E se a Pago Veiano nascesse un Parco Letterario ''Paolo Cecere''? Cultura

Il 26 giugno 1938, con testamento pubblico redatto dal notaio Andrea Cardone, di Pietrelcina, la signora Pasqualina Cecere disponeva una donazione alla parrocchia di San Donato di Pago Veiano. Oggetto del lascito era la sua casa di Corso Margherita, composta di sei vani, tre soprani e tre sottani, più un piccolo orto. Era fatto obbligo al parroco pro tempore, di celebrare messe in suffragio dell’anima sua, dei suoi germani e dei suoi genitori. Nella foto allegata vi riporto il frontespizio di quella donazione (ACS).

Molti anni dopo don Ugo Della Camera, arciprete della parrocchia di San Donato e fragnetano come i componenti della famiglia Cecere, decise di destinare casa Cecere ad oratorio parrocchiale, con intitolazione al maestro Paolo Cecere, fratello Pasqualina ed Elisabetta e cronista della vita paesana tra Ottocento e Novecento. Correva l’anno 1987 ed il professor Nicola De Palma, scrittore di storia locale, parlava della cerimonia di intitolazione sul giornale “Farnetum”, che si produceva proprio a Fragneto Monforte.

L’oratorio doveva essere destinato ad attività religiose, culturali e ricreative per la comunità di Pago e così fu per un certo periodo, fino a che don Ugo fu destinato alla parrocchia di San Martino Valle Caudina.

Oggi, quella casa di Corso Margherita è in disuso. Pochi anni fa ho stampato un libro su “Pago Veiano negli scritti di Paolo Cecere” (Youcanprint), dopo avere per settimane setacciato quello che egli aveva scritto sulla gloriosa Gazzetta di Benevento. La prosa di Cecere è limpida e precisa, i fatti raccontati hanno la vivacità di una sequenza filmica e meriterebbero davvero di essere affissi su pannelli giganti all’ingresso del Comune e delle scuole, ma è come se il nostro maestro fosse stato trascurato dai posteri, trascinato via dal vortice dell’indifferenza che porta con sé pezzi di storia e memoria.

Eppure, per i suoi tempi, Cecere ebbe una cultura superiore a quella dei maestri di campagna dalla formazione approssimativa, di cui ci sono documentazioni in tutti gli archivi di Stato. La classe docente della sua epoca era scarsamente formata e poco retribuita (mentre oggi la classe docente viene ingozzata di nozioni inutili sul digitale, sull’inclusione, sulla pedagogia, sulla dad e di tutto di più ed è retribuita male lo stesso). Cecere denunciava le precarie condizioni dei maestri. Scriveva di feste paesane, di delitti, di piccoli affari di cronaca bianca con uno stile gradevolissimo, da cui emerge la dimestichezza con buone letture e con buone conversazioni. Il maestro fu coevo del senatore Nicola Polvere, del marchese de’ Girardi, dei Casalbore e di altre famiglie altolocate della sua epoca.

Nacque a Fragneto Monforte nel 1845 e morì a Pago Veiano nel 1916. Non fu solo maestro, ma si interessò anche di diritto, offrendo consulenza legale gratuita a chi gliela richiedesse.

Agli amministratori di Pago Veiano ed ai cittadini di buona volontà ho, nel tempo, fatto diverse proposte per un miglioramento della qualità della vita, che sono rimaste lettera morta. Non mi aspettavo niente di diverso, dal momento che nemo propheta in patria. Una volta ho proposto di fare una passeggiata archeologica, che mettesse la popolazione a più stretto contatto con il ricco passato che caratterizza la storia paesana. Recentemente ho riproposto, spiegandola, l’idea di far arrivare un istituto alberghiero a Pago. Ho raccolto piagnistei e diffidenza, come sempre accade quando le persone sono esperte nel lamentarsi, ma meno attrezzate quando si tratta di “fare”. Come se il prerequisito per far funzionare un’idea sia quello avere una popolazione di trecentomila abitanti. Ma è chiaro che, se ad una popolazione anche minuscola, non proponi mai niente di diverso e di valido, la comunità tenderà nel tempo a sfaldarsi ed a perdere un numero importante di persone, in cerca di occasioni altrove.

Mi auguro solo che, quando tra cento anni qualcuno tirerà fuori dagli archivi Realtà Sannita, le idee che ho proposto si siano trasformate in realtà. Per il resto, non ho da ricavarci soddisfazioni pecuniarie. Si fa per alto senso civico, un concetto un po’ fuori uso di questi tempi, ma che volete: a me è sempre interessata la crescita sociale e civile e non mi sono mai occupata di altre questioni.

Per venire al dunque, la mia ultima proposta è quella di dedicare un Parco Letterario alla memoria di Paolo Cecere. La creazione e gli studi legati a questi parchi hanno avuto la capacità, nel tempo, di mobilitare studi, risorse e flussi di persone. Mi limito a segnalare due casi: il Parco Letterario “Francesco De Sanctis” e il Parco “Isabella Morra”. Entrambi sono nel Sud Italia. Entrambi in località minuscole e anche molto ma molto fuori da circuiti turistici tradizionali. Certo, noi non abbiamo Morra o De Sanctis, ma un umile maestro di paese, il solo cronista che ha dato voce a chi, in quei tempi di ristrettezze e di analfabetismo, non aveva voce. Per questo la sua opera è meritoria e per questo, oggi, merita di essere rivalutata.

Non si tratta solo di un esercizio letterario, ma di un formidabile strumento di conoscenza del territorio, che attrae visitatori e studiosi, più di quanto si immagini. Un Parco Letterario è qualcosa che preserva la storia e la memoria dei luoghi, le uniche ricchezze che abbiamo per immaginare e realizzare un futuro diverso ed uno sviluppo reale.

LUCIA GANGALE