Esercitazioni di futuro In primo piano

Non si vede all’orizzonte chi possa mettere mano ad una rifondazione della Repubblica Italiana. La storia degli ultimi trent’anni certifica la crisi di molte rondelle del meccanismo di funzionamento delle varie istituzioni e dei rispettivi organismi. Basti pensare a quanti governi la presidenza si è dovuta assegnare a personaggi che non erano parlamentari. In altre parole, i parlamenti eletti democraticamente attraverso lo spiegamento di forze di partito non avevano le carte in regola per assumere le cariche di vertice del governo. Il bacino democratico, cioè il parlamento, non aveva i titoli. E chi aveva formato le liste per le elezioni? Quei partiti in sfacelo che sono materialmente del tutto scomparsi, solo il PD a conservare il nome di partito, mentre gli altri si propongono con le facce di comuni mortali, cioè di campeggiatori incontratisi per caso.

Ci si era illusi che Mani Pulite, con le sue azioni esaltate dalle TV dell’etere liberalizzato, avrebbe fatto pulizia. La corruzione, invece, corre veloce sulle ali delle meraviglie tecnologiche sostanzialmente incontrollabili.

Cadute le ideologie, sono crollati anche certi punti di riferimento di riconosciuta competenza e affidabilità, a partire dalla Chiesa cattolica per continuare con l’Università. Nell’economia sono pochi i retaggi di quella tradizione, fondata ai primi del Novecento, sulle famiglie i cui discendenti si sono venduto tutto per sbarcare sulla bella vita dei finanzieri (non la Guardia di Finanza).

In questo processo di disfacimento sono stati inventati improbabili postazioni di “governo diffuso” che servono solo a dispensare cariche e prebende, ingarbugliando l’identificazione e il funzionamento di funzioni pubbliche necessarie per il cittadino. Oggi pure per richiedere un certificato ci si deve rivolgere a qualche intermediario.

La stessa mania di cambiare i nomi dei ministeri ad ogni cambio di governo, oltre ad una oscena dispersione di pubblico denaro (per targhe, carta intestata, timbri, registri…), è la premessa di un disordine rispetto alla continuità che sarebbe il primo pregio di una sana amministrazione pubblica.

Del resto si è fatto sfoggio della discontinuità come di cambiamento e di progresso. Senza pensare che non può esserci futuro senza le radici (anche burocratiche) del passato.

Ecco qualche esempio. Benevento, che di alluvioni se ne intende (sabato scorso era l’anniversario di quella del fiume Sabato del 1969 e quattro giorni prima qualcuno ha ricordato quella del fiume Calore del 15 ottobre 2015), guarda attonita la televisione e se la prende con i cambiamenti globali, comoda scappatoia per guardarsi attorno e sfuggire a ogni responsabilità. Bologna e la santificata Emilia sott’acqua? Sarà colpa del governo di centrodestra. Non è possibile che una regione portata ad esempio (già nell’immediato dopoguerra da Benevento partivano ragazzini in direzione Reggio Emilia: ma ci andavano per imparare qualcosa!) finisca sott’acqua perché gli amministratori tra i più sagaci e onesti del pianeta abbiamo fatto costruire case e capannoni nelle fertili pianure, forse fertili proprio perché facevano affidamento su quell’acqua tanto necessaria all’agricoltura.

Guardandoci negli occhi, quanti enti esistono in provincia di Benevento a pagare stipendi senza vedere risultati? Perché gli scarichi fognari continuano ad arricchire flora e fauna dei nostri fiumi? Perché il Comune non ha fatto i lavori che andavano fatti con le maestranze di cui dispone e, invece, se n’è lavate le mani facendosi sostituire da un Commissario che (da quale anno è in carica?) non ha ancora messo una “prima pietra”? Perché lo stesso Comune, nonostante la garantita continuità operativa da una fedele maggioranza, ha affidato ad altri le contabilità degli anni pregressi, lavandosene le mani con il Commissario liquidatore, che anche qui non ha completato il lavoro? Da questa “soluzione” (?) che ci hanno guadagnato i contribuenti beneventani? Che dovranno mettere mano alla tasca per pagare ciò che non si è potuto accertare ed esigere?

Il nostro sindaco apre ad un orizzonte più vasto, proponendo una piccola città metropolitana (Benevento con la cerchia di comuni nel raggio di una quindicina di chilometri). Non bastano le gagliarde proposizioni di quella decina di città metropolitane sgorgate dalla disinvoltura di un governo sciupone, e neanche quelle di una città come Napoli (con Roma e Milano, le uniche a potersi autonomizzare con la l’aggettivo di metropolitana) per togliersi dalla mente simili fantasie?

Non è più onesto chiudere i comuni con meno di tremila abitanti, accorpare le comunità sotto un sindaco che faccia il sindaco e abbia gli strumenti per amministrare?

Non ci saranno più alluvioni? Di sicuro ci saranno molte meno comandanti di vigili urbani, meno segretari, meno spese di rappresentanza (auto e benzina comprese), di volontari di protezioni civili con relative attrezzature. Resteranno i cimiteri, ogni “utente” avrà la chiave e terrà in ordine il settore di competenza.

Che fine faranno le scuole? Non sono riuscito a trovare dal sito del Comune il numero dei nati a Benevento nell’anno 2023. Continuerò le ricerche e vi farò sapere.

MARIO PEDICINI