I sogni di Virgilio nella cesta Cultura
Si sono avverati i tuoi sogni? È antica la domanda che circola ad ogni avvento di nuovi gestori del potere, risale al Medioevo. A farla, subito dopo le elezioni, ben pochi rispondono di sentirsi sicuri che gli eletti manterranno le promesse. Sul versante opposto, nessuno di quanti hanno votato gli sconfitti si dichiara ingannato da simboli e slogan piombati addosso da social media, riviste, manifesti, volantini per diffondere nomi di sconosciuti, soprattutto di candidate dal sorriso smagliante, eleganti o casual, perfino audaci. E invece nel Medioevo? Le elezioni non esistevano, però al cambio di un governo, in particolare nel nord Italia dove ebbero origine i comuni, qualcuno poneva la domanda si sono avverati i tuoi sogni?
Viene da chiedersi se oggi gli italiani sono ancora come racconta la leggenda medievale di Virgilio nella cesta o se essere… presi in gabbia come lui succedeva solo a quei tempi (nell’immagine - Affresco tardogotico nella Sala d’Amore di Castel Pietra a Calliano, Trento). Si tratta di una leggenda popolare di una decina di secoli fa, arrivata fino a noi in pochi manoscritti tenuti riservati per le oscenità con cui si conclude. Solo qualche artista osò trarne ispirazione per mettere in guardia dalle lusinghe politiche il popolo convinto di essere ‘saggio’ come Virgilio, l’autore dell’Eneide, e quindi di poter intervenire sulla realtà sociale. Ma che Virgilio, oltre che poeta, sia stato un ‘saggio’ l’avevano inventato i nobili ricchi e colti del Medioevo, fino a farlo diventare il simbolo del loro diritto di governare. Per questo Dante lo scelse come guida per il viaggio nei primi due regni, Inferno e Purgatorio, della Divina Commedia.
La leggenda medievale dice in modo chiaro che la principale debolezza del popolo consiste nella sua eterna inclinazione a sognare libertà e piaceri materiali. Per ottenerne il consenso basta raggirarlo con furbe promesse, che la leggenda paragona alle seduzioni femminili senza… concessioni. Altro che ‘saggio’, pure Virgilio ci cascò.
Innamoratosi della figlia dell’imperatore di Roma, la implorò perché gli concedesse una notte d’amore e lei fingendosi consenziente lo invitò a recarsi sotto le mura del suo castello. Virgilio non perse tempo, vi andò quella stessa sera, trovò una grande cesta, vi si sedette. Lei con una robusta corda cominciò a tirarlo su per farlo entrare dalla finestra nella propria stanza. Mentre lui nel sentirsi sollevare verso l’alto già pregustava l’erotica promessa, la principessa bloccò la cesta a metà salita e, incurante delle proteste dell’illustre personaggio, lo lasciò così appeso fino a giorno inoltrato. Sul posto si radunò una gran folla, chi con mormorii, chi ridendo a crepapelle, chi urlando che sarebbe andato a riferire all’imperatore la vergognosa situazione pensile del più grande poeta di Roma.
Non finisce qui la leggenda, metafora delle furbizie dei potenti contro il popolo. Nel Medioevo infatti Virgilio, oltre che poeta, era ritenuto anche un mago incantatore, uno stregone capace di malefici inimmaginabili. E se per ingannarlo era bastata la malizia di una giovane donna, fu poi lui in persona a vendicarsi.
Nella seconda parte la leggenda sostiene che il popolo può reagire con ferocia contro il potere prevaricatore. Virgilio, in veste di mago malefico, spense ogni fiammella in tutta Roma e fece annunciare da un araldo che per dieci anni chiunque avesse avuto bisogno di fuoco per far luce con candele, per riscaldarsi, per cucinare, l’avrebbe trovato soltanto attizzando un ramo di legno secco nel corpo della ingannatrice figlia dell’imperatore, messa nuda a disposizione di tutti in una piazza.
Raccontata in qualche codice manoscritto più antico, a partire dal secolo XIII la leggenda di Virgilio nella cesta venne anche raffigurata in affreschi e miniature medievali di residenze private, e diffusa poi dalle incisioni di artisti del primo Cinquecento, tra i quali il tedesco Lucas Van Leyden.
ELIO GALASSO