Diamo valore al lavoro creativo, il benessere parte dal bello In primo piano

Dopo anni di parole “al vento”, c’è finalmente consapevolezza che la crescita e la ricchezza di Paese passa dalla crescita e la ricchezza di un marchio, di un’eccellenza, che rappresenta l’identità di un territorio. Da difendere e valorizzare. Raccontare e tramandare. Ecco uno stralcio dell’intervento del premier Meloni all’inaugurazione del 61° Salone del Mobile a Milano, in programma alla Fiera di Rho-Pero fino al 23 aprile.

In questo salone c’è un elemento fondamentale della nostra economia: il marchio, l’eccellenza. In tempo di globalizzazione, l’Italia non può darsi come obiettivo quello di competere sulla quantità di quello che produce, ma c’è una cosa sulla quale tutto il resto del mondo non compete con l’Italia, che è la qualità di quello che noi produciamo. Il marchio, è la cosa più preziosa che abbiamo; a patto che siamo in grado di difendere e valorizzare. Nelle prossime settimane siamo pronti a portare in Consiglio dei ministri il collegato alla manovra finanziaria che ha come obiettivo il tema della “valorizzazione del marchio”. Una sorta di Legge quadro per valorizzare le nostre eccellenze, puntando su tre pilastri: la lotta senza quartiere alla contraffazione e alla concorrenza sleale, quindi con tutela dei brevetti e dei marchi; strumenti finanziari per far crescere le piccole e medie imprese, particolarmente nei settori dell’eccellenza; formazione e competenze. Perché vedete, io penso che in questa Nazione serva una ‘rivoluzione culturale’ per mettere al centro il lavoro creativo italiano.

Noi abbiamo un disperato bisogno di rafforzare le competenze, che mancano, e allineare domanda ed offerta di lavoro. Non possiamo accettare, cioè, che mentre noi continuiamo ad accapigliarci sul tema ‘reddito di cittadinanza’ poi le imprese dichiarino che in 4 casi su 10 hanno difficoltà a trovare manodopera, qualificata, per lavori che sono ottimamente retribuiti. Bisogna riallineare quelle competenze. Ecco la sfida di un “Liceo del made in Italy”, cioè una rivoluzione culturale che dica quanto la nostra identità è legata anche ai settori che sono connessi al nostro marchio, che da alcuni è stata guardata dall’alto in basso: in realtà, è secondo me una delle soluzioni a questo problema. Come anche il tema degli ITS, che devono secondo noi evolversi ed essere focalizzati sempre di più sulle tecnologie digitali. E poi serve favorire la trasmissione del sapere tra chi è prossimo all’età pensionabile e le nuove generazioni che, a quel sapere e a quella continuità, possono aggiungere ‘innovazione’. Perché in questo salone ci sono due altre sfide del nostro tempo: c’è il tema dell’innovazione in rapporto alla tradizione e c’è il tema della “sostenibilità”. E questa è un’altra grande questione, un tema molto sentito dalla filiera legno-arredo.

Noi in Italia abbiamo un patrimonio boschivo che non è utilizzato se non in minima parte, ovviamente rispetto alla sua crescita annua; i nostri produttori in diversi casi non riescono ad utilizzare questo patrimonio perché ovviamente c’è una mancanza di strategia forestale per la solita burocrazia ed accade che, in diversi casi, quel legno, si compri all’estero! Io credo che anche lì si possa fare qualcosa di più, per cui insieme ai Ministeri interessati stiamo disegnando una cornice che possa rendere quel settore indipendente, coniugando sostenibilità ambientale e sostenibilità economica. Il processo è lungo ma l’obiettivo è chiaro: vogliamo puntare ad una filiera del legno-arredo 100% made in Italy. E questi obiettivi, sono obiettivi sui quali siamo già al lavoro.

A tutto questo si aggiungono il fondo per il made in Italy, già istituito con la Legge di bilancio; le misure previste nel Piano Transizione 4.0, tra cui il credito d’imposta per le attività di disegn e d’ideazione estetica. E a monte di tutto c’è il tema delle “identità”: nei prodotti che noi vediamo qui esposti c’è un pezzo dell’identità italiana; ma quello che qui è rappresentato, è diventato e diventa sempre di più anche un pezzo delle identità singole delle persone. Prima della pandemia, prima dello smart working, prima di Internet e dei collegamenti live, la casa era la nostra dimensione privata, era il nostro rifugio; oggi è qualcosa di più: racconta la nostra identità, racconta il nostro modo di porci al cospetto del mondo. Oggi gli ambienti s’indossano esattamente come s’indossa un vestito. E quella capacità di raccontare un’identità, di raccontare un carattere e di definirci, fa di quello che noi vediamo qui, un elemento fondamentale del BENESSERE della persona: il benessere parte del bello. La SALUTE parte dal benessere. Quello che c’è qui, è un pezzo del nostro benessere e della nostra salute”.

GIUSEPPE CHIUSOLO