Fascismo e Repubblica In primo piano
L’Italia ha vinto nella seconda guerra mondiale? Ecco una domanda dalla cui risposta dovrebbe prendere vita il dibattito tuttora in corso tra una mescolanza di appartenenze variamente rappresentate.
E la Repubblica uscita fuori dal referendum istituzionale del 2 giugno 1946 è stata votata da italiani non fascisti, o anche da fascisti?
Che l’Italia si fosse lavata da tutte le responsabilità della guerra (innescata da nazismo e seguita dal fascismo) con la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943 era opinione accettata comodamente dalle popolazioni del Sud (territorio nel quale s’era rifugiato il Re) e da quella coraggiosa formazione di partigiani (di colori diversi, non solo rosso) che nel centronord era assoggettata comunque alla giurisdizione della Repubblica Sociale Italiana (detta anche di Salò).
Alla Conferenza della Pace a Parigi il rappresentante dell’Italia era il Ministro Pietro Nenni. Quando capì che per l’Italia non c’era posto tra le nazioni vincitrici e che, invece, si preparavano le dure condizioni del Trattato, se ne tornò in Italia e, alla firma del Trattato di Pace il 10 febbraio 1947, fu mandato un ambasciatore, Antonio Meli Lupi di Soragna. A Roma l’assemblea costituente recepì frettolosamente ciò che il Trattato imponeva (qualcuno si legga l’articolo 3 della Costituzione e lo confronti con l’art. 15 del Trattato) e diresse i suoi lavori verso la conclusione del 27 dicembre 1947: firma della Costituzione da parte del presidente provvisorio della Repubblica Enrico De Nicola ed entrata in vigore il 1° gennaio 1948.
Dal 2 giugno 1946 al 27 dicembre 1947 molte cose si chiarirono nella testa dei Costituenti e dei dirigenti dei partiti che si erano “contati” alle elezioni amministrative del 1946 e alla successiva elezione dell’Assemblea Costituente (che sostituiva anche il Parlamento). Ma quel che fu giocoforza accettare fu l’appartenenza dell’Italia neo-repubblicana al novero delle nazioni sconfitte nella distribuzione dei posti nello scacchiere internazionale. Il 1947 si era aperto con due eventi decisivi per il futuro: la scissione socialista con la creazione del Partito Socialista Democratico Italiano di Giuseppe Saragat e la visita di De Gasperi negli Stati Uniti, con la successiva cacciata dei comunisti dal governo. La scelta di campo di De Gasperi verso gli Stati Uniti non fu indolore. Comunisti e socialisti, indubbiamente presenti nelle azioni dei partigiani al Nord, si considerarono scippati…Qui comincia l’azione di monopolizzazione e della titolarità esclusiva della guerra partigiana.
E i fascisti? Dov’erano i fascisti? Ma, soprattutto, dove erano stati e come avevano votato il 2 giugno 1946? Monarchia o repubblica?
La Monarchia vinse da Roma in giù. La Repubblica vinse da Roma in su, tranne piccole isole monarchiche in Piemonte (ad esempio la Gribaudo in occasione di un incontro qui a Benevento ebbe a notare che Benevento, con il 75 per cento a favore della monarchia, aveva votato come la sua Cuneo, che pure vantava la presenza di partigiani come Giorgio Bocca). Votarono per la Repubblica innanzitutto gli anti-Savoia, quelli che ritenevano il Re “fuggito” a Brindisi e poi a Salerno uno che aveva abbandonato il campo, ma soprattutto quello che aveva fatto arrestare Mussolini all’esito del voto del Gran Consiglio del Fascismo il 25 luglio 1943. I voti a favore della Repubblica espressi al Nord e decisivi per la vittoria della Repubblica erano per buona parte voti di provenienza fascista. Si badi che a votare fu una corposa maggioranza di elettori (così come al Sud per la Monarchia).
La spaccatura del paese fu superata dalla fine della guerra e dalla divisione del mondo scritta nel trattato di Pace e consolidatasi poi con manovre politiche di aggregazione delle nazioni sconfitte ai due campi: Est con l’Unione Sovietica e Ovest con Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia.
Come è trattato il fascismo nella Costituzione?
La XII disposizione transitoria vieta “la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. E i fascisti che fine fanno? “…Sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista”.
75 anni dopo a nessun fascista o ex fascista si potrebbe chiedere una ripulitura. Non a norma di legge, ma solamente a livello culturale. Come mai? Ma è il sempre citato (non sempre integralmente) articolo 3: “Tutti hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Dov’è la fonte di questo basilare principio di uguaglianza? Eccolo, cari lettori. Sta nell’art. 15 del Trattato di Pace del 10 febbraio 1947. “L’Italia prenderà tutte le misure necessarie per assicurare a tutte le persone soggette alla sua giurisdizione, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione, il godimento dei diritto dell’uomo e delle libertà fondamentali, ivi compresa la libertà di espressione, di stampa, di diffusione, di culto, di opinione politica e di pubblica riunione”. (Tutti i corsivi e i grassetti sono miei).
Ecco la risposta a chi si chiede: Ma a che servono tutte queste guerre?
Ed ecco anche chiarito che, dopo essersi combattuti con le inevitabili atrocità di una guerra civile, fascisti e comunisti possono respirare l’aria di una costituzione di stampo liberale. Ricordiamocene il prossimo 25 aprile.
MARIO PEDICINI