La storia di Antonio Sancho da Benevento, valente orafo italo-spagnolo Cultura
Questa storia mi è stata segnalata da un abitante della penisola iberica, che però è originario di Sant’Angelo a Cupolo. In base alle poche ricerche che ho fatto, il nostro amico è un ristoratore sannita che abita in Catalogna e che, tra l’altro, ha frequentato il Liceo Scientifico “Rummo” di Benevento.
Un giorno mi ha scritto per farmi conoscere la storia di un frate sannita, Antonio Sancho, nato a Benevento, il quale nel XVI secolo fu attivo come orafo e come monaco monastero di Sant Jeroni de Cotalba, vicino a Gandia (Valencia).
Ho setacciato un po’ di siti web, ma le uniche informazioni che ho recuperato si trovano su Wikipedia, soprattutto, com’era naturale che fosse, nella sua versione in lingua spagnola. Non so dirvi se esista qualche vecchia ricerca presso la vasta pubblicistica locale. In genere, lo storico Alfredo Zazo ha setacciato tutta la storia del Sannio e potrebbe, perché no, essersi imbattuto anche in questa storia. Ma la cosa davvero impossibile da recuperare è una foto di Antonio Sancho. Ho chiesto se ne avessero una copia i monaci di Sant Jeroni e la risposta è stata negativa. E inoltre, la cosa più assurda, è che la gran parte delle opere realizzate da questo eccellente orafo, sono andate perdute: reliquiari, oreficeria e immagini della Vergine Maria e di San Girolamo.
Dopo il gemellaggio con un paesino della Francia, si potrebbe pensare di attivarne uno con Valencia, nel nome di Antonio Sancho e della sua arte.
Nato a Benevento in data sconosciuta e morto in data altrettanto sconosciuta ad Alfahuir, nella Valencia, entrò nel monastero di San Girolamo di Cotalba il 15 agosto 1544, professando i voti di castità, povertà e obbedienza. Il 13 ottobre dello stesso anno, davanti al notaio Diego López, fece testamento donando i suoi beni a favore di Cotalba, questi furono riassunti nella sua cassetta degli attrezzi di argentiere.
La sua origine beneventana è documentata da padre Francisco del Castillo, che nel 1757 scrisse una Historia general de nuestro Real Monasterio de San Jerónimo de Gandía (Storia generale del nostro Reale Monastero di San Girolamo di Gandia).
Il monastero di Cotalba, presso cui padre Sancho fu attivo, vanta oggi una discreta presenza sul web ed è sede di numerose attività culturali. Il monastero sorge sul Tossalet di Cotalba nel comune di Alfahuir. È una delle costruzioni monastiche più notevoli della Comunità Valenciana anche grazie alla grande diversità stilistica del suo insieme che, partendo da una primitiva struttura gotica medievale, si sviluppa fondamentalmente dal XIV al XVIII secolo e copre cinque diversi stili: mudéjar, gotico valenciano, rinascimentale, barocco e neoclassico.
La storia racconta che, nel 1388 Alfonso d'Aragona il Vecchio, nipote di Giacomo II e cugino di Pietro IV il Cerimonioso, promuove la costruzione del monastero, acquistando il luogo di Cotalba dai musulmani e donando questa terra alla comunità geronimita di Jávea affinché vi si trasferiscano, evitando in tal modo le ripetute incursioni dei pirati berberi sulla costa valenciana. Il luogo è molto più sicuro per loro. Da quel momento, inizia il consolidamento e l’espansione del famoso Ordine dei Jerónimos, che trasforma questo monastero nella Casa Madre, essendo la prima comunità geronimita stabilita nell’ex Corona d’Aragona.
Le pochissime fonti a nostra disposizione ci dicono che Antonio Sancho ebbe una raffinatezza artistica che lo pone sullo stesso identico piano dei maggiori orafi valenzani, tant’è vero che fu considerato uno dei migliori orafi di Spagna della sua epoca.
L’opera più importante realizzata da Sancho fu l’ostensorio del Monastero di San Jerónimo de Cotalba, che fu completata nel 1548 dopo sette anni di lavoro. La custodia era alta un metro ed è finemente cesellata. Per qualità e per tecnica, tale ostensorio risultò comparabile agli ostensori della Cattedrale di Toledo o della Cattedrale di Santiago di Compostela, e fu uno dei migliori esempi di oreficeria del Rinascimento spagnolo. Purtroppo, questa opera scomparve, come la gran parte delle opere di padre Sancho. Infatti, dopo la confisca spagnola, la custodia passò alla Collegiata di Santa María de Gandía. Fu quindi esposta all’Esposizione Internazionale di Barcellona nel 1929 e, infine, scomparve chissà dove nel corso della guerra civile. Questo bellissimo ostensorio, di cui ci rimane una fotografia, riprodotta sul sito web del monastero di Cotalba, era firmato con una legenda in latino: Antonius Sancho beneventanus hujus Monasterii sancti Hieronymi gandiensis monachus ibidem mi inchoavit et perfecit anno 1548 (Antonio Sancho di Benevento, monaco di questo Monastero gandiense di San Girolamo, m’iniziò e mi concluse nell’anno 1548).
Un vero peccato che opere di questo pregio siano sparite dalla circolazione. Stessa sorte capitò a molti altri capolavori, che andarono perduti tra distruzioni e furti, nelle tormentate vicende dell’Europa tra Sei e Settecento.
A noi resta il ricordo di questo grande artista e l’orgoglio di avere dato alla Storia un altro valente ingegno sannita. Naturalmente, ci piacerebbe un giorno scoprire e saperne di più.
LUCIA GANGALE