Il pompaggio del lago di Campolattaro In primo piano

La Regione Campania, attraverso l’Ufficio Speciale “Grandi opere”, ha pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno del 21 febbraio scorso l’avviso dell’avvio del “procedimento di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio/asservimento…alle aree interessate alla realizzazione dell’opera pubblica denominata Utilizzo idropotabile delle acque dell’invaso di Campolattaro e potenziamento dell’alimentazione potabile per l’area beneventana”. Sono interessati (in quest’ordine poco alfabetico) i comuni di Campolattaro, Casalduni, Castelvenere, Castelpagano, San Lupo, Colle Sannita, Faicchio, Fragneto Monforte, Gioia Sannitica, Guardia Sanframondi, Reino, Ponte, Pontelandolfo, Puglianello, Ruviano, San Lorenzo Maggiore, San Salvatore Telesino, Pesco Sannita, San Marco dei Cavoti, e Fragneto l’Abate. Il territorio del comune di Benevento è bypassato, dalle parti nostre non passerà neanche un tubicino nuovo.

Si è messa in moto una procedura per la progettazione e la realizzazione di opere di un notevole costo a carico della collettività, la cui più efficiente funzionalità è tutta ancora da imboccare una coerente via d’uscita. In maniera necessariamente grezza, si profila all’orizzonte l’ipotesi già apparsa di un pescaggio delle acque del lago di Campolattaro con destinazione nella valle telesina dove sorgerebbe una stazione di pompaggio per portare l’acqua alle quote dei centri abitati posti a più elevate altitudini (rispetto a San Salvatore Telesini). Ci troviamo di fronte ad una palese impostazione da “grandi opere”, dove si potrebbe realizzare una efficiente sperimentazione di singole più modeste opere interagenti nella visione complessiva di un grande intervento quale indubbiamente è quello di garantire la potabilizzazione dell’acqua a beneficio di un’ampia area geografica. Né si capisce perché nell’opera grande non possano entrare altri comuni dell’area pre-fortorina. Perché stanno più in alto? E, allora, perché si porta in basso l’acqua che, poi, deve risalire fino a Benevento?

In democrazia operano uffici ed autorità espressione di indirizzi democratici. Il demos, il popolo, viene tenuto lontano da complicate operazioni tecniche. Con una grossolana informazione si possono, però, offrire le dovute specificità. A quest’opera di informazione dovrebbero dedicarsi tutti gli organismi di partecipazione democratica: consigli comunali, comunità montane, distretti vari, partiti e movimenti politici, università e istituti d’istruzione, organismi di guida statale e fors’anche comunitaria.

La stessa realizzazione della diga (da cui discende il concetto di lago) ha avuto una storia di decenni. Quando il senatore Alfonso Tanga avanzò l’ipotesi di una diga sul fiume Calore nei pressi di Apice (idea che fu diffusa in una pubblicazione sostenuta dall’arte tipografica del cavaliere Antonio Abete) l’altra parte della stessa DC accennava alla sufficienza della diga di Civitella Licinio. La diga di Campolattaro ha visto favorevoli e contrari, soprattutto ancor oggi ci sono molti beneventani che non sanno di che si tratta.

Ricordo la cerimonia inaugurale orchestrata dal presidente della Provincia Carmine Nardone e il ritardato arrivo del presidente della Regione Antonio Bassolino e gli anni che sono stati necessari per le prove di carico e le osservazioni sui comportamenti dei terreno via via invasati. Ci sono state questioni sulla strada circumlacuale. Si sono fatti convegni sulle possibili aperture di iniziative economiche di itticoltura, di utilizzo dello specchio d’acqua a fini sportivi e la trasformazione della stessa agricoltura e l’incremento dell’agriturismo.

Devo confessare che le stesse amministrazioni dei paesi circumlacuali sono state tiepide e incerte. Un paese come Morcone, che ha solide tradizioni di turismo ospitale, soprattutto dal bacino napoletano (ricordo gli Agosti Morconesi con sicure ricadute economiche e culturali), di fronte al lago appare timido, quadi estraneo. E dove sta la cooperazione con la adiacente Regione Molise alla quale ci lega la comune origine sannita (Altilia, Isernia, Pietrabbondante)?

La stessa stanca abitudine di indicare il sito come diga, anziché lago di Campolattaro la dice lunga sulla mancata “appropriazione” di una risorsa che dovrebbe appartenere a tutte le sensibilità e non essere una “pratica” che debbono sbrigare le burocrazie regionali.

Le uniche associazioni che hanno fatto con generosità il loro dovere sono state quelle ambientaliste, che hanno curato alcune aree, convogliando appassionati e studiosi.

Vogliamo sperare che l’avvio della complessa pratica burocratica per assoggettare suoli alla realizzazione di imponenti opere idrauliche riesca a svegliare i sentimenti e le competenze di comuni cittadini, amministratori passati e presenti, tecnici e “patrioti” di varia risma.

MARIO PEDICINI