Il parere di Roberto Costanzo: ''La Fase 3 sarà decisiva'' Economia

Affidiamo a questo giovane novantenne, Roberto Costanzo, le risposte sul cosa fare ora che siamo quasi fuori da questa asfissiante situazione conseguente alla pandemia. La sua lucida intelligenza accoppiata ad una esperienza straordinaria sono una garanzia. Ricordiamo che Costanzo è stato impegnato ad altissimo livello nella Coldiretti e poi consigliere provinciale, assessore regionale, parlamentare europeo, presidente della Camera di Commercio, oltre che giornalista ed autore di importanti saggi.

Sono in molti a pensare che dopo la pandemia ci attende un mondo diverso.

Dopo le grandi calamità, il mondo non è mai tornato alle condizioni di prima, a cominciare dal dopo-diluvio universale allorché Noè, quando uscì dall’arca, trovò un mondo tutto nuovo e diverso e andò “a piantare una vigna” (Genesi, 8-9). Piantare o ripiantare? Noè, evidentemente, non faceva molta differenza tra ricostruire e costruire ex-novo. Molte cose non saranno più come prima e non poche potrebbero essere meglio di prima. Credo sia questo il disegno divino. Non dobbiamo abbatterci, ma neanche illuderci.

Si accorceranno le distanze e le differenze tra globale e locale?

Dal globale al locale: certamente dopo la pandemia i territori di collina e montagne, e le relative risorse, avranno maggiore chances: le aree pianeggianti e costiere sentiranno sempre più bisogno di risorse e beni che provengono quasi totalmente dalle aree interne. Per questi territori sarà certamente una sfida ed una grande opportunità.

A patto che le loro classi dirigenti sapranno essere all’altezza del compito.

Auguriamoci che il loro compito non si esaurisca nell’invocazione di sussidi finanziari. Serve impegnarsi, con piena convinzione, nella costruzione di un nuovo rapporto con le aree vallive, le quali avranno ancora, e sempre di più, grande esigenza di risorse, beni e servizi che oggi ricavano quasi esclusivamente dalle aree interne, dall’agibilità idrogeologica all’equilibrio climatico alle energie rinnovabili. Parliamo di beni e servizi che le aree interne non possono più lasciarsi sottrarre, ma che debbono saper cedere: cedere con adeguata ricompensa.

Uno degli effetti della pandemia è la divisione tra... “garantiti”, che comunque ricevono uno stipendio, una pensione o un sussidio di Stato e chi, viceversa, teme di perdere ciò che in anni di sacrificio è riuscito a costruire.

È il principale problema della Fase 3, cioè della vera stagione del post-virus, quando finiranno l’emergenza ed i relativi sussidi. La pandemia, con una ruvida mossa, ha bloccato - ma non cancellato - una storia economico-professionale fondata sulle libere attività lavorative e produttive, sul reddito raccolto nel campo in cui si è prima seminato. Campo oggi bloccato e improduttivo. Ma per quanto tempo? L’errore che potrebbero commettere le persone a reddito fisso, direttamente o indirettamente alimentato dal bilancio pubblico, è quello di dimenticare che la PA non è un pozzo senza fondo, ma una cisterna rifornita dal mercato, cioè dalle varie attività professionali e produttive. Pertanto il post-virus, se non comporterà una robusta ripresa produttiva e professionale potrebbe trasformare il bilancio pubblico in un acquedotto senz’acqua, proprio perché a monte si sarebbe prosciugata la sorgente.

E allora dove trovare strade, modi e sistemi nuovi per rimettere in moto il mercato?

Certamente nella cosiddetta Fase 3 capiremo che il ruolo dello Stato nelle attività produttive e professionali è indubbiamente necessario, però non deve essere invadente né complicato. Ma anche i liberi operatori professionali e imprenditoriali non debbono esaurirsi nell’invocare il ritorno al passato. Non basta rivendicare sussidi per il risarcimento delle perdite subite durante il lockdown, occorre convincersi - tutti, nel pubblico e nel privato - che per avviare la ripresa, le innovazioni e lo sviluppo, occorrono investimenti di idee e non solo di capitali. Costruire il nuovo e non solo riparare il vecchio. Se non sarà così, risulterà che il coronavirus avrà prodotto solo danni e non anche stimoli al cambiamento e all’innovazione.

Nel Sannio, ricorderemo il 2019 come l’anno della Falanghina. Tante le risorse investite, pubbliche e private, in un comparto fortemente legato al turismo, quindi accoglienza, gastronomia e artigianato. Cosa fare per non compromettere gli sforzi fatti?

Il Sannio, come capitale europea del vino, nello scorso anno ha dimostrato innanzitutto a se stesso che un prodotto come il vino, visto anche come soggetto storico di un territorio, oltre ad arricchire e nobilitare l’offerta agroalimentare può diventare un forte attrattore ed animatore del turismo ambientale ed enogastronomico. Io sono fermamente convinto che il turismo delle aree interne riceverà un significativo impulso proprio dal nuovo modo di muoversi e di alloggiare delle persone, quando tutto sarà finito. I turisti si sposteranno dalle aree di affollamento e densità abitativa e produttiva, alle zone meno frequentate e più spaziose, capaci di offrire genuinità geo-ambientali, urbanistica ed enogastronomica. In questo scenario la Falanghina, in un territorio come il Sannio, non sarà un aggregato ma un trainer del turismo e non solo. Ma per fare questo abbiamo bisogno di progetti, di politiche, di protagonisti all’altezza del compito.

A 50 anni dalla nascita delle Regioni, pensa che quel modello istituzionale sia ancora valido o qualcosa bisogna cambiare?

Ci voleva il coronavirus per farci notare il disastro costituzionale provocato con la modifica del Titolo V: ecco spiegate le cause delle divergenti contrapposizioni tra governo e regioni e tra le stesse regioni. Quando saremo usciti dal tunnel c’è da augurarsi che tutte le forze politiche sentano il bisogno ed il dovere, non tanto di riformare, ma di rivoluzionare l’impianto giuridico-amministrativo. L’Italia è oggi lo Stato più burocratico d’Europa e quindi più confusionario. Chi opera nella o con la PA ha una sola preoccupazione: evitare di cadere nelle tenaglie dell’inchiesta giudiziaria. Rischio sempre presente, perché la PA di ogni livello si muove con procedure farraginose, di non facili interpretazioni e applicazione. Basti vedere l’enciclopedia di norme e regolamenti approntate dal Governo per difenderci dal virus e aiutarci a sopravvivere alla crisi.

GIUSEPPE CHIUSOLO