Anche a Napoli si parla di aree interne motrici di sviluppo In primo piano

“Le aree interne sono decisive per lo sviluppo del Sud” afferma Costanzo Iannotti Pecci, presidente di Confindustria partenopea (così riporta il Mattino dell’otto marzo o.s.); e quindi denuncia il “sovraffollamento demografico di Napoli e dell’area metropolitana a fronte del quale” vi sono i territori dell’alto casertano, dell’avellinese e del Sannio con potenzialità di crescita inespresse che potrebbero rappresentare un orizzonte strategico per un’espansione demografica, economica e occupazionale, indotta da una parziale delocalizzazione di funzioni e conseguenti flussi”.

Con queste affermazioni il presidente degli industriali napoletani ci fa tornare alla memoria l’espressione che usava settanta anni fa il prof Manlio Rossi Doria, che parlava appunto di “ribaltamento dalla fascia costiera alla dorsale appenninica”. Strano che queste cose oggi vengano a dircelo personalità imprenditoriali e scientifiche dell’area napoletana, come Iannotti Pecci ed il prof Giannola, presidente della SVIMEZ; mentre qui nel Sannio un po' tutti parlano solo della povertà delle zone interne e dei relativi bisogni di assistenza, ma non di “risorse da riconoscere e compensare”.

Oggi il prof Giannola parla di necessità di sfollamenti nell’area metropolitana della dimensione di 550 mila persone e quindi di ripopolamento della dorsale appenninica e ciò anche per alleggerire i territori sottoposti a rischio bradisismo.

Quindi si comincia a rileggere i progetti di Rossi Doria e quindi capire che le aree interne non sono “parenti poveri da assistere” bensì un essenziale motore di sviluppo per tutta la regione.

55 anni fa, all’epoca in cui si insediò l’Ente Regione si ebbe l’impressione si volesse muovere nel senso indicato da Rossi Doria, soprattutto con il documento del CRPE(Comitato Regionale Programmazione Economica) sull’assetto territoriale ma poi l’attenzione fu attratta da altri problemi. E si ritornò a parlare3 di zone interne povere e bisognose di aiuto, dimenticando che quello che serve per la vita e l’economica della Regione proviene quasi totalmente dalla dorsale appenninica: acque, energie rinnovabili, risorse geo ambientali.

Quello che oggi scrivono Iannotti Pecci e Giannoli non va soltanto letto, bensì usato come base per avviare un vero e proprio processo di riequilibrio territoriale dell’intera regione, non per “assistere” le cosiddette zone depresse ma per utilizzare con una vera strategia di sviluppo le “ricche” potenzialità della dorsale appenninica. La crisi non lieve dell’addensamento dell’area metropolitana non è meno grave della desertificazione delle aree interne: da una parte 3.000 abitanti per km2, dall’altra soltanto 110, a fronte di una media regionale di 400 residenti per km2. Si tratta di un inconcepibile addensamento determinato anche dagli eccessivi insediamenti produttivi e di servizi pubblici, quali i policlinici e le sedi universitarie. Pertanto, quando si parla di ribaltamento dalla fascia costiera alle zone interne non ci si riferisce al puro e semplice sfollamento di popolazione ma ad in contestuale trasferimento di strutture ed infrastrutture sia civili che produttive. Anche gli incontenibili rischi del bradisismo nonché quelli delle eruzioni vulcaniche richiedono un alleggerimento degli insediamenti dell’area metropolitana.

Quindi vi è un urgente bisogno di un Piano di riassetto territoriale che possa creare un largo e profondo riequilibrio di tutta la regione e fra tutte le province della regione. Dire queste cose non significa fantasticare: ripopolare le zone interne e spopolare l’area metropolitana servono all’una e all’altra parte della regione. Nel prossimo decennio queste cose dovranno essere attuate e non soltanto previste ed invocate. Una grande e bella ed anche ricca regione come la Campania si salva soltanto se saprà creare un consistente riequilibrio socio-economico tra le due aree oggi troppo differente l’una dall’altra. Ci pensino i consiglieri regionali, gli amministratori provinciali e locali. Le zone interne non si salvano con gli aiuti assistenziali; l’area metropolitana non si salva senza il coinvolgimento delle zone interne.

ROBERTO COSTANZO