La Coldiretti ha ottant'anni, anche quella sannita In primo piano
Nei giorni scorsi a Roma in una solenne manifestazione, con l’intervento del Presidente della Repubblica Mattarella, sono stati ricordati gli ottant’anni della Coldiretti, fondata da Paolo Bonomi nell’autunno del 1944. 80 anni sono stati raggiunti anche dalla Federazione Provinciale Coltivatori Diretti di Benevento che, con la guida di Mario Vetrone e di un piccolo gruppo di agricoltori, a cavallo tra il ‘44 e il ‘45 mosse i primi passi come associazione facente capo alla neonata Confederazione nazionale. Negli anni successivi Vetrone sarà il numero due di Bonomi, assumendo la carica di Vice-presidente nazionale che ricoprirà fino alla sua morte nel 1981.
Come già aveva fatto De Gasperi a Roma, scegliendo Bonomi come fondatore della Coltivatori Diretti nazionale, agli inizi del 1945 a Benevento Bosco Lucarelli sostenne Vetrone come primo presidente della Federazione Sannita. Anche oggi, come allora un sannita ricopre la carica di vice-presidente nazionale: allora con Mario Vetrone, oggi con Gennarino Masiello.
La Coldiretti, detta anche Bonomiana nasce quindi da un’idea di Alcide De Gasperi, quando questi, durante l’inverno tra 1943 e 1944, cominciava a dare corpo al movimento politico dei cattolici italiani. E pensava non solo alla struttura del partito ma anche alle formazioni sociali di area cattolica.
Bonomi capisce subito che il piccolo proprietario-coltivatore è legato al possesso del bene-terra e quindi diffida delle teorie collettiviste e proletarie, proprie della sinistra. Quindi combattere il comunismo, per Bonomi, significa affermare il diritto di proprietà e l’aspirazione del contadino a possedere e ampliare il proprio terreno. Forte dell’apporto elettorale della sua organizzazione spinge la DC ad assumere una politica di sostegno della piccola proprietà contadina e di inserimento delle categorie coltivatrici nel sistema previdenziale e di assistenza malattia vigente per le altre categorie lavoratrici. Quindi una sua grande intuizione fu il sistema mutualistico di assistenza malattia autogovernato. Erano i coltivatori, con un singolare modello elettorale, ad amministrare le casse mutue. Un esempio di autogoverno, presto imitato da altre categorie di piccoli imprenditori, gli artigiani e i commercianti. Se fosse rimasto quel sistema mutualistico forse oggi non assisteremmo allo sfascio della Sanità.
Più che la riforma agraria, nel corso degli anni 50 furono le varie leggi promosse da Bonomi e Vetrone a definire e posizionare la figura sociale e imprenditoriale del coltivatore diretto.
Chi ha seguito, attraverso la stampa, quello che si è detto alla manifestazione dell’ottantesimo della Coldiretti a Roma, avrà fatto una riflessione sulla storia di quella Organizzazione in provincia di Benevento: una storia, per qualcuno, troppo legata al partito della Democrazia Cristiana; una storia tuttavia somigliante ma non identica a quelle di taluni sindacati ed associazioni di categoria nei loro rapporti col Partito Comunista.
La Coldiretti, soprattutto nel Sannio viveva collegata, forse troppo strettamente, alla DC, però se ci soffermiamo, non solo sulla situazione politica nazionale ed europea dei primi decenni del secondo dopoguerra, ma anche sulla situazione sociale ed economica del Sannio di quell’epoca, possiamo comprendere il perché di quella convivenza strettamente familiare tra DC e Coldiretti in tutta la provincia.
Era uno status politico locale determinato da uno stretto e condizionante rapporto tra territorio agrario e la relativa situazione socio-economica: dal punto di vista professionale e occupazionale eravamo la provincia più agricola d’Italia, oltre il 65% della popolazione attiva era occupata in campagna; e forse anche per questo, dal punto di vista del reddito procapite e complessivo, era tra le ultime province d’Italia. E proprio in una tale situazione il ruolo e la presenza della Chiesa furono importanti e determinanti, difatti sia la DC che la Coldiretti per Statuto si ispiravano, ed in qualche misura si coordinavano, con le varie espressioni del mondo cattolico.
Non a caso, sia in campo nazionale che nelle singole diocesi, la Coldiretti si avvantagiava di un Consulente ecclesiastico, nominatto dal Vaticano per la Confederazione nazionale e dalle Curie diocesane in sede provinciale.
In una situazione come quella sannita la convivenza e la cooperazione tra mondo sindacale agricolo e momdo ecclesiale erano più che giustificate.
Tuttavia la Coldiretti vive in maniera ancora incisiva in agricoltura e nella società sannita, anche senza la DC. Ciò vuol dire che non era il partito che animava l’associazione di categoria, ma vuol dire anche che la DC non c’è più perché il modo di essere dei cattolici in politica è mutato e per varie ragioni; ma anche il modo di essere della Coldiretti nella società e nell’economia sannita è mutato sebbene non ridotto.
E’ finito il collateralismo tra partito e associazione di categoria, ma non è finito quello specifico modo di essere della Coldiretti nella società e nell’ economia secondo i principi cristiani.
ROBERTO COSTANZO