Quando il gioco d'azzardo diventa una malattia Cronaca

La provincia di Benevento è al settimo posto, a livello nazionale, per gioco d’azzardo e scommesse. Sono più di 1.400 le slot machine disseminate sull’intero territorio.

Si stima che la spesa pro-capite supera i mille euro l’anno, con un giovane sannita su due che gioca abitualmente. Per provare ad arrestare il fenomeno ed innestare una cultura di contrasto all’azzardo, bisogna dunque partire innanzitutto dalle nuove generazioni, le più esposte al rischio dipendenza: “È fondamentale affrontare queste problematiche all’interno delle scuole, luoghi formativi ed educativi dove docenti e adolescenti condividono spazi e tempi significativi, dove il 'gruppo classe' diventa uno strumento relazionale per sviluppare progetti di prevenzione primaria rivolti ad una presa di coscienza sulle diverse forme di dipendenza”, recita la campagna #noslot#noazzardo della Caritas diocesana di Benevento.

Uno dei punti qualificanti del suo “Manifesto per una rete dei piccoli Comuni del Welcome”, è appunto la lotta alla ludopatia. Ai sindaci del territorio, unici veri antagonisti del gioco d’azzardo patologico, è richiesto un forte impegno in quanto responsabili della salute dei cittadini residenti. Identica iniziativa è stata intrapresa da tempo anche dalla Diocesi di Cerreto Telese Sant’Agata dei Goti, con l’Osservatorio per il contrasto al gioco d’azzardo voluto dal vescovo Mimmo Battaglia, prima della sua nomina alla guida dell’Arcidiocesi di Napoli. Ai primi cittadini la responsabilità, dunque, di votare ed attuare regolamenti comunali finalizzati a limitare la diffusione delle slot machine dei centri scommesse, a prevenire e ridurre il gioco d’azzardo in ogni sua forma, a limitare gli effetti devastanti sulla coesione sociale e sull’economia locale. Alla sensibilità dei commercianti è invece demandata la rinuncia agli introiti che lo Stato consentirebbe di avere, per non deprimere ulteriormente il luogo in cui si vive ed opera.

Un dato incoraggiante, da questo punto di vista, è il costante aumento di gestori di tabaccherie e di edicole che con coraggio e convinzione scelgono di dire NO a slot machine, gratta e vinci e a qualsiasi altra forma d’azzardo.

A fare da apripista è stata la signora Monica Di Rienzo, con la sua edicola in uno dei quartieri cittadini più popolosi: “Non ho avuto remore ad aderire alla campagna della

Caritas perché penso che sia la cosa giusta da fare. Certo, siamo consapevoli che le persone che non giocano in questi esercizi lo faranno probabilmente altrove, però sapere che non siamo noi la causa della loro rovina, ci fa stare in pace con noi stessi”.

Ma cosa scatta nella mente di chi, ogni giorno, è spinto a scommettere o a giocare d’azzardo? Sono innumerevoli le persone che si sono rovinate o hanno perso tutto: dai soldi alle relazioni sociali alla famiglia.

Ecco le motivazioni. Sono state individuate quattro tipologie di giocatori: il giocatore sociale, che riesce a governare gli impulsi distruttivi, ad usare il gioco per socializzare o come attività ricreativa; il giocatore problematico, che usa il gioco per sfuggire ai problemi; il giocatore patologico, che a causa di problemi psichici usa il gioco per distruggere inconsciamente se stesso e gli altri; il giocatore patologico impulsivo/ dipendente, in genere mosso da irrefrenabili impulsi nel giocare d’azzardo. Parliamo di una vera e propria patologia psicologia, difficile da abbandonare senza l’aiuto di persone esperte che con atti, parole e qualche farmaco, fanno riemergere il carattere della persona, le buone abitudini famigliari e sociali, l’autostima di sé. La ragione non più schiava del vizio. Una nuova realtà in cui ritrovare il benessere.

Ecco perché persone generose e disponibili, come suor Raffaela Letizia della Comunità Emmanuel di Faicchio o i volontari della Caritas di Benevento, vanno adeguatamente sostenute nel loro prezioso impegno quotidiano. Noi di Realtà Sannita, non faremo mai mancare il nostro sostegno.

GIUSEPPE CHIUSOLO

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LE ATTIVITÀ DELLE DIOCESI DI BENEVENTO E CERRETO

Sportelli d’ascolto, dislocati in più punti delle Diocesi per informare, orientare verso i luoghi di cura e sostenere i singoli giocatori e le loro famiglie. Campagne di sensibilizzazione e di pubblicità con volantini, locandine e profili social. Monitoraggio delle iniziative da pubblicizzare come “buone prassi”. Progetti e percorsi di formazione - “Fuori dai giochie “Giovani ResiliEnti: Giovani per il Sociale” - negli Istituti Superiori.