Le due facce di Telegram Cronaca

Ha suscitato scalpore in tutto il mondo l’arresto, avvenuto in Francia lo scorso 24 agosto, di Pavel Durov, miliardario russo fondatore del sistema di messaggistica Telegram. Sul suo capo pende l’accusa di non aver previsto alcuna forma di moderazione nel suo servizio di chat, consentendo così che Telegram divenisse un porto franco ove svolgere ogni sorta d’attività illecita.

Dal punto di vista legale, l’accusa nei confronti dell’imprenditore rappresenta un esempio di responsabilità oggettiva, o quasi. Il quarantenne Durov infatti non è accusato d’aver commesso alcun reato personalmente, ma è sotto accusa per una serie cospicua di reati commessi da altri su un social di sua creazione.

Telegram, come ho già avuto modo di notare in passato, è infatti il network preferito per compravendite illecite di droga, armi, documenti falsi, pedopornografia, farmaci dopanti ed altri traffici illegali. Il sistema di crittografia lo rende a prova d’intercettazione ed il fatto che i messaggi non siano ospitati dai server (come nel caso dell’omologo Whatsapp), ma solo nella memoria degli apparecchi degli utenti protegge l’anonimato di chi vende e compra articoli proibiti.

Dopo l’arresto di Durov, parecchi media internazionali hanno pubblicato inchieste in cui mostrano come sia facile, tramite Telegram, accedere ad autentici supermarket online di tutto ciò che è illegale. Vuoi comprare un fucile d’assalto, procurarti un passaporto falso o scaricare una serie di Netflix? Su Telegram trovi i link e puoi pagare comodamente in criptovalute non tracciabili.

Stando così le cose, sarebbe facile concludere che Durov, sebbene non si sia macchiato personalmente di alcun crimine, abbia dato vita ad un vero e proprio paradiso dell’illegalità e che perciò sarebbe doveroso se non chiudere, quantomeno censurare Telegram in tutto il mondo. Ma bisogna tener presente che esiste anche un rovescio della medaglia, in questo caso positivo, della vicenda: gli stessi fattori che rendono Telegram un rifugio sicuro per chi vuole infrangere la legge, hanno reso questo network il più usato da tutti quei gruppi di protesta che si oppongono ai regimi autoritari. Tanto per fare un esempio lampante, due paesi nei quali Telegram è bandito sono la Cina e l’Iran, poiché fa da altoparlante ai gruppi d’opposizione.

I giovani di Hong Kong, i ragazzi e le ragazze di Teheran usano Telegram per esprimere il loro dissenso nei confronti del governo senza rischiare arresto, torture e condanne a morte. Anche i russi protestano contro Putin tramite Telegram. E gli ucraini lo usano per diffondere i video dei bombardamenti e le notizie dal fronte di guerra.

Dunque le autorità francesi, arrestando Durov, si sono messe sullo stesso piano dei governi autocratici di Mosca e Pechino? Forse la verità è più complicata di così e, come spesso capita, la ragione sta nel mezzo. Telegram, come una pistola, non è né buono né malvagio, è l’uso che se ne fa che lo rende tale. Il problema è che se rimane un territorio incontrollato sarà inevitabile che finisca per essere usato a scopi criminali. Ma se vi si applicano censure, se si concede alle autorità dei singoli stati di porre sotto controllo le sue chat, oltre alle attività illegali verrà messo un freno anche a chi ne fa uso per manifestare liberamente il proprio pensiero in paesi dove ciò non è consentito.

Dunque non esiste una soluzione facile al problema. Se Durov fosse prosciolto dalle accuse che pendono su di lui, sarebbe una vittoria di chi chiede un internet libero, ma anche di chi pretende di sfruttare la rete per violare la legge. Se invece la Francia decidesse di condannarlo, oltre a bloccare i criminali rischierebbe di mettere un bavaglio a tutti coloro i quali cercano di rovesciare regimi autoritari, persone che reclamano semplicemente gli stessi diritti che nei paesi democratici come l’Italia sono da tempo garantiti a tutti.

Carlo Delasso