Siamo pronti a rivivere la città? Economia

Le ultime indicazioni del Governo sembrano anticipare un lento ma inesorabile ritorno alla normalità e alla quotidiana vita, la stessa stravolta improvvisamente da oltre un anno di pandemia e dalle relative misure restrittive.

Complice l’arrivo della bella stagione, anticipato dal sole tiepido di queste settimane, in tutto il Paese è palpabile la voglia di riprendere le normali attività che scandivano la routine giornaliera e settimanale di ognuno di noi. Da nord a Sud, dai piccoli centri alle metropoli i cittadini vogliono riappropriarsi di quegli stessi spazi che decreti e ordinanze gli avevano sottratto, certo per il fine ultimo e superiore della salute pubblica, ma in una circostanza che nessuno mai avrebbe potuto immaginare potesse accadere.

Abituati ai film apocalittici dove sciagure e virus letali si diffondono, chissà perché, sempre sul suolo americano, nessun europeo e men che meno nessun italiano si sarebbe immaginato mai di diventare il protagonista di una storia tanto vera e tanto reale da non aver bisogno di effetti speciali.

Nel mentre di una campagna di vaccinazione ancora inceppata dai farraginosi ingranaggi della nostra mastodontica macchina amministrativa, ma che alla base soffre di una perenne carenza di dosi, in tutte le città italiane le persone tornano a ripopolare lo scenario urbano.

Certo, in alcuni grandi centri il flusso di persone non si è mai interrotto, continuamente alimentato da chi per un motivo o per un’altro era autorizzato a circolare per i propri affari e le proprie questioni lavorative, ma è proprio nei centri più piccoli che le varie restrizioni hanno maggiormente stravolto il consueto vivere degli abitanti.

Dalla sera alla mattina intere strade, intere piazze si sono svuotate e li dove poche ore prima c’era un vociare confuso, all’improvviso il più assoluto silenzio; se non fosse stato per qualche rifiuto gettato a terra e qualche volantino pubblicitario agitato dal vento nessuno avrebbe creduto ad una città abitata.

Se timidamente riappaiono i personaggi del teatro rionale, di sicuro ciò che è irrimediabilmente cambiato è la scenografia del palcoscenico beneventano: un cambio di luci e di colori che difficilmente saprà tornare come è stato un tempo.

Anche nel nostro Sannio è scoppiata la bomba economica che se da un lato ha lasciato intatti edifici e palazzi, dall’altra ha danneggiato gravemente il già delicato e fragile tessuto sociale e come in un vero e proprio dopoguerra, sono pesanti le macerie finanziarie che è possibile vedere accumulate nelle botteghe delle viuzze cittadine: dalle più grandi alle più piccole; nessuna esclusa.

Molte insegne commerciali che coloravano, come proiettori scenici, il passeggio non ci sono più e allo stesso modo le vetrine sottostanti hanno sostituito espositori e manichini con gli annunci immobiliari in cerca di nuovi locatari. Per quanto nei mesi avvenire possa esserci un fisiologico e auspicabile rilancio dei consumi, è innegabile che questo anno di emergenza ha modificato usi e costumi di tutti noi, abituandoci oltremodo agli acquisti virtuali e alla fruizione di servizi online.

Dal più adulto al più piccolo è ormai consuetudine l’utilizzo di piattaforme digitali per acquistare beni e servizi e se internet era già una minaccia in tempi pre-crisi, ora sembra diventato il macigno insostenibile per tutte quelle attività che non sono riuscite a stare al passo con i tempi.

La necessità aguzza l’ingegno è molte attività locali hanno saputo intercettare le nuove opportunità del cambiamento per aggiornare e reinventare il proprio commercio, ma è altrettanto vero che a pagarne il prezzo sono stati, come sempre, le realtà più deboli.

Sostituito il reale con il digitale, cessata ogni restrizione sanitaria, molti saranno così abituati ad un nuovo stile di vita che riprendere le “vecchie” abitudini sarà quasi come imparare nuovamente a fare quelle azioni che un tempo ci sembravano normali: andare al cinema invece che vedere un film alla tv, mangiare una pizza al ristorante anziché ordinarla per l’asporto.

In un modo o nell’altro dovremo tornare ad occupare quegli spazi che ci appartengono, siano esse le vie del centro storico o i tavolini di una trattoria di periferia; non più riunioni al computer ma vere e proprie comitive di amici pronte a marciare chiassose con l’immancabile traffico di persone, animali, auto e biciclette.

Secondo alcuni autorevoli studi, la ritrovata libertà che, si spera, potremo riavere a breve, porterà un inedito disorientamento iniziale come poche volte sperimentato nella moderna società dove tutto sembrava eterno e indistruttibile e che invece in un niente è stato completamente stravolto.

Difficile sarà colmare quella distanza sociale alla quale ci siamo abituati e, quando sarà possibile farlo, i gesti più semplici come salutarsi con una stretta di mano o concedersi un abbraccio tra conoscenti sembrerà inizialmente un gesto innaturale, quasi goffo e pasticciato.

Per una città come Benevento sarà vitale ritrovare il flusso di persone necessario alla ripresa economica gravemente compromessa e solo con un ritorno alle abitudini semplici del passato sarà possibile dare nuovamente colore a questo agglomerato urbano dalla secolare storia.

Se è vero che molte aziende e imprese sono state spazzate via da questi mesi nefasti è altrettanto vero che quelle rimaste, quelle che hanno resistito, avranno bisogno di tutto il supporto possibile affinché possa aversi una vera ripresa a beneficio dell’intera comunità.

Ovviamente questo non significa chiudersi alle nuove tecnologie o demonizzare gli acquisti virtuali con le loro vetrine internazionali, ma è altrettanto vero che, dove possibile, il preferire un acquisto a “chilometro zero” di uno stesso identico prodotto o servizio, sarà un piccolo grande contributo al benessere di una intera città.

ANTONINO IORIO