Luigi Palmieri, un grande scienziato Cultura

Grande scienziato, noto in tutto il mondo per le sue intuizioni e scoperte scientifiche, soleva dire: chi lavora per la scienza è sempre giovane. Un busto gli è stato eretto nel Cortile dell’Università Federico II di Napoli ed una strada che fronteggia l’Ateneo porta il suo nome.

Anche Faicchio, sua città natale, lo ha onorato dedicandogli una Piazza, una strada ed un busto; nacque, infatti in questo piccolo paese della provincia di Benevento il 23 aprile del 1807 da Crescenzo ed Irene Severino. Il padre, ricco proprietario terriero sia in Benevento che in Faicchio, era un medico-chirurgo ed aveva avuto cinque figli di cui Luigi che era il primogenito venne avviato verso gli studi classici alla fine dei quali, intorno al 1831, mediante l’intervento dei suoi zii paterni, che avevano un ruolo importantissimo nell’ambito clericale, iniziò la carriera scolastica insegnando Filosofia e Fisica per due anni nella Scuola Regia di Campobasso, e per un anno a Salerno e ad Avellino.

Qualche anno dopo si trasferì a Napoli dove aprì una scuola privata per l’insegnamento della Filosofia, della Fisica e della Matematica. Allievo del grane filosofo Pasquale Galluppi, nel 1845 lo sostituì nell’insegnamento della Logica e Metafisica nella Regia Università di Napoli e dopo la sua morte divenne titolare della cattedra con decreto del Re Ferdinando II di Borbone. Successivamente, nel 1855, mediante decreto reale venne nominato Direttore del Reale Osservatorio Meteorologico Vesuviano. Dopo appena cinque anni, nel 1860 ebbe la cattedra di Fisica Terrestre e Meteorologia presso l’Università di Napoli ed in quella di Portici. Nominato anche Rettore dell’Università di Napoli, il 16 novembre del 1876 venne nominato Senatore del Regno conservando anche la carica di Consigliere comunale della città di Napoli. La sua morte attribuita ad un “catarro bronchiale” avvenne il 9 settembre del 1896.

Nonostante i suoi prestigiosi incarichi non abbandonò la città di Benevento.

La fama di Luigi Palmieri è legata alla costruzione del sismografo ovvero del primo apparecchio scientifico capace di misurare l’intensità di un evento sismico, la sua durata e le sue modalità di propagazione, ma non tutti sanno che pur nato a Faicchio visse a Benevento nel Rione Fragola in un ampio fabbricato a due piani che si sviluppava longitudinalmente tra il supportico della Chiesa di San Donato ed il n. 33 di via San Filippo.

Nonostante gli incarichi di elevato prestigio che ricoprì seguitò a vivere a Benevento tanto che, pur conservando arredato il secondo piano della casa paterna, acquistò una proprietà tra il vecchio cimitero di Santa Clementina fino alla ormai storica “peschiera” ove era solito soffermarsi.

Dalla moglie Angela Gigli ebbe cinque figli: Giuseppe, Marino, Leandro, Adelaide ed Amalia. Luigi Palmieri va considerato come un vulcano di idee e di realizzazioni non limitandosi soltanto allo studio, alla ricerca ed alla realizzazione di strumentazioni le cui applicazioni ebbero notevolissima importanza nella Fisica e più ancora nella Geofisica, ma impegnandosi anche, quale studioso della materia, in problemi filosofici riguardanti la religione, la pedagogia, la psicologia.

Tutti i suoi studi e le sue ricerche ebbero, in modo inequivocabile, quattro stadi: l’osservazione del fenomeno, l’interpretazione intuitiva, la deduzione sulle conseguenze dell’assunto, la sperimentazione. Con questa metodologia, studiò le fumarole vesuviane e scoprì l’esistenza dell’Elio (dal greco á¼¥λιος, hḕlios, “sole”); si tratta di un gas che non si combina con alti elementi chimici, perciò detto “nobile” incolore, inodore, insapore, inerte. E’ il secondo elemento più leggero dopo l’Idrogeno e, per queste sue proprietà è stato utilizzato per il riempimento dei dirigibili al posto dell’idrogeno che era infiammabile.

L’approccio con la vulcanologia e la sismologia, iniziò con la sua nomina a Direttore del Reale Osservatorio Meteorologico Vesuviano nel 1855 iniziando la sperimentazione per la realizzazione di un sismografo elettromagnetico.

Ogni anno, sulla superficie terrestre, vengono, in media, registrati, all’incirca 1.000.000 di terremoti; ma solo pochi tra essi sono quelli avvertiti dall’uomo o che hanno effetti distruttivi. Si tratta, quindi, per la massima parte di scosse cosiddette “strumentali” perché avvertite e registrate soltanto da particolari strumenti detti SISMOGRAFI.

Una prima, fondamentale tappa, per la sismologia fu la realizzazione, da parte dello scienziato italiano di un prototipo di sismografo elettromagnetico che dal 1856 entrò in funzione presso l’Osservatorio Vesuviano ove tutt’oggi è possibile rendersi conto della sua efficienza.

Nel 1896 si deve, oltre che l’invenzione, la razionale utilizzazione e diffusione dell'apparecchio, la organizzazione e la utilizzazione su base scientifica dei dati di rilevamento. Due esemplari, all’epoca, furono immediatamente richiesti dagli Osservatori Sismici del Giappone ove ancora oggi se ne fa bella mostra ed uso, professore di fisica terrestre alla facoltà di agraria di Portici.

L’apparecchio scrivente si compone di due orologi uno che cammina continuamente, segnando i giorni del mese, le ore, i minuti ed i mezzi secondi, un altro che è fermo, e si mette in moto solo nell’istante preciso in cui comincia la più leggera commozione del suolo, e nel camminare fa svolgere una carta, come quella dei telegrafi, per 3600 millimetri all'ora, cioè un millimetro ad ogni secondo. Si dota, inoltre, di due elettrocalamite, ciascuna delle quali porta una leva con una penna che nel momento dell’attività segna sulla zona della carta anzidetta piccoli tratti rossi e neri, giacché le due matite sono di diverso colore.

Con l’insorgere di un terremoto anche leggerissimo ed inavvertito, un altro congegno, collegato con la corrente elettrica, anima una delle due elettrocalamite che muove la matita scrivente rossa allorché l’oscillazione è orizzontale mentre, nel caso di oscillazione verticale, la corrente elettrica andrà ad animare la seconda elettrocalamita, che muove la matita nera.

Nel momento in cui una dell’elettrocalamita è attiva, l’orologio che camminava si arresta, e l’altro che era fermo si avvia facendo scorrere la zona di carta sulla quale la matita corrispondente disegnerà un grafico dal quale sarà riconoscibile la natura del terremoto in base al colore della matita scrivente mentre la durata in secondi della scossa corrisponde alla lunghezza della carta su cui è disegnato il grafico. Nello stesso tempo che il primo orologio si ferma ed il secondo si mette in moto, uno scampanio dà l’allarme suonando per 10 minuti. Nel prototipo del sismografo Palmieri gli orologi erano a pendolo, perché al tempo in cui fu costruito non esistevano ancora orologi a bilanciere che, invece, potette usare successivamente, per i due prototipi richiesti dagli Osservatori del Giappone.

MICHELE BENVENUTO