Lo squallore infinito della Stazione Centrale e del Terminal Bus di Benevento Cronaca
Nonostante il treno diretto per Napoli sia ormai fermo da anni per problemi tecnici e, soprattutto, per un disinteressamento inescusabile della politica beneventana tutta, il trasporto di persone che raggiungono o partono dalla nostra città non è mai stato così florido.
A far registrare grandi numeri e sicuramente la società ferroviaria Nuovo Trasporti Viaggiatori, meglio conosciuta come Italo, che da quando ha iniziato la sua attività nel 2012, rompendo il monopolio di fatto di Trenitalia, ha aumentato ha dismisura le tratte di collegamento in tutta Italia.
Non senza ritardo, ma con grande enfasi e strombazzamenti di sindaco e autorità locali varie, da poco più di un anno Italo, passando per Benevento per scelte commerciali proprie e legittime e non di certo per influenze esterne, ha almeno in parte colmato quel gap di collegamenti che da tempo immemore affligge la nostra provincia.
Come ricordato qualche giorno fa dallo stesso direttore commerciale della compagnia Fabrizio Bona, la tappa sannita rappresenta un’importante fonte di introiti grazie agli oltre 150 mila viaggiatori che finora hanno utilizzato il servizio, con previsioni di crescita notevole nel breve periodo.
Un uso strumentale di questi dati vorrebbe Benevento come la nuova perla del turismo italiano o comunque regionale e non si contano i comunicati stampa di questo o di quell’altro esponente, subito pronto ad osannare la giunta per tale incredibile risultato.
La realtà purtroppo è ben diversa ed anzi denuncia ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, le precarie speranze lavorative e di studio offerte dalla nostra provincia.
Leggendo le cifre e le tratte interessate da questo exploit si comprende che i punti di arrivo e di partenza coincidono proprio con le mete di emigrazione di tanti sanniti, costretti loro malgrado a cercare altrove la propria fortuna, ma ben felici di ritornare a casa appena possibile per riabbracciare amici e familiari.
Con un’esodo degno dell’ultimo dopoguerra, migliaia di giovani e meno giovani si sono trasferiti in altre città per trovare occupazione e formazione e dai roboanti numeri sciorinati dai vari personaggi, ben si comprende che la maggior parte dell’utenza è rappresentata proprio da questo esercito di volenterosi che pur vivendo lontano, hanno mantenuto un legame continuo con il Sannio.
Triste lo spettacolo che va in scena quasi tutti i lunedì mattina alla stazione di Benevento, dove decine di persone salutano, non senza rammarico e tristezza, i familiari che li hanno accompagnati con valige e borsoni alla partenza: genitori che aiutano i figli a caricare i borsoni, fidanzati che si salutano controvoglia e le solite raccomandazioni di padri e madri sullo stare attenti ai pericoli, alle compagnie e al non distrarsi troppo dalle attività quotidiane.
Passato il weekend e la sera del di di festa, passata l’euforia dell’arrivo e degli abbracci del venerdì, ecco che la carovana si ricompone silenziosa e puntuale per far ritorno alle dimore forzate. Un popolo senza più voce quella dei pendolari in esilio, troppo speso ingannato per scopi elettorali e puntualmente scaricato alla conquista del primo seggio, sia esso di un qualunque livello della gerarchia istituzionale di questo Paese.
Non si contano i proclami di questa o di quell’altra corrente politica, le promesse maliziose e non disinteressate di questo o di quell’altro candidato che, pronto ancora una volta a farsi eleggere, non lesina frasi di incoraggiamento e di sostegno all’intera pletora di esiliati.
Una svendita di sogni tanto vecchia quanto attuale e la vendita truffaldina di una Benevento prospera e rinascente con turismo, commercio e lavoro in espansione come non mai.
C’è chi urla che l’alta velocità abbia portato benessere e rilancio al turismo e al commercio ma, se mai ce ne fosse bisogno, la dimostrazione che chi arriva e che chi parte è solo un un pendolare, lo testimonia la totale assenza di servizi al viaggiatore in tali luoghi.
Nella desolata stazione di Benevento, nessun negozio e nessuna attività commerciale è stata aperta come avviene nei veri luoghi di turismo e dove un il continuo via vai certamente crea un indotto non indifferente fatto, ad esempio, di negozi di souvenir, di tavole calde e in generale di servizi per le esigenze di chi transita.
La nostra stazione è invece più simile ad un molo per l’America, fatto di panini preparati da casa, traslochi in trolley strapieni e fazzoletti di saluto e nulla di ciò che è vacanza o spensieratezza è lontanamente percepibile e palpabile.
Identica la situazione e lo stato d’animo al terminal bus cittadino, con l’aggravio di trovarsi in un luogo fatiscente e mal tenuto e dove, se pure qualche visitatore si trovasse a scendere, si troverebbe completamente abbandonato a se stesso e senza una indicazione sul dove andare o un mezzo pubblico da prendere agevolmente.
Anche il trasporto su gomma non conosce crisi e colossi come la tedesca Flixbus o la nostrana Itabus, solo per citarne alcuni, registrano anno dopo anno un volume d’affari in continua crescita con molteplici corse proprio sulle tratte più battute da chi ha ormai la residenza fuori di qui: nemmeno i pullman sono tutti uguali e se la mattina il piazzale straborda di studenti, almeno nel periodo scolastico, è la sera che la confusione dei ragazzi lascia il posto al silenzio di chi è costretto, suo malgrado, a questo addio di manzoniana memoria.
ANTONINO IORIO
“Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d’essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso…”