L'obelisco conteso e il mistero delle due iscrizioni Cultura
L’Obelisco che oggi ammiriamo in Piazza Papiniano un tempo si trovava di fronte al Duomo, dove secondo il De Nicastro (Benevento Sacro ediz. 1683): “fu eretto nel 1597 dal Senato e Popolo Beneventano e dedicato alla Beatissima Vergine, reggendo il Sommo Pontificato Papa Clemente VIII; e la città di Benevento nello spirituale, Massimiliano di Palombara, e nel Temporale, Giovanni Vincenzo Consacco”.
Nel cui piedistallo - continua De Nicastro - fu scritto:
Obeliscum
UrbisInclytaeMonumentum
ExcelsiSamnitumNominis
Atque Superba Memoriae
S.P.Q.B.
Sedente Clemente VIII Pont.Max.
Deiparae Virgini Dicatum.
Presule Illustrissimo, et Reverendissimo Domino
Maximiliano Palumbario
GubernatorePerillustri, et Reverendissimo Domino
IoanneVincentioConsacco. Consulibus.
Perillustri Domino Ioanne Baptista Bilocta,
Perillustri Domino Carolo Sallarolo, et
Excellenti Domino Carolo Fracca,
Excellenti Domino Melchiorre Ursolupo
Magnifico Domino Augustino Schinosi,
Magnifico Domino Francisco Marsullo,
Magnifico Domino Carolo Viglione,
Magnifico Domino Iulio Cardone.
Sindico Domino Ioanne Camillo
Maurone
MDLXXXXIIXX (1558)
Nel 1797, lo stesso Obelisco compare per la prima volta disegnato nel “De origine et usuobeliscorum” dell’egittologo danese Georg Zoëga, in cui sono raffigurati tutti e quattro i lati con i loro segni geroglifici.
In calce al disegno,Zoëga scrive che il monumento dell’antica religione, fu dedicato alla Madonna (la Beata Vergine Maria) dal senato e dal popolo di Benevento nel 1598. Stefano Borgia, governatore e storico di Benevento, pubblicò opportunamente questa tavola illustrata di Zoëga, nella sua opera Memorie istoriche della pontificia città di Benevento dal secolo VIII al secolo XVIII, nel 1764:
OBELISCVM VETERIS SVPERSTITIONIS MONVMENTV[M] A S.P.Q.B.
A. MDXCVIII. B MARIAE VIRG.
DICATUM. STEPH. BORGIA BENEV. RECTOR ERVDITOR.
COMMODO EXCVDIC. A. MDCCLXIIII
Cioè: Il monumento dell’obelisco dell’antica religione dedicato dal senato e popolo beneventano alla Beata Vergine Maria nel 1598, Stefano Borgia, rettore beneventano ha fatto stampare a vantaggio degli studiosi.
Secondo Isernia (Istoria della Città di Benevento dalla sua origine fino al 1894)
“…fra gli avanzi dei nostri antichi monumenti debbono essere ricordati i vari pezzi dei due obelischi che ci furono conservati …di cui l’altezza e quando si spezzassero ci è ignoto. La punta di uno di essi, essendosi casualmente rinvenuta, fu soprapposta ad una base e piedistallo di marmo, e rizzata nell’atrio della Chiesa Metropolitana, aggiungendovi sulla cima una palla di bronzo con una croce. Un tale obelisco fu tolto dalla sua base nei restauri successivi e tutt’altro che felici del detto Atrio; e fino a poco tempo fa ne giaceano i pezzi nel cortile dell’Arcivescovado, non avendo voluto giammai la Curia farne dono al Municipio, cui spettavano di dritto. Un altro pezzo di obelisco fu scoperto allorchè crollò gran parte della chiesa di San Bartolomeo. Infine un terzo pezzo lavorato ad uso di architrave di finestra stava infisso in uno dei grandi finestroni della cupola della stessa chiesa, e si argomentò da qualcheduna delle lettere geroglifiche in esso superstiti, che doveva far parte dell’obelisco; e tuttavia venne nella nuova chiesa murato”.
Dunque alla luce di queste preziose informazioni storiche,l’obelisco fu asportatodal sagrato del Duomo, nel furore del momento liberale legato all’Unità d’Italia, per essere trasportato nella piazza Papiniano nel 1872.
La scelta della nuova collocazione (dal duomo di fronte al palazzo Paolo V) e la rimozione della croce, rappresentava la fine della supremazia papale sulla città. Tale decisione di trasferimento presa dall’allora sindaco Pasquale Capilongo, sotto la direzione dell’architetto Pasquale Zoppoli, trovò non poche opposizioni da parte della Curia. Oggi l’obelisco è di proprietà dello stato italiano a differenza dell’obelisco mutilo, che è di proprietà della Provincia di Benevento.
L’unico indizio l’ho trovato in una vecchia foto del 1904, dove a malapena si intravede la sola iscrizione in lingua latina.
In occasione del trasferimento del monumento dal sagrato del Duomo all’attuale posizione in piazza Papiniano, furono incise sul basamento, dove ancora oggi troneggia, iscrizioni in greco e latino, inserendo originariamente lettere di bronzo, che furono successivamente rimosse. La base è un conglomerato cementizio con breccia, che oggi in più punti appare molto danneggiato, probabilmente perché l’asportazione delle lettere bronzee fu fatta in modo piuttosto violento e forse risalente all’incetta di metalli voluta da Mussolini, all’ingresso dell’Italia nel conflitto mondiale nel 1940. L’autopsia del basamento evidenzia tre o quattro forellini per ogni lettera incisa, che costituivano l’alloggiamento dei piccoli perni delle lettere bronzee. La rimozione di queste ha spesso danneggiato il supporto, pertanto le impronte sono di difficile decifrazione. Non sappiamo se però vi siano stati danneggiamenti ulteriori durante il secondo conflitto mondiale
La base appare restaurata, le parti mancanti sono state ricomposte con cemento. Non è possibile stabilire quando ciò sia avvenuto. In mancanza di documenti che attestino l’avvenuto restauro, un’ipotesi è che esso sia stato compiuto negli ultimi momenti della reggenza di Mario Rotili al Museo del Sannio, prima che lasciasse l’incarico per diventare docente universitario.
Le condizioni del testo in greco sono decisamente compromesse, la pietra in più punti è stata danneggiate, probabilmente per asportare le lettere bronzee inserite nelle incisioni. Anche se non tutte le righe sono leggibili, è evidente che il testo greco è sovrapponibile a quello latino per il senso. In buona sostanza il testo di entrambe dice che il Comune in data 1872 decise di ricomporre uno dei due obelischi, monumento dell’antica religione, che giaceva in rovina.
Chi abbia redatto i due testi in greco e in latino, non sappiamo; forse fu opera di uno dei professori delle lingue classiche del Liceo Classico “Giannone” se non dello stesso preside, allora in genere studiosi classici; fino a ottobre del 1872 fu preside il chiacchierato Pietro De Bellis, sacerdote secolarizzato all’indomani dell’Unità d’Italia e da ottobre in poi, Pericle Mancini, un letterato e poeta.
CESARE MUCCI & PAOLA CARUSO
Nelle due foto in basso, da sinistra, testo e traduzione dell’iscrizione greca e poi testo e traduzione dell’iscrizione latina