Scempi e scempiaggini... In arrivo nuovi disastri per Benevento Cronaca
L’abbattimento della scuola media “Federico Torre” si è appena perpetrato, lasciando un vuoto, che alcuni hanno trovato attraente. “C’è più luce, – hanno detto – c’è più spazio!” A togliere la luce però erano le costruzioni di quello che oggi si chiama Parco Marinelli (ma che per circa 50 anni ha avuto il nome di Parco Risorgimento) che fu stranamente costruito – non ce ne vogliano gli abitanti – troppo addossato alla scuola media, che, come si è appurato, grazie alla figlia del titolare dell’impresa costruttrice di Benevento, Antonella Cilento, fu edificata, su progetto di Vincenzo Miccolupi, nel 1958-1959 e non nel 1966, come erroneamente risulta dalla scheda presente nel sito Censimento delle architetture contemporanee, elaborato dal Ministero della Cultura.
Che ci fosse un errore di data, era reso evidente dal fatto che mio fratello Antonio, nato nel 1952, frequentò quella scuola dal 1963 al 1966, perché offriva già l’insegnamento della lingua inglese ed era propedeutica al Liceo Scientifico, prima della riforma della scuola media unica, che andò in vigore nel 1966. Da questo anno la “F. Torre” cominciò la sua vita istituzionale, anche se un’ala di essa fu occupata dalle classi dell’Istituto Professionale per il Commercio “Marco Polo” ancora almeno per una decina di anni. Chi ha seguito le battaglie del comitato “Salviamo le scuole Torre e Sala e il quartiere Mellusi dallo scempio”, promosso da chi scrive ha potuto rendersi conto che lo scempio è stato invece consumato e che è stato accompagnato anche da una serie di scempiaggini da parte dei tecnici responsabili di questo disastroso progetto. Ogni giorno ce n’è una nuova e così apprendiamo che si è costituito un nuovo comitato cittadino che si è definito “Basta opere inutili e dannose. Difendiamo la vivibilità”, promosso dall’ing. Giovanni Giusti e da altri, per cercare di evitare i danni che stanno per piovere sul capo di coloro che vivono nel quadrante compreso tra Via Martiri d’Ungheria e Via Nicola Sala, definito fino a poco tempo fa residenziale, ma che rischia di trasformarsi in demenziale per la quantità di genialate che sono in programma, tutte concentrate nei poco più di 200 metri di queste strade. Cos’altro hanno escogitato infatti i tecnici del Comune di Benevento, resi sempre più bramosi di accaparrarsi la pioggia di quattrini arrivata prima con i fondi PNRR e ora promessa dal Fondo Coesione? Nientedimeno che rispolverare un progetto vecchio di 40 anni e fortunatamente naufragato, grazie alle inchieste di Tangentopoli, che anche a Benevento ebbero un filone. Il progetto consisteva nel traforo della collinetta del Viale degli Atlantici, per realizzare gallerie su tre livelli, due veicolari e una pedonale, che dovevano sbucare a Viale Martiri d’Ungheria. Il traforo fu iniziato e poi fermato, come dicevamo, ma il bel Viale fu deturpato nel modo in cui lo vediamo ora, con un assurdo parcheggio centrale, la riduzione degli ampi marciapiedi, l’eliminazione degli alberi che lo adornavano, con un certo pericolo di transito per veicoli e pedoni. All’epoca, era sindaco Antonio Pietrantonio, Benevento viveva una stagione di relativa prosperità: era stata da poco avviata l’Università, si prospettava una crescita della popolazione, era stata costruita buona parte della tangenziale e queste gallerie dovevano completare la comunicazione tra Rione Libertà e zona alta. Dopo il fermo, sono stati realizzati altri percorsi che consentono le comunicazioni inter-quartiere, ma intanto la popolazione di Benevento è in forte calo; il numero dei veicoli circolanti da allora si è ridotto di 3000 unità. Non c’è, quindi, giustificazione per avviare una simile impresa che la storia ha già accantonato. Inoltre la schizofrenia di coloro che progettano tali assurdi anacronistici si vede anche dal fatto che il progetto per la scuola Torre prevede la chiusura di via Marmorale (a meno di modifiche nell’attesa variante di progetto), per cui il traffico in uscita da queste gallerie dove defluirebbe? Solo su Viale Mellusi e Via Sala, creando una congestione in punti già cruciali. Agli amanti della luce e dello spazio lasciato dal vuoto della scuola, quindi, resterebbe poca aria da respirare, a meno che non si voglia adottare, per fare posto ai luminosi progetti, il modello Ucraina o Gaza. Allora i nostri tecnici sarebbero sicuri di poter costruire tutto ciò che vogliono (previo lo sgombero delle macerie).
PAOLA CARUSO