Ci sarà un Trump anche a Benevento? In primo piano
Come vedete, dall’America arriva la novità di Trump che, dopo quattro anni di forzata astinenza, è arrivato così carico alle elezioni da poter stracciare la candidata del partito uscente dalla Casa Bianca.
In questo lembo di territorio mediterraneo chiamato Campania, non ci sono cinquanta stati come negli USA ma cinque province. Travestito da Trump c’è un signore della provincia di Salerno che ha convinto il governo regionale che la regola secondo la quale il presidente della Regione può essere eletto solo due volte inizia a funzionare da quando il consiglio regionale stesso decide di iniziare la conta. Così si può rispettare la regola secondo la quale un presidente di regione non può stare a cavallo per più di due legislature, cioè dieci anni. Nessuno impone di sbrigarsi a recepire la legge statale. La ingiunzione di Roma (due soli mandati e poi a casa) deve essere accettata e fatta propria dalla Regione. Da sola non vale niente. Per anni è stata tenuta in naftalina e avrebbe potuto pure restarci se non si fosse abbassato a farlo il principe di Salerno divenuto re di Napoli.
Che cos’è la rivolta dei Trumpiani con l’assalto al Campidoglio di Washington di fronte alla votazione dei consiglieri regionali della Campania? Tenete presente che a Napoli si è votato prima che Trump vincesse negli USA. La classe dirigente di questa Regione, cioè, non ha bisogno di copiare quel che fanno gli altri. Può fare da sola e nulla vieta che un domani possa imitare direttamente Putin elevando sulla cattedra regionale a vita l’uomo venuto da Salerno.
Quali sarebbero le conseguenze di una simile chiamata popolare? Che qualcuno pensi sia opportuno correre in aiuto al rivoluzionario? Qual è la strada? La Via Appia? No, l’Appia non passa per Napoli.
C’è un’altra strada che congiunge Benevento al potente presidente di Regione, che a Napoli ci va per lavorare (per il bene nostro). Questa strada una volta si chiamava SS 88dei Due Principati e collegava direttamente (si fa per dire, c’erano curve e saliscendi) Benevento e Salerno. I due Principati erano quelli dei Longobardi, a Salerno hanno intitolato ad Arechi il campo sportivo, a Benevento ci basta e avanza che Arechi passi dal piazzale dell’ex collegio La Salle alla provvisoria stazione delle corriere paesane.
Con opportune peregrinazioni lungo la SS 88 possono maturare alleanze capaci di resistere alle intimazioni del Partito Comunista romano e alle sfarinate legioni in allestimento dalla nuova luce del centrodestra, quel Fulvio Martusciello che trent’anni fa (tramite consanguineo) sognava Berlusconi da un ufficio bancario di Benevento.
C’è chi dice che le trattative non si sono mai interrotte e il ribaltamento degli assi strategici sia possibile con altrettanto fantasiose escogitazioni, come ad esempio un potenziamento di valore dei voti espressi nelle zone collinari e di montagna. Bloccando sul nascere possibili spostamenti di residenza a fini elettorali e varando una legge che attribuisca ai voti montani un moltiplicatore di senso, il ribaltamento delle aree interne sopra la placida pianura napoletana porterebbe ad una vera rivoluzione. D’altra parte a Benevento, nel 1860, mentre Garibaldi risaliva dalla Calabria, a cacciare dalla Rocca dei Rettori il delegato pontificio furono disarmati temerari delle zone interne.
L’unico inconveniente storico è che quei beneventani (Salvatore Rampone e compagnia) mai chiesero di andare con Napoli. Garibaldi non fece una piega perché pure lui guardava più a Nord. Oggi si tratterebbe di portare a 4 province la Regione Campania, lasciando a Napoli e provincia il privilegio di città metropolitana.
A ben riflettere, infatti, che ci azzecca la città metropolitana, con tutti i suoi privilegi, a stare nella Regione Campania, se non a occupare sedie che potrebbero essere riscaldate da nerboruti montanari delle quattro province? Quattro come le gloriose giornate scaccia-tedeschi.
Una regione con fuori la città metropolitana potrebbe piacere anche a quelle altre dieci regioni che hanno (senza scendere in dettagli) i rispettivi capoluoghi sulle scatolette.
Una volta si diceva la fantasia al potere. Purtroppo vinse quel signore comunista che travisò lo slogan in la fantasia al podere, precisando pure La Terra ai Carandini.
MARIO PEDICINI