Giovanni Fuccio, il giornalista galantuomo In primo piano

È veramente difficile, mentre ancora scorrono calde lacrime per la notizia appresa poco fa (1° giugno 2021, ndr), scrivere queste note per una persona che per me ha rappresentato tanto. I ricordi si accavallano in rapida sequenza, le lacrime continuano a scendere e rendono difficile anche scrivere queste righe, che mai avrei pensato di dover scrivere. E che sono insufficienti a rendere conto di una grande amicizia trentennale e di una vita così produttiva e intensa, quale è stata quella di Giovanni Fuccio, mio impareggiabile maestro di giornalismo ed editore, intellettuale di grande valore e prima ancora uomo gentile, dall’animo nobile e dalla grande tenacia e determinazione.

In queste ore stanno arrivando messaggi di cordoglio dal mondo delle istituzioni. Proprio quelle che non gli hanno mai tributato un riconoscimento o un encomio per il suo meritorio lavoro. Dal 1978 portava avanti un quindicinale, “Realtà Sannita”, che era anche l’unico giornale periodico rimasto in forma cartacea sulla piazza. Come editore aveva prodotto oltre 150 libri di storia locale, un patrimonio immenso che lascia come testamento spirituale alla sua terra.

Aveva portato a Benevento il premio dell’Odg “Fare il Giornale nelle Scuole”, dopo che lo stesso aveva fatto tappa a Roma. Instancabile organizzatore culturale, promuoveva continue presentazioni di libri delle edizioni “Realtà Sannita” che erano sempre gremite di gente. Come facesse, per me rimane ancora un mistero. Forse era il potere della sua immensa dolcezza e gentilezza, oltre che dell’offrire pubblicazioni di indiscutibile qualità, curate in ogni minimo dettaglio, in maniera maniacale. Ma non si fermava a questo. La sua riconosciuta indiscussa autorevolezza ne facevano un conferenziere assai richiesto dovunque. E poi c’erano i mega workshop sul mestiere del giornalista, che molti anni fa aveva organizzato nella prestigiosa sede di Villa dei Papi a Benevento.

Laureato in Filosofia e in Scienze Politiche, ha insegnato per anni all’Istituto per Ragionieri “Alberti” di Benevento. Mi raccontava sempre che la sua carriera di insegnante e quella di sua moglie erano iniziate in Veneto. Alfredo Pietronigro, direttore di Gazzetta di Benevento, di lui scrive: «È stato impegnato anche in politica con il Movimento Sociale Italiano ed è stato eletto consigliere comunale e candidato alla Camera dei Deputati» .

È stato Consigliere Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e Presidente dell’Assostampa Sannita.

Molti sanno, altri fanno finta di non sapere, che è stato il primo a battersi dalle colonne del suo giornale per far sì che Benevento avesse una propria sede universitaria.

Bibliofilo nel vero senso del termine, per alcuni anni ha promosso a Benevento una fiera libraria che si svolgeva nel chiostro di San Francesco a Piazza Dogana, Benevento.

Come detto, la politica che vive di passerelle e di premi a improbabili personaggi di cui si è smarrito anche il ricordo, non gli ha mai riconosciuto niente. Ma chi frequentava assiduamente il mondo della stampa locale, sapeva benissimo, d’altro canto, che le invidie non sono mancate attorno ai successi del professore Fuccio.

Fare giornalismo in provincia non è facile e Fuccio lo sapeva. Il suo stile editoriale era inconfondibile: mai urlato, mai scandalistico, eppure sempre deciso e coerente nella sua sobrietà. Figlio di quell’indipendenza di pensiero che egli ha sempre difeso con le unghie e con i denti, così come ha sempre difeso l’intera categoria dei giornalisti sanniti, compresi coloro che non lo avrebbero meritato. Forse proprio per questa sua indipendenza i cosiddetti “potenti” non lo hanno mai premiato.

Io l’ho sempre chiamato “direttore”. C’era chi lo chiamava “professore”, chi “dottor Fuccio”. Il suo garbo ed il suo aplomb erano ben noti a chi lo conosceva. Ha allevato generazioni di giornalisti ed il suo grande merito è sempre stato quello di creare armonia tra i suoi collaboratori.

Era un appuntamento fisso la Cena dei Giornalisti che si svolgeva a Natale, prima al President, poi all’Hotel Italiano ed infine al circolo esclusivo “La Fagianella”. Poi c’era la Messa dei Giornalisti: un evento che capitava il 24 gennaio di ogni anno, al termine del quale il Vescovo in carica ci offriva un piccolo buffet nelle stanze della Curia di Benevento. Per non parlare delle cene in quel di Cervinara, suo amatissimo paese di origine in provincia di Avellino, che non dimenticava e nel quale aveva un palazzotto di famiglia, anche se il baricentro della sua vita era la città di Benevento, dove deteneva lavoro e famiglia.

Mi rivedo quando ero una giovanissima aspirante giornalista e poco più che adolescente presi appuntamento nella sede del giornale, a Viale dei Rettori 27 e mi recai da lui. All’epoca uscivano diversi giornali in formato cartaceo ed il suo mi piacque particolarmente per la grafica chiara e accattivante.

Mi fece sentire subito accolta e benvoluta e mi introdusse in quella che è stata la famiglia di “Realtà Sannita”. Tanto e vero che potevo andare in qualsiasi momento presso la sede del giornale, anche senza preavviso, per non parlare del fatto che le porte della sua casa sono sempre state aperte per gli amici ed i collaboratori. Da alcuni anni, il direttore Fuccio aveva deciso di spostare la redazione in una sede più spaziosa e più vicina a casa sua, a Via Piermarini 61.

Con lui ho pubblicato diversi libri. Era un perfezionista ed ogni libro per lui era prezioso. Diceva che i libri restano nel tempo e aveva ragione. Proprio il 150esimo della serie fu il mio. Si intitola “Storia delle donne nel Sannio” ed è frutto di quindici anni di ricerche. Lo volle presentare in pompa magna all’Hotel President. Curò con rigore e fantasia tutti i dettagli della presentazione. Ci mise un sacco di soldi di tasca sua. Il risultato? L’enorme sala delle cerimonie era piena.

Molti libri li regalava anche. Oltre che ai privati, diverse scuole ed enti sono pieni di libri dati in dono dalle “Edizioni Realtà Sannita”.

Dietro tanta produttività c’erano un rigore ed una laboriosità non comuni. Fuccio progettava tutto il processo di uscita del giornale, lavorando al menabò e all’impaginazione fianco a fianco con i tipografi e poi attaccando le etichette per la spedizione di ogni singola copia agli abbonati insieme ai suoi collaboratori. Ogni pezzo andava rivisto e corretto in maniera collegiale e poi andava fatto il titolo. E tutto si svolgeva sul cartaceo, prima di passare al processo digitale. Ore e ore di lavoro silenzioso che affiancava anche a quello sul sito Internet del giornale e sui social.

Nel 2003 fondai la mia rivista, che esce tuttora, e che si chiama “Reportages Storia & Società”. Lui mi offrì delle informazioni pratiche sull’uscita di questa rivista e fino al 2019 è uscita come supplemento di “Realtà Sannita”, poi è diventata autonoma.

Nell’ultimo periodo aveva dato vita a “Realtà Giovani” ed aveva in mente di pubblicare altri libri. Non ne ha avuto il tempo. A pochi amici aveva confidato di doversi sottoporre ad un delicato intervento chirurgico per un brutto male, ma che gli avevano comunicato che la cosa era facilmente gestibile. Così non è stato. Il nostro amato direttore è sprofondato in un sonno profondo dal quale non sono riusciti a risvegliarlo.

Oggi mi sento più povera e priva del punto di riferimento che per me è stato Giovanni Fuccio. Una persona per bene, prima di ogni cosa. E visto che la vita, con le sue stranezze, è sempre tanto imprevedibile, il fatto di essere lontana dall’italico suolo mi impedisce di rendergli di persona l’ultimo saluto. Lo faccio allora da qui, con tutto l’affetto che avevo e che avrò sempre per lui e che lui mi ricambiava con la dolcezza di un padre.

LUCIA GANGALE