Al Musa la Fiera di San Giuseppe In primo piano

Fascia tricolore, taglio di nastri, assembramenti di assessori in favore di telecamera, manciate di ottimismo dopo due anni saltati causa Covid. La Fiera di San Giuseppe nei pressi dello Stadio Ciro Vigorito ci ha offerto un sostanzioso anticipo di normalizzazione, pur con la scoperta in extremis che il sabato 19 marzo allo stesso posto doveva saltare il settimanale mercatino.

Non solo per salvare gli interessi degli ambulanti e le esigenze delle famiglie che frequentano il mercatino del sabato, ma per dare una sede stabile e logisticamente attrezzata ci permettiamo di suggerire per la Fiera di San Giuseppe come sede stabile l’area del MUSA a Piano Cappelle.

Non dovrebbe essere difficile la formalizzazione di una intesa tra il Comune e la Provincia, che del MUSA (e dell’area sulla quale è esteso) è proprietaria. La Fiera di San Giuseppe è tradizionalmente un momento di incontro tra coltivatori e consumatori dei prodotti della terra. Si è discusso da anni di trovarle stabilità di date e di location. Pur tra sforzi generosi, non si è trovato di meglio che un tratto di viabilità cittadina chiusa per qualche giorno e recintata alla buona, per consentire l’incontro di espositori e acquirenti. Con tutti gli sforzi di fantasia, una fiera dell’agricoltura veniva confinata in un angolo urbano, con tutti i limiti della provvisorietà.

Pensando al MUSA, invece, la Fiera di San Giuseppe si troverebbe naturalmente ambientata in una visione campestre, in una pianura coltivata, con storiche aziende agricole (un solo nome, quello di Zolli) e quasi contiguo l’Istituto Professionale per l’Agricoltura “Mario Vetrone”. Chi più degli studenti di questo istituto dovrebbe essere il visitatore primario della Fiera? E perché mai lo stesso Istituto non potrebbe assumere un ruolo di partner organizzativo della Fiera?

Il MUSA, apprezzato a livello nazionale dalle migliori associazioni del mondo rurale, è stato vittima di quella malattia chiamata “discontinuità”, che è attecchita anche alla Provincia, soprattutto dopo i dieci anni di regno di Carmine Nardone. Fu il compagno di partito Aniello Cimitile a fare di tutto per “distinguersi” dal predecessore, non solo per la colpa di tenere alla terra, ma anche per le innovazioni tecnologiche (il MARS e la tecnologia satellitare) e per il contagio (tramite Bassolino) con l’arte contemporanea.

Il MUSA non è solamente una raccolta di rare macchine agricole nazionali ed estere, ma è anche una preziosa fonte di osservazione e di studio di uno spaccato della società agricola dei primi anni del Novecento. Sono ricostruite le condizioni di vita delle famiglie contadine, gli arredi familiari, gli ambienti e la suppellettile, nonché l’organizzazione delle stalle e dei capannoni e sono rappresentate con foto e tabelle le informazioni essenziali della storia dell’agricoltura.

La esposizione dei prodotti in vendita, sia la parte arborea e sia quella tecnologica e meccanica, si sposerebbe egregiamente con i fabbricati in tufo della esposizione permanente e con gli spazi esterni. C’è inoltre, in fondo ad un prato costantemente manutenuto un palco per interventi musicali, spettacoli di folklore, convegni di studiosi. E c’è spazio per gli stand nell’ampio spiazzo laterale e in quello di fronte, dove è facile allestire tendoni, come fu per una Fiera del turismo ambientale di tanti anni fa.

Dal punto di vista della sicurezza, tutto il complesso (esteso per circa diecimila metri quadri) è recintato a garanzia per gli espositori. Le strade di accesso da Benevento sono tre, qualcuna si potrebbe migliorare. Spazi per i parcheggi si potrebbero incrementare facendo ricorso, con apposita convenzione, alla disponibilità di aree all’interno dell’Istituto “Mario Vetrone”. L’istituzione di autobus navette sarebbe la migliore dimostrazione di attenzione alla salutare atmosfera agricola che pretende e garantisce serenità, rispetto dei ritmi vitali.

Volendo presentare alle nuove generazioni di amministratori gli intendimenti di chi questo MUSA ha immaginato, oltre alla Fiera di San Giuseppe, si potrebbero impiantare altre manifestazioni legate alle stagioni e alla vita dei campi. Così, tanto, per avere una idea: la festa della Trebbiatura, la Festa dell’Uva, la “riceva” del tabacco, la morte del maiale.

Al MUSA ci sono già servizi di accoglienza (bar, toilette), ma si possono integrare e aumentare stante la disponibilità di acqua e elettricità.

Solo per ritornare alla Fiera di San Giuseppe, si aprirebbe una prospettiva a sfondo territoriale. Una vera Fiera di Primavera dell’Agricoltura Campana.

MARIO PEDICINI