Alla Campania serve una rigenerazione urbana o un assetto territoriale... In primo piano

In alcuni articoli apparsi negli ultimi tempi sui principali giornali di Napoli sembra che si voglia insistere sulla riqualificazione dell’area metropolitana a prescindere dalla crisi geoeconomica in cui versa l’80% del territorio regionale, ossia la cosiddetta dorsale appenninica.

Si scrive quotidianamente di “Cambio di Paradigma”, quindi di incenti finanziamenti per ristrutturare i Campi Flegrei, colpiti dal bradisismo, e di tanti altri interventi volti ad intensificare gli insediamenti lungo la fascia costiera, ma non si pensa ad un loro, almeno parziale, ribaltamento verso la dorsale appenninica. Sono passati 55 anni dai tempi della nascita della Regione, quando si parlava di “ipotesi di assetto territoriale” per porre rimedio a quella che era “una superficie regionale male utilizzata, una popolazione mal distribuita; un modello di sviluppo economico lento, episodico, disarmonico”. Si pensava e si discuteva, 55 anni fa, di problemi non molto diversi da quelli di oggi. Il sottoscritto ne parlò anche in un libro, pubblicato nel 1970, con il titolo “La Campania non finisce a Capodichino”, in cui si tentava di contestare il mito della concentrazione lungo la fascia costiera e di evidenziare la “ricchezza dei poveri”, cioè le fondamentali risorse naturali delle aree appenniniche, che meritavano di essere valorizzate ma non semplicemente sfruttate.

Allora, come ora, non era facile attrarre attenzione sui veri problemi di “una Regione da salvare”, benchè fossero già in atto i dibattiti suscitati dalla relazione del Provveditore alle Opere Pubbliche, Prof.Travaglini, sulle ipotesi di assetto territoriale. I problemi da affrontare secondo quelle “ipotesi” si potevano così riassumere: l’area napoletana ha un troppo elevato grado di densità demografica e di squilibrio umano ed urbanistico; la popolazione residente nella provincia di Napoli, che copre soltanto l’8% del territorio regionale, non dovrebbe superare un milione e mezzo di abitanti, eppure attualmente è giunta alla cifra di 3 milioni, sul totale di 5.500.000 attualmente residenti in Campania; cioè il 58% dei cittadini campani è insediato su uno spazio che rappresenta soltanto l’8% della superficie regionale.

Nelle zone interne della regione, quasi tutte di collina e montagna, invece si verificava un grave degradamento di ordine demografico, economico, geologico e urbanistico. In quel libro del 1970 si ricordava che dalle ipotesi di assetto territoriale avrebbe preso avvio il Piano Territoriale di Coordinamento della nostra regione, partendo dalla redistribuzione produttiva e demografica sul territorio, puntando essenzialmente su un’ampia rivalutazione delle zone interne di collina e montagna.

Allora si usava il termine “ribaltamento dalla fascia costiera verso le aree interne”. Tutto questo veniva dibattuto 55 anni fa negli eventi politici e quindi descritto ed evidenziato, con relative proposte risolutive, nel cosiddetto “Piano di assetto territoriale”, oggi totalmente dimenticato. Non se ne trovano tracce neanche nei documenti di archivio. Parlare di assetto territoriale o di ribaltamento oggi significa porsi fuori dalla storia. Cinquant’anni fa almeno se ne parlava. Oggi invece si continua ad inneggiare al cosiddetto “Cambio di Paradigma”, quindi alla “Rigenerazione urbana” dell’area metropolitana, ma non al riassetto territoriale di tutta la regione. Indubbiamente un positivo impegno lo esercitano i sostenitori dello SNAI, che promuove e consente finanziamenti di progetti dei Comuni montani; però si ha l’impressione che tutto si fondi sul concetto che le aree interne esprimono soltanto una povertà da assistere e non una ricchezza da valorizzare e compensare.

Quindi non sarà la “rigenerazione urbana” dell’area metropolitana a salvare e rianimare la Campania. Ci vuole altro. Questo altro, forse, lo potrebbero trovare i consiglieri regionali eletti nel Sannio ed in Irpinia se sentissero almeno la curiosità di andare a cercare negli archivi della Regione quei documenti sul Piano di assetto territoriale, allo scopo di aprire un dibattito,almeno un dibattito, su quello che si intendeva 55 anni fa per ribaltamento dalla fascia costiera alla dorsale appenninica. Almeno un dibattito sulla Campania che non può finire a Capodichino.

ROBERTO COSTANZO