Luigi Meomartini genio e sregolatezza ebbe una vita molto avventurosa Cultura

Poco più alto del suo bastone ornato da un grande pomo di cristallo, estroso nel carattere e di indole ribelle sin da fanciullo ma dotato di animo sensibile e incline all’arte, Luigi Meomartini è senz’altro il più singolare componente dell’antica famiglia stanziata tra Colle Sannita e Reino e che ha dato nel corso dei secoli i natali a molti illustri protagonisti della cultura, della vita militare, della politica e dello sport.

Nato il 16 settembre del 1888 nell’antico palazzo di Colle che prospettava sulla piazza principale del paese - del quale il padre cavalier Vincenzo Salvatore è sindaco - Luigi Meomartini viene battezzato con il nome del bisnonno paterno don Luigi Giampietro di San Marco dei Cavoti e cresce nella numerosa famiglia composta dai ben undici figli messi al mondo dalla madre donna Benedetta Paolucci. Così come è usanza in molti signorili casati dell’epoca viene inizialmente destinato al sacerdozio come i due avi, l’abate Francesco Saverio e il sacerdote Luigi, senza però accettare di buon grado la vita nel rigido ambiente ecclesiale del seminario e così, abbandonato quel genere di vita impostogli senza consenso, si iscrive al Liceo «Giannone» di Benevento proseguendo poi gli studi a Napoli alla facoltà di Veterinaria ed infine, già ventiseienne, optando per quella di Giurisprudenza.

Mancato prete e mancato veterinario, Luigino dovrebbe quindi diventare avvocato come lo zio Alfonso, ma stavolta a metterci lo zampino non è tanto lo scoppio della Grande Guerra e il conseguente richiamo alle armi, quanto soprattutto gli svaghi e divertimenti all’ombra del Vesuvio che immediatamente appassionano questo giovane di buona famiglia distogliendolo dai libri e indirizzandolo alla bella vita nei templi della Bella Epoque e dei celebri cafè-chantant come il Salone Margherita nella Galleria Umberto, il Circo delle Varietà a Via Chiatamone e L’Eldorado a Santa Lucia.

Intanto la mamma, donna di straordinaria bontà e pervasa di immenso amore per i figli, asseconda con indulgenza la voglia di vivere di Luigino e così fa pure il padre - che in gioventù aveva seguito pressoché lo stesso percorso frequentando l’Accademia di Belle Arti - fornendogli largamente tutto il necessario finché ritiene giunto il momento di porre fine a questa sua condotta dissennata e, memore di quanto anche i propri genitori avevano fatto con lui anni prima, lo richiama a Colle Sannita affidandogli la gestione di una propria esattoria in San Giorgio la Molara, salvo poi rendersi conto che ad analogo provvedimento non poteva che corrispondere uguale risultato.

A questo punto l’unica soluzione resta quella di incoraggiare la vera e unica passione di Luigino per la musica, peraltro forse la sola disciplina alla quale si era accostato con interesse durante gli anni del seminario e che ora è fermamente intenzionato a coltivare in grande stile anche a costo di impegnare gran parte delle cospicue risorse familiari.

Abbandonato il grigio ambiente dell’esattoria, decide così di fondare un complesso bandistico a Colle Sannita che ne è sprovvisto, pur intuendo che l’ambizioso progetto non è certo dei più facili poiché mancano gli elementi necessari alla formazione dell’orchestra, ma ciononostante, nel giro di poco tempo, il miracolo si compie ugualmente poiché egli, facendo affidamento sulle geniali capacità musicali da autodidatta nonché sulla buona volontà di alcuni compaesani, recluta coloro che gli sembrano maggiormente versati alla musica, provvede personalmente alla loro formazione e finanzia di tasca propria l’acquisto degli strumenti e delle divise.

Nasce così la Banda Musicale di Colle Sannita, un complesso bandistico di tutto rispetto e per il quale egli stesso sul suo pianoforte compone marce e musica di vario tipo adatte ad essere eseguite in occasione di manifestazioni pubbliche, feste religiose, eventi diversi e, soprattutto, parate e adunanze militari che negli anni del ventennio vengono frequentemente organizzate.

Proprio quando agli anziani genitori pare che questo figlio geniale e scapestrato abbia finalmente trovato un’occupazione decorosa, sopraggiungono però nuove preoccupazioni per alcuni disturbi di salute che lo costringono ad un ricovero in ospedale a Bologna dove, durante la degenza, lo assiste una suora infermiera veneta originaria di Montecchio Maggiore: si chiama Angelina Sandri, è di un anno più grande di lui, e soprattutto è mora, alta, slanciata e con degli occhi neri di grande intensità, tant’è che Luigi, donnaiolo come tutti i Meomartini, resta folgorato dalla sua straordinaria bellezza e la convince ad abbandonare l’abito monacale e a fuggire assieme a lui.

Durante una sosta a Napoli presso la famiglia del fratello Giuseppe Meomartini, la suora è vestita con abiti civili e le viene data anche una parrucca per nascondere la testa rasata, mentre subito dopo i due ripartono alla volta di Colle Sannita ove giungono tra lo stupore e la malcelata disapprovazione dei familiari e specialmente dei concittadini.

Corre, infatti, l’anno 1923 e di certo in un piccolo paese la presenza di un’ex-suora non può certamente essere nascosta o passare inosservata, eppure in breve tempo sia la famiglia che i collesi accolgono con affetto e rispetto la nuova coppia che, nel 1924, è allietata dalla nascita dell’unica figlia Teresa, mentre il ritrovato clima di serenità e di armonia favorisce l’estro artistico di Luigino Meomartini che al pianoforte compone le sue più belle opere, tra cui i walzer Reve d’amour e Inconsideration ispirati alla moda musicale dell’epoca, così come del resto la canzone Harem, pubblicata dall’editore De Martini di Benevento, dove, una melodia esotica e misteriosa ed i versi di Gisi raccontano la storia di Nadhila una donna innamorata di un sultano e condotta nel suo harem ove, resasi però conto di non essere l’unica amata, decide di uccidere l’uomo per non doverlo dividere con nessun altra.

Dello stesso periodo è anche ‘O signale, canzone napoletana melodiosa e appassionata edita da Saporetti e Cappelli di Firenze ove i versi di Giuseppe Aliperti - noto paroliere e collaboratore di E.A.Mario - descrivono la storia di due innamorati lontani che si scambiano pensieri e frasi d’amore usando la luna e le stelle come punto di riferimento comune.

Unanimemente stimato dai propri concittadini e nell’intero circondario, Luigi Meomartini viene nominato podestà di Castelpagano, mentre a Colle Sannita è commissario prefettizio (ottobre 1925 - marzo 1927) e poi podestà su proposta del Ministro dell'Interno e con decreto Reale del 13 maggio 1927 restando in carica fino all’aprile 1929; in tale veste si interessa del compimento di molte opere pubbliche, tra cui il monumento ai caduti, che ancora oggi si trova nella piazza principale del paese, la sistemazione di alcune strade ed il completamento della rete di pubblica illuminazione, tutte opere inaugurate al suono della sua banda.

Negli anni in cui egli è podestà, il piccolo centro sannita vive un periodo di grande splendore e ne arriva notizia anche ai concittadini emigrati negli Stati Uniti, grazie alla rivista «Il Progresso Italo-americano» che pubblica una sua fotografia assieme ad un articolo che enumera ed esalta le opere compiute a Colle Sannita.

Viene inoltre insignito dell’onorificenza di Cavaliere della Corona d’Italia avendo peraltro aderito con entusiasmo al regime fascista ed essendosi prodigato non soltanto come pubblico amministratore, ma anche come musicista firmando l’inno provinciale, ossia la marcia Giovinezza Sannita che, edita da Saporetti e Cappelli nel 1927, allieta con il suo ritmo orecchiabile e allegro gran parte delle manifestazioni pubbliche del ventennio nella provincia di Benevento.

Musicista versatile e di talento, compone anche l’inno A SAA Umberto di Savoia (1935), il tango Mora, la canzone Chi fuma? e una composizione dedicata alla befana per gli alunni delle scuole elementari di Colle Sannita, mentre unica opera di carattere religioso è una commovente Preghiera alla Vergine, di cui scrive musica e versi e che è tra i pezzi più frequentemente eseguiti dalla Banda Municipale da lui diretta.

Sebbene negli annali del complesso bandistico collese figurino numerose esibizioni e un applaudito concerto al Teatro Comunale di Benevento, l’evento più singolare risale all’11 marzo del 1929 quando, mentre si celebra a Napoli il matrimonio di Benedetta Meomartini, il cavalier Vincenzo ormai anziano, malato e impossibilitato a viaggiare ingaggia il suo stesso figlio e tutti musicisti affinché per tre giorni allietino una sontuosa festa di piazza tra bancarelle, luminarie e cibo per l’intera cittadinanza, onde poter colmare almeno in parte il suo enorme rammarico per non aver potuto assistere alla cerimonia nuziale della nipote prediletta che peraltro porta il nome della nonna - sua moglie - scomparsa due anni prima.

Venduta una masseria per pagare i sontuosi festeggiamenti e dilapidato anche quasi completamente un enorme patrimonio pur di assecondare le necessità e i desideri dei figli, Vincenzo Salvatore Meomartini si spegne a Colle Sannita nel 1931 lasciando un’eredità alquanto modesta che garantisce a Luigino di sopravvivere a malapena nei difficili anni a venire, caratterizzati dalla guerra e dal crollo del fascismo, nonché dalla progressiva uscita di scena dall’attività politica dopo aver ricoperto le cariche di commissario prefettizio di Colle Sannita per il secondo mandato (marzo 1944) e quella di sindaco (aprile-luglio 1944).

Gli agi, le ricchezze e il benessere diventano quindi rapidamente soltanto un ricordo lontano per il Maestro Meomartini che, privato della disponibilità economica di cui aveva sempre goduto sin dagli anni dell’infanzia, dopo aver venduto tutti i suoi beni per vivere, è costretto a sciogliere il complesso bandistico e ad alienare anche l’amato pianoforte, mentre l’unica soddisfazione di questi tristi anni gli viene senz’altro dalla nipote Ebe De Paulis che, figlia del cugino Giovanni, va affermandosi come cantante di successo in Italia e all’estero.

Confortato soltanto dall’affetto della moglie, della figlia e dei fratelli, continua a suonare e a comporre utilizzando bicchieri di cristallo riempiti con diverse quantità di acqua per riprodurre con una apposita bacchetta il suono delle sette note finché il suo fisico, già debilitato dai tanti vizi ed eccessi della gioventù, è minato da un tumore.

Muore a sessantasette anni il 4 aprile del 1955 a Colle Sannita ove sarà sepolto nella cappella di famiglia, mentre qualche mese più tardi la moglie e la figlia lasciano il paese per trasferirsi a Benevento a seguito delle nozze di Teresa con Antonio Altieri e torneranno presso l’antico palazzo di Piazza Flora solo in estate finché l’edificio - peraltro appena venduto - crollerà per effetto del sisma del 1962 travolgendo tra le macerie anche l’ultimo ricordo di un uomo buono e generoso, di un musicista di talento, di una vita forse sregolata ma senz’altro affascinante.

Luigi Meomartini è stato ricordato nel 1995, in occasione del 40° anniversario della morte, a San Marco dei Cavoti con un premio di musica in sua memoria. Nello stesso comune del Fortore, paese d’origine di sua nonna paterna Luisa Giampietro, gli è stata co-intitolata (con la nipote Ebe De Paulis) la Sala della Musica del Modern - Museo della Pubblicità ove sono conservati gli originali delle sue opere così come pure al Conservatorio Nicola Sala di Benevento.

ANDREA JELARDI