La storia inedita di Villa Securitas e del suo illustre proprietario l'on. Arturo Bocchini In primo piano

Un’importante figura illustre, facente parte attiva del ventennio fascista, nata e vissuta a San Giorgio del Sannio (BN), è Arturo Bocchini. Questi fu allattato dalla mamma del mio trisavolo, poiché la genitrice di Arturo non aveva molto latte. Il mio trisavolo, Alberto De Vizio, fu un vero tuttofare nel palazzo Bocchini e nell’attigua Villa Securitas. Infatti egli curava il prestigioso giardino, puliva la casa, sistemava gli arredi, ma conosceva anche tutti i luoghi remoti e nascosti della casa natia. Insomma, era l’uomo di fiducia, nonché fratello di “latte” di Arturo Bocchini! Quest’ultimo lo portò, per un periodo, ai palazzi del governo a Roma, in quanto gli doveva guardare le spalle e, ogni volta, indicandogli delle valigie, gli raccomandava che doveva portarle in salvo anche a costo della sua vita.

Ben presto, però, dopo essere stato nominato - nel 1927 - Capo della Polizia (OVRA), villeggiando, di conseguenza, solo nei periodi festivi e importanti a San Giorgio, convisse con una donna, Gina Lupi che, conoscendo il potere del mio trisnonno, convinse Sua Eccellenza (come veniva chiamato dal mio bisnonno e dai suoi conterranei) di rimandarlo indietro per proteggere e per gestire la villa che fece costruire insieme allo chalet, da un ingegnere svizzero, D. Pater. Così, alla fine dell’anno 1928, Alberto De Vizio dovette abbandonare Roma per dirigersi al paese tanto amato da Arturo, il quale (nel 1929) fece cambiare il nome del paese da San Giorgio la Montagna a San Giorgio del Sannio, proprio per far riferimento a quel popolo fiero e bellicoso che visse per molto tempo su quei territori: i Sanniti.

Il capo della polizia indicò ad Alberto un insegnante (Carrieri), suo amico, designato a comunicare a Bocchini stesso ogni novità o segreto di cui Alberto fosse venuto a conoscenza.

Nel 1932, durante i lavori della villa Securitas (così chiamata poiché dava ad Arturo un senso di sicurezza e di protezione specialmente nei confronti dei terremoti), l’ingegnere responsabile della costruzione iniziò ad avere una relazione segreta con la signorina Lupi che veniva a San Giorgio sporadicamente. Quando il mio trisavolo si accertò di ciò, andò ad avvertire l’insegnante e, dopo qualche giorno l’amante di Arturo non si fece vedere mai più. Nello stesso anno, Alberto si ammalò e nella gestione e nella cura dei giardini della villa sopraggiunsero il mio bisnonno ed il fratello. Domenico De Vizio e il fratello, Giuseppe De Vizio, venivano chiamati premurosamente da Sua Eccellenza “i fratelli Pucinielli” (i miei piccoli).

Nel 1935, finiti i lavori in casa Bocchini per la costruzione dello chalet, Arturo fece inserire tre casseforti nel muro: una in bagno, una nello studio e una nella camera da letto. Ad esse poteva accedere solo il mio bisnonno che diventò, per via ereditaria, il nuovo uomo di fiducia di Sua Eccellenza. Quest’ultimo pretese molto per la villa Securitas, infatti volle che, in ogni stagione dell’anno, mio nonno e il fratello dovessero piantare differenti piante colorate e pregiate (molte di queste erano delle piante ‘grasse’ che provenivano da ogni angolo del mondo).

Nel 1936, accadde un fatto davvero suggestivo: mentre mio nonno si accingeva a sistemare perfettamente i giardini, per future visite da parte di personaggi illustri, arrivò un’auto nera da dove scesero tre individui vestiti completamente di nero, di cui uno portava con sé una valigia.

Nonno Mimì, dopo un primo tentennamento, prese coraggio e andò incontro a questi strani ospiti, domandò loro cosa volessero, e questi, in modo misterioso, gli risposero che volevano visitare la villa. Uno dei tre si presentò come questore di Napoli, allora, mio nonno, pensando che fossero dei personaggi potenti, li fece attendere davanti al cancello per, poi, andare ad avvertire il custode, ma appena si voltò, i tre uomini fuggirono insieme con la macchina. Da quel momento in poi, nonno capì che molto probabilmente quelle tre figure avevano l’intenzione di fare un attentato alla villa, di conseguenza, all’arrivo delle forze dell’ordine, nonno Mimì venne trasportato prima alla questura di Benevento, poi alla questura di Napoli, dove venne sottoposto ad un interrogatorio dalla polizia fascista segreta.

In seguito, don Arturo si innamorò di una signora di Roma che veniva spesso a San Giorgio, Maria Gabriella De Lieto. L’amante di Sua Eccellenza, a differenza di quella precedente, era molto gentile con mio nonno, tanto da mangiare insieme a lui.

La De Lieto chiedeva sempre a mio nonno delle antecedenti amanti di don Arturo, ma poiché quest’ultimo ogni volta che si lasciava con una donna cancellava ogni ricordo, comprese le foto, nonno Mimì non riuscì a parlarne precisamente. Solo un giorno, quando si trovò in soffitta, scoprì una foto della sig.ra Lupi che, probabilmente, il capo si era dimenticato di far sparire; scese giù, gliela mostrò e lei ci rimase molto male, tant’è vero che ne rimase turbata. La donna amava fare le passeggiate in villa, come del resto anche Arturo, il quale le comprò una cavalla, addomesticata in seguito, da Giuseppe.

Di sfuggita, si vuole ricordare un evento importante che accadde nel 1936, cioè a dire la visita del principe Umberto II di Savoia.

Sua Eccellenza, come riportato in precedenza, veniva a trascorrere le festività nel suo paese natio ed era solito spaccare una damigiana colma di vino per poi riversare tutto il liquido all’interno della villa: questo gesto veniva ritenuto come forma di buon augurio.

Il 24 Dicembre 1937, nel corso della vigilia di Natale, don Arturo ebbe una grande sorpresa da parte del paese! Gli abitanti accesero un falò in località Marzani (dove vi è collocato il palazzo Bocchini ancora oggi, in piazza Ciriaco Bocchini) e, tramite mio nonno, posizionarono all’interno della villa un presepe donato dal Commendatore Piscitielli. Quando Arturo vide questa scena si commosse e, affacciandosi dalla finestra, vide delle donne vestite da pacchiane (provenienti da Pontelandolfo) danzare intorno al fuoco e degli zampognari suonare i canti tipici natalizi; avvicinandosi la mezzanotte, notò anche degli uomini che spararono i fuochi d’artificio e che accesero i vari giochi pirotecnici; così, sull’onda dei ricordi di un infanzia trascorsa in modo spensierato e felice, preso dalla foga, anche lui accese dei fuochi, con l’ausilio di nonno Mimì.

Il 18 Ottobre 1938 alle ore 13:00 arrivò, per quattro giorni nel territorio sannita, il capo della polizia tedesca, Heinrich Himmler. Per l’occasione, tutto il paese fu imbandierato con i vessilli riportanti la famigerata svastica e i contadini provenienti da una zona chiamata “Cubante”, che ancora oggi è un campo fertile utilizzato per l’agricoltura, sfilarono con carri allegorici e cavalli. Himmler girava per Villa Securitas in borghese, utilizzando la divisa solo nelle cerimonie ufficiali. Un giorno, mentre si stava spogliando in una delle numerose camere, passò mio nonno (che fu segnalato a lui come uomo di fiducia e giardiniere di Villa Securitas) proprio davanti a quella stanza e Himmler, parlando in lingua tedesca, gli fece capire che doveva aiutarlo a slacciare e togliere lo stivale che indossava. Nonno Mimì, inoltre, ha raccontato che durante la visita del capo della polizia tedesca, Villa Securitas era frequentata da molte autorità militari importanti e in uno degli ultimi giorni del ricevimento fu fatta in paese una festa dove danzavano le famose Pacchiane di Pontelandolfo, le quali lo fecero rimanere di stucco per l’utilizzo dei vestiti che indossavano.

Un altro episodio da sottolineare è quello concernente le prime ore di visita, allorquando don Arturo offrì un famoso liquore portoghese (il ‘Porto’) a Himmler e nonno Mimì, nel portare la guantiera - essendo quasi impaurito - fece cadere i bicchierini a terra; il gerarca tedesco immediatamente, forse intuendo l’impaccio del giovane Mimì, lo accarezzò sorridendo, nel mentre don Arturo lo fulminò con uno sguardo gelido. In un secondo momento, sempre come racconta nonno Mimì, fu rimproverato aspramente, rammentandogli del pericolo che aveva corso.

Il mio bisnonno ha sempre detto che durante quel periodo, quando ancora non era a conoscenza dello sterminio che si stava sviluppando in Germania per i milioni di ebrei, pensava che Himmler fosse una persona molto sospetta, ma secondo lui, dietro a quei piccoli occhialini che aveva sul naso e dietro a quei occhi color azzurro ghiaccio, si nascondeva una persona buona e dolce. Quando se ne andò, raccomandò a don Arturo di fargli pervenire tutti i nomi degli inservienti che erano nella villa, poiché aveva il desiderio di fare dei regali, ma Sua Eccellenza disse a nonno che non doveva accettare nessun dono.

Infine, mio nonno descriveva Arturo Bocchini, come una persona buona di cuore, ma se era arrabbiato non c’era niente che lo potesse fermare. Nelle poche ricorrenze in cui veniva a riposarsi a San Giorgio, prima di partire chiamava in villa sempre le persone più povere del paese e a queste ultime, per compassione, regalava sempre un po’ di denaro.

MATTEO GUARENTE