L'acqua in estate ci manca, in autunno ci minaccia In primo piano

A volte ci lamentiamo per la mancanza ed altre volte per l’eccesso di acqua, a seconda della stagione. Quello che mi ha preoccupato rileggendo i miei ripetuti articoli sull’argomento acqua, è che non riusciamo a convincerci della necessità di raccogliere, governare e distribuire l’acqua con un’unica strategia, partendo dal dato inconfutabile che essa, indiscutibilmente, è la primaria risorsa per la vita, l’alimentazione e l’economia: e quindi fattore fondamentale per la tutela e la gestione del territorio in ogni momento dell’anno.

Quest’anno, ancora una volta, non abbiamo saputo prevenire e correggere la siccità estiva, soprattutto perché non disponiamo di piani idrogeologici capaci di aiutarci non solo a contenere i danni della siccità, ma anche a prevenire le inondazioni autunnali ed i conseguenti dissesti geologici.

A questo punto, scusandomi della ripetitività di questo mio modo di argomentare, vorrei proporre o riproporre all’attenzione dei lettori una sollecitazione di politica idrogeologica destinata a chi opera a livello istituzionale ed in campo socio-economico: una politica idrogeologica adeguatamente programmata e condotta nei modi e nei tempi giusti, con la piena convinzione che l’acqua è dovunque e sempre il bene primario.

Difatti l’acqua nasce lungo la dorsale appenninica, e quindi nel nostro Sannio, ma serve ad alimentare in maniera essenziale tutti i territori collinari, vallivi e costieri della Campania. Disegnare un piano idrogeologico di ampio respiro sul territorio campano significa fare opere che servono certamente anche a valle, ma non esclusivamente a valle, come invece stiamo assistendo con le opere destinate ad utilizzare l’acqua raccolta dalla diga di Campolattaro.

Cioè, in una regione come la Campania, per il solo fatto che l’ottanta per cento della sua popolazione vive lungo la fascia costiera, non si giustifica che gli impianti idrici siano fatti solo in funzione ed al servizio della stessa fascia costiera.

Il territorio vale non solo per come viene occupato per insediamenti umani e produttivi, ma anche per le indispensabili risorse di cui esso dispone: anche il territorio è un essere vivente ha detto Papa Francesco.

Appunto perché il Sannio è un territorio ricco di risorse naturali, sarebbe ora che i rappresentanti istituzionali di ogni livello, le organizzazioni di categoria, i movimenti politici e le due autorevoli Università formassero un tavolo di studio e di programmazione per riproporre alla Regione quello che fu discusso e indicato negli anni cinquanta del secolo scorso, dopo le prime tragiche alluvioni, e che fu ripetuto alla nascita dell’Ente Regione negli anni ’70.

Furono previste importanti infrastrutture per contenere i dissesti del fiume Calore, immaginando grandi, medi e piccoli invasi lungo i suoi affluenti: Ufita, Tammaro, Sabato, Titerno, Isclero. Fu realizzato soltanto il grande invaso sul Tammaro, che certamente ridusse le alluvioni del Calore ma non risolse la totalità dei problemi idrogeologici, irrigui e potabili.

Oggi non possiamo fermarci a parlare della sete d’acqua e della paura degli smottamenti: della crisi idrica, delle reti colabrodo, dei rubinetti a secco, della siccità estiva e degli smottamenti e dissesti autunnali, invernali, primaverili. Non basta lamentarsi dopo, è necessario agire prima: preventivamente, sia per frenare l’acqua quando può danneggiarci che per raccoglierla per quando ci serve. Non con un criterio difensivo e riparatore quanto piuttosto con una volontà di costruire e governare; per evitare che l’acqua ci manchi d’estate e ci minacci in autunno-inverno.

Roberto Costanzo

Nella foto di Arturo Miele la confluenza del fiume Sabato nel Calore