Artisti odierni e artisti attuali: Paladino, Del Donno, Mastronunzio Cultura

Non tutti gli artisti odierni sono ‘attuali’. E non mi riferisco soltanto all’attività creativa. Molti di loro ricavano tornaconti di varia natura affidandosi non a galleristi ma a professionisti del management culturale alla conquista di ambienti innovativi capaci di espandersi. Niente equivoci però: la determinazione può garantire notorietà e futuro, ma lo scopo artistico viene sempre prima del profitto per chi ha talento. Anche se poi la graduatoria della notorietà sfida quella del talento.

Mimmo Paladino, artista di caratura internazionale gestito da manager di massimo livello, è l’unico beneventano di cui si può discutere con addetti ai lavori a Milano, dove ho fotografato i suoi Cavalli scalpitanti sulla montagna di sale proprio davanti al Duomo. Raro ormai incontrare lui e gli amici nel suo laboratorio a Paduli, Mimmo risiede tra Roma e Milano, opera in tutta Italia, si sposta da Parigi a New York. Unico altro beneventano largamente conosciuto è Antonio Del Donno, che invece ha viaggiato assai meno delle proprie opere sparse in Italia e oltre i confini nazionali. Da Benevento ha scelto di affidare il proprio messaggio culturale alla dimensione creativa, e non mi è sembrato mai nostalgico nel sentirmi raccontare di suoi lavori arrivati in musei lontani. Il diverso ritorno non solo economico dei due artisti e del loro entourage è facilmente immaginabile, piaccia o non piaccia questo discorso. L’era di internet sta dimostrando che la carriera di un artista riesce o svanisce non sulle pagine della critica specialistica ma nella realtà dei contesti istituzionali e di mercato con cui ogni attività culturale fa i conti, dal cinema all’architettura, dalla pittura al teatro, dal libro alla musica.

La cultura attuale produce nei settori più impensati, non ha come fine soltanto il turismo invasivo. Perché dunque non adottare nuove formule per trarne vantaggio? Continuare a lamentarsi delle difficoltà contingenti, o peggio criticare le istituzioni, serve solo a favorire l’immobilità. Al contrario, allungare lo sguardo oltre i confini territoriali consente di scoprire chi investe nella ricerca di sempre migliori condizioni operative. Quando la funzione pubblica si riduce a sostenere eventi sporadici, la cultura cambia strada, si rivolge a imprese private e fondazioni, a banche e associazioni, a cooperative e ai giovani decisi a sperimentare, con conseguenti cambiamenti di vita collettivi e individuali. Le straordinarie mostre d’arte, con relativi costosi restauri e pubblicazioni fondamentali, promosse nelle Gallerie d’Italia in Piazza della Scala a Milano raccontano in continuazione chi è in anticipo e chi in ritardo.

A Benevento si torna ora a parlare di Antonio Mastronunzio, artista beneventano che sembra sfuggire all’attenzione perché distante dal dibattito intellettuale. Per me dipende dal suo carattere. Me ne accorsi negli Anni ’90 quando gli proposi una mostra nel Museo del Sannio, alla cui Direzione esploravo le più intriganti idee della cultura emergente in area napoletana. Esitava ad accettare: “la vita e l’arte sono un eterno viaggio di sola andata, ho paura che in un luogo istituzionale possano fermarsi”. Lo convinsi: “Ogni mostra è una partenza non un arrivo, e quella che ti propongo servirà a precisare altre mete possibili del tuo viaggio culturale”.

L’iniziativa confermò che Mastronunzio viveva solo la meraviglia delle polivalenze figurative, implacabile nell’escludere ingenuità e romanticherie. Confrontandosi con le scoperte allora in corso nel Museo del Sannio, si accorse che davo spazio a sconvolgenti concettualismi e invenzioni tecnologiche, a geometrie e bodyart, individuando così artisti all’esordio, tra cui Mario Martone, da me chiamato giovanissimo col suo gruppo teatrale per una performance nel Chiostro di Santa Sofia tratta dal suo Rosso Texaco. Alcuni anni dopo trovai documentato quell’evento in una mostra sul cinema organizzata a Bruxelles per un Congresso di Direttori dei Musei Europei: Mario aveva personalmente fornito testimonianze e immagini sottolineando il ruolo d’avanguardia del museo beneventano.

Prima di selezionare pitture, sculture e oggetti di Mastronunzio, lo incontrai più volte nella sua ‘sregolata’ casa-studio immersa in un’oasi di verde tra le rive del Sabato presso il Ponte Leproso, e mi imbattei nelle sue nuove riflessioni intrecciate con modi irruenti addirittura contro se stesso: una volta non riuscii a distoglierlo dal bruciare un cumulo di suoi dipinti che non gradiva più. Gioie e paure svelavano crisi pronte a invadere il lavoro creativo, le sue emotività raccontavano un bisogno represso di sconfinamento, di rompere i limiti. In tal senso, ogni opera individuata per la mostra nel Museo del Sannio risultò un frammento di linguaggio da alchimista nel quale reclamavano autonomia i chiaroscuri, le pennellate corpose, i tagli angolari, gli stacchi fra le strutture, le terrecotte tormentate, insieme a raffinati dipinti ad olio e bizzarre figure in ceramica. Alla fine Antonio Mastronunzio donò al Museo del Sannio uno dei suoi primi monumentali ‘totem’ con cui lui, piccolo di statura, si divertiva a misurarsi con la dimensione fisica della pietra. Altri totem ornati di colorati tasselli da mosaico gli vennero subito richiesti dall’Amministrazione Provinciale per arredare i giardini della Rocca dei Rettori. Sono ancora lì, per fortuna, fascino soprattutto per i bambini. Qualche altro, collocato a vista sul prato esterno della sua casa-studio presso il fiume, emana invece sensazioni… stregonesche.

In vista della disponibilità degli spazi nel Palazzo della Prefettura per realizzare il mio progetto museografico di AR.CO.S, cioè una Sezione d’Arte Contemporanea del Museo del Sannio, esposi provvisoriamente nella Sala di Studio il Totem donato al museo da Antonio Mastronunzio accanto al grande dittico in pittura-metallo della Tagliola di Antonio Del Donno e a una Testa di cavallo in bronzo di Mimmo Paladino che acquisii per il progetto (nella foto). Quella lezione culturale dei tre artisti beneventani messi insieme - un unicum in Italia - è stata purtroppo scompaginata.

ELIO GALASSO