A chi interessa veramente il patrimonio Unesco e il turismo a Benevento? In primo piano

La Via Appia potrebbe tornare al suo antico splendore? Per anni abbandonata a se stessa, essa potrebbe oggi trasformarsi in un cammino di Santiago tutto italiano. O almeno si spera. Lo scorso venerdì 28 febbraio nel programma PresaDiretta, in onda su Rai 3 e fruibile anche online su www.raiplay.it, si è parlato di un progetto di riqualificazione voluto dal Ministero della Cultura.

Voluta per scopi militari dal politico e letterato romano Appio Claudio, la Via Appia, detta regina viarum (come la definì nel I sec. d. C. il poeta romano Publio Papinio Stazio), è una lunga linea di 612 km che collega il Tirreno all’Adriatico. Fu costruita nel 312 a.C. ed è costellata, lungo tutto il suo percorso, delle più disparate meraviglie architettoniche.

Le tappe, di venti km ciascuna, in cui si snoda il cammino sono 29: Roma, Albano Laziale, Cisterna Latina, Borgo Faiti, Fondi, Formia, Minturno, Mondragone, Capua, Maddaloni, Montesarchio, Benevento, Passo di Mirabella, Borgo le Taverne, Bisaccia, Ponte Santa Venere, Madonna di Macera, Venosa, Palazzo San Gervasio, Triputti, Gravina, Maccaronaro, Masseria Miseria, Palangiano, Taranto, Le Monache, Oria, Mesagne. L’indotto turistico del progetto, denominato “Appia Regina Viarum”, è stimato in trenta milioni l’anno. Rispetto ad altri percorsi europei, questo è sicuramente il più antico e il più rinomato per le antichità classiche. Diversi tratti del percorso sono spariti nel nulla ed il progetto in questione punta soprattutto al recupero di questi ultimi, apportando enormi vantaggi economici e turistici alle aree più interne ed ai paesini meno conosciuti.

Le telecamere di PresaDiretta, che hanno velocemente mostrato l’intero percorso e le sue attuali problematiche, hanno dedicato delle belle inquadrature al Ponte Leproso e all’Arco Traiano di Benevento. Il primo fu fortemente voluto dallo stesso Appio Claudio, il secondo racconta le gesta dell’Imperatore che portò Roma al suo massimo splendore.

Siamo andati a visionare il sito web del Ministero per i Beni Culturali, ed effettivamente (al link www.programmazionestrategica.beniculturali.it/?page_id=421) è scritto che tale progetto è stato presentato presso il Complesso di Capo Bove a Roma lo scorso 23 settembre 2015 e che per questo lavoro di recupero e valorizzazione del tracciato - di cui è riportata un’esplicativa cartina geografica - è previsto lo stanziamento di venti milioni di euro. È precisato che esso «si colloca nell’ambito del Piano stralcio per l’area tematica Cultura e turismo (1 miliardo di euro), approvato dal CIPE il 1 maggio 2016 Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) 2014-2020, e finalizzato ad un’azione di rafforzamento dell’offerta culturale del nostro Paese e di potenziamento della fruizione turistica, con interventi per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e nell’ottica di ampliamento delle risorse culturali materiali e immateriali, con particolare riguardo al Sistema museale italiano.

Il progetto si inserisce nel contesto del museo diffuso che valorizza l’importanza dei cammini e vede il coinvolgimento di tutti i territori interessati dall’antica consolare».

In un link collocato a destra è possibile anche scaricare l’intero progetto. L’auspicio, come è scritto alla pagina 15 dell’opuscolo, è quello di iscrivere l’Appia nella Lista del Patrimonio dell’Umanità posta sotto la tutela dell’Unesco. L’antica strada romana, che per tanto tempo ha legato popoli e culture differenti, viene quindi rivisitata sotto la forma di un turismo lento, individuando lungo il tragitto gli elementi più interessanti sotto il profilo storico-architettonico-archeologico e naturalistico. Si pensa di ideare un logo dedicato al riconoscimento visivo del cammino, creare un sito web ed una APP dedicata, bonificare tutta la zona interessata e dotarla di cartellonistica adeguata. Per poi passare all’offerta integrata di tipo ricettivo e culturale. Ma tutto ciò richiede il coinvolgimento dell’imprenditorialità, delle istituzioni e delle comunità locali.

Il progetto è intanto lì da circa quattro anni. Servirebbe una spintarella anche a livello politico istituzionale per farlo partire. Una dimostrazione di interesse anche da parte della nostra città, in cui il turismo langue ed i giovani fuggono in cerca di migliori opportunità. Anche se fa specie sapere che al tavolo istituzionale promosso recentemente dall’assessore alla Cultura di Benevento siano mancati i rappresentanti della Soprintendenza e della Camera di Commercio, che, come ha detto l’assessore Del Prete, “non si sono degnati neanche di rispondere all’invito”.

Nulla di cui meravigliarsi, se nemmeno l’ente Provincia ha risposto ad una richiesta di acquisto copie di una accurata guida turistica a colori su Benevento, data alle stampe da chi vi scrive questo pezzo. Mentre nelle edicole e nelle librerie mi dicono che c’è un’ampia richiesta di questo genere di pubblicazioni (anche perché sulla piazza non esiste nulla come questo libro che, a titolo puramente indicativo, si chiama 25 luoghi imperdibili della città di Benevento ed è l’unica pubblicazione che riporta sulla copertina la dicitura “Patrimonio Unesco della Langobardia Minor”).

La domanda, a questo punto è: a chi interessa veramente il patrimonio Unesco ed il turismo a Benevento? Forse a nessuno se, come ha affermato il giornalista Nico De Vincentiis, molto attento a questo settore e presente a quel tavolo istituzionale: «Nella graduatoria del turismo ci precede anche Avellino. Evidentemente qualcosa non sta funzionando. Se passa un ispettore con la licenza di cancellare il sito, potrebbe farlo. Gli basta entrare nel Chiostro di Santa Sofia, proprietà della provincia, che versa in una condizione squallida di degrado».

LUCIA GANGALE

Foto di Gianluca Amato