Al Sannio il primato per la carne bovina e il vino In primo piano

Nella seconda metà del secolo scorso le due gambe dell’agricoltura sannita erano costituite dal tabacco e dal vino. In quello stesso periodo, nell’uno e nell’altro comparto, sono intervenuti profondi cambiamenti tecnico-produttivi ed economico-mercantili. Ma alla fine del secolo la gamba tabacco entra in una crisi irreversibile, soprattutto per effetto del cambiamento della politica agricola europea. Non era difficile immaginare un forte e veloce declino di tutto il settore agricolo a seguito della crisi del tabacco con forti riflessi sull’intera economia provinciale. Non si riusciva ad intravedere una positiva alternativa al tabacco. Ma quello che non avevamo saputo prevedere noi - né come economisti, né come managers politici - lo avevano invece immaginato alcuni modesti coltivatori, operanti tra il Fortore e l’Alto Tamaro. Difatti con il consueto pessimismo contadino non si erano cullati sulla inossidabile epopea del tabacco, che peraltro giudicavano troppo effervescente per poter essere duratura.

L’incomparabile reddito della tabacchicoltura, sostenuto dalle misure europee, veniva da molti considerato quasi come una fortunata lotteria, per cui i più realisti si preoccupavano di fare qualche accorto investimento con quegli eccezionali ricavi dal tabacco. Ebbero ragione i coltivatori che pensarono di utilizzare quei notevoli guadagni per tenere in vita un comparto agricolo storico delle nostre zone, che negli ultimi anni era entrato in forte crisi: la zootecnia da carne.

A partire dagli anni 90 si notò una qualche ripresa dell’allevamento bovino di razza marchigiana, soprattutto nell’area di San Giorgio La Molara e dintorni, rianimando così il libro genealogico istituito presso l’Associazione Allevatori, nei lontani anni 50, dall’allora capo dell’Ispettorato Agrario, Ambrosino e tenuto in vita successivamente dai suoi successori, Gambacorta e Bocchini. A questi nomi - soprattutto al dr. Antonio Bocchini - si deve la coraggiosa, ma lungimirante difesa della zootecnia nel Sannio. Quello che era stato da loro seminato nella seconda metà del secolo fu poi coltivato, con maggiore convinzione, quando appunto cominciò ad emergere un’altra gamba dell’agricoltura sannita, in sostituzione di quella tabacchicola che cominciava ad anchilosarsi. I tabacco-allevatori iniziarono a muoversi su quella tenue linea di cambiamento e quindi posero le fondamenta di quella che oggi è un’eccellenza agroalimentare del Sannio: la carne marchigiana IGP.

Indubbiamente oggi il Sannio vitivinicolo esprime più di un primato per quantità ma anche per qualità, soprattutto qualità certificata (IGP, DOP, DOCG), ma anche la carne bovina sannita ha raggiunto un grande primato. Difatti la carne certificata “IGP - vitellone bianco dell’Appennino”, prodotta in Campania, per il 70% proviene dagli allevamenti sanniti del Fortore-Tammaro.

Oggi il patrimonio sannita di bovini razza marchigiana è di 7.000 capi, allevati in 300 stalle in cui si produce carne di qualità certificata: 111 di quelle stalle sono localizzate a San Giorgio La Molara, che detiene una larga maggioranza, cioè più di un terzo del totale provinciale, seguita da Morcone con 33 stalle, San Marco dei Cavoti con 19. Ogni anno nel Sannio vengono macellati oltre 1300 vitelli IGP di razza marchigiana certificati.

Quindi l’agroalimentare della nostra provincia segna due importanti primati: il vino, cui è stato incontestabilmente assegnato un titolo europeo. Siamo i primi in Campania, non solo per quantità di uva ma anche per qualità di vino. E siamo i primi anche per qualità di carne bovina, che peraltro è fortemente competitiva rispetto a tutte le altre carni IGP italiane, dalla Piemontese, alla Romagnola, alla Chianina, ecc.

Se la capitale della vitivinicoltura sannita può essere contesa tra Guardia Sanframondi, Solopaca e Torrecuso, la capitale della carne si situa incontestabilmente a San Giorgio La Molara.

Un merito va riconosciuto a quel pugno di coltivatori sangiorgesi che quarant’anni fa, nel pieno dell’epopea tabacchicola, ebbero il coraggio di non sacrificare le povere stalle di bovini da carne. San Giorgio, anche per questo, è da considerare la capitale della carne bovina di qualità del Centro-Sud.

ROBERTO COSTANZO