restrittive per impedire che i minori accedano ai siti pornografici, nel Regno Unito il Parlamento vorrebbe approvare una legge che introduca una sorta di coprifuoco digitale: dopo le ore 22 gli smartphone dei minori di 16 anni non potranno più connettersi ad internet. Una misura apparentemente illiberale, o forse un modo per salvaguardare il sonno degli adolescenti e, di conseguenza, il loro livello d’attenzione a scuola nelle ore diurne?

Certo, una volta certi compiti spettavano ai genitori. La generazione dei baby boomer, i nati tra il 1946 ed il 1964, ricorderà senz’altro che dopo Carosello giungeva l’ora in cui si andava a letto. Oggi imporre ai ragazzi di spegnere lo smartphone dopo cena, o comunque in un orario ancora ragionevole, è impresa ardua, quasi quanto organizzare il concorso di miss mondo a Kabul.

Ecco così che la legge si sostituisce d’imperio a quelle che dovrebbero essere le figure educative per antonomasia: genitori ed insegnanti. Niente smartphone in classe, niente smartphone la sera tardi. Rimane solo il dettaglio insignificante che, in caso di violazione di tali divieti, la punizione ricadrà poi sul capo (e sulle tasche) dei genitori dei ragazzi, che quindi si vedranno costretti a sfoderare la severità dei loro padri e dei loro nonni, per non incorrere in sanzioni pecuniarie.

In questo caso, ancora una volta, più della severità e dell’autorità genitoriale, l’arma migliore per convincere i propri figli a prendersi una pausa dall’iperconnessione sarebbe il buon esempio. Spegnere il proprio smartphone prima di domandare ai nostri figli di fare la stessa cosa. Stabilire degli orari in cui in casa i membri della famiglia comunicano tra di loro faccia a faccia e non attraverso WhatsApp.

Anche papa Francesco, in uno dei suoi ultimi discorsi, ha invitato i giovani a muoversi di più ed usare di meno gli smartphone, poiché i ragazzi che stanno troppo tempo fermi diventano come l’acqua stagnante.

Dunque a partire da settembre avremo modo di constatare se il divieto degli smartphone per gli studenti di tutte le scuole sarà un obiettivo realistico, o se invece avrà la meglio quella che ormai a tutti gli effetti è diventata una forma di dipendenza. Siamo diventati in un certo senso una sorta di Narciso del terzo millennio: ossessionati non dalla nostra immagine riflessa in uno specchio d’acqua, ma dalla nostra immagine social.

CARLO DELASSO