Le migrazioni oggi, ieri, domani. Il Sannio, terra di partenze e di arrivi In primo piano
Con questo secondo articolo sull’emergenza migranti vorrei coinvolgere il lettore nel tentativo di confrontare gli attuali sbarchi di immigranti sulle nostre coste con gli imbarchi di emigranti italiani del secolo scorso verso i porti di oltreoceano; ma anche con le partenze, negli anni 50, di tanti nostri concittadini che salivano sul treno alla Stazione di Benevento per recarsi in Svizzera, Germania, Francia ed altri Paesi europei. Erano forniti soltanto di una piccola valigia di cartone e di una grande speranza di trovare un lavoro sicuro all’estero.
Ma le motivazioni delle folti emigrazioni del secondo dopoguerra del secolo scorso erano le stesse di quelle verso l’oltreoceano dell’ottocento e primo novecento? E saranno le stesse delle incontenibili ondate di migranti che si prevedono per il prossimo futuro da una parte all’altra del Pianeta?
Altro che influenze e devianze sulle prossime elezioni politiche. Altro che polemiche su una magistrata che assolve tre migranti irregolari, dopo aver partecipato ad una delle manifestazioni contro un ministro.
Vi è chi scrive che ci troviamo di fronte ad “un problema di difficilissima soluzione”… Fenomeno planetario inarrestabile. Certamente difficile, anche difficilissimo, ma non irrisolvibile: così spero che la pensiamo in molti.
Un attento amico mi ha scritto che “l’unica vera chance di salvezza può trovarsi nella libera circolazione dei popoli e delle idee”. Ed una mia parente mi fa rilevare, tramite una dichiarazione del presidente dell’Eurispes, che “oggi nel mondo ci sono 281 milioni di migranti”. Mentre in Italia nel 2023 sono già sbarcati oltre 135 mila persone in cerca di asilo: più del doppio rispetto all’anno precedente. Pertanto non possiamo restare insensibili sia come italiani ed europei, ma anche come sanniti, rispetto alla necessità di avviare un’ampia e circostanziata politica migratoria, con veri e propri trattati continentali (a partire dall’UE) e planetari (con un preciso impegno dell’ONU). E’ troppo ampio e complesso il fenomeno per supporre che possa essere risolto con le nazionalistiche chiusure di frontiere o con occasionali accordi bilaterali.
Nei giorni scorsi per soddisfare il desiderio di guardare negli occhi a dei giovani migranti mi sono recato a visitare il Centro di Prima Accoglienza di Morcone. Si tratta di varie decine di persone: un bel gruppo di ragazzi, molti teenagers, giovani madri con bimbi in braccio, nessun ultraventicinquenne. Sembrano piuttosto istruiti, comunque molto svegli. Dicono di aver fatto una dolorosa traversata del deserto ed un molto rischioso viaggio lungo il Mediterraneo. Si fanno capire un po’ in francese, ma anche con gesti e con qualche parola di italiano appena appresa. Al cospetto di questi bambini e ragazzi in cerca di asilo viene da pensare alle scuole elementari dei nostri paesi che si spopolano al punto di rischiare la soppressione di qualche classe. Pensiamoci…
Ascoltando questi giovani viandanti di terra e di mare, mi è tornata alla mente la storia che sessantacinque anni fa mi raccontò di sé una mia zia d’America, emigrata da giovane vedova di guerra con la voglia di rifarsi una vita negli USA, dove già viveva sua sorella. Quando la nave, partita da Napoli, approdò al porto di NewYork, lei non capì di essere giunta a destinazione e inconsapevolmente proseguì fino al porto successivo, dove ovviamente nessun parente la stava attendendo. Discese dal piroscafo senza sapere dove fosse giunta e come potesse fare per raggiungere la sorella. Ma non si disperò, poiché fu avvicinata da qualche persona di buon cuore, disposta ad aiutarla, e quindi a farla salire su un treno diretto a Jersey City, dove trovò un’altra persona di buon cuore che la accompagnò alla casa della sorella.
La fraterna accoglienza da parte di alcuni morconesi di oggi, verso quei giovani migranti africani, mi ha riportato alla mente il racconto dell’accoglienza di mia zia cent’anni fa in America.
Con questo non voglio dire che dobbiamo sentirci obbligati all’accoglienza e all’inclusione tout-court, voglio soltanto dire che, se sono veri i dati dell’ONU, che prevedono nel 2050 eventi climatici che possono spostare fino a 1,5 miliardi di persone dall’una all’altra parte del Pianeta, dobbiamo prepararci a questo tipo di esodo. E non lo possiamo fare con la lotta alle ONG, che peraltro oggi riescono a recuperare solo il 5% dei dispersi in mare; né con i respingimenti di tre migranti clandestini. Questo è un fondamentale problema di dimensioni multinazionali, che peraltro non può esaurirsi con i dibattiti in vista della prossima competizione elettorale europea. È un problema che viene dal passato e sarà molto impegnativo per le prossime generazioni, e non certo per le prossime elezioni. Forse dobbiamo convincerci che già oggi, e non solo domani, le porte dei confini nazionali non possono essere spalancate. Ma neanche sbarrate.
ROBERTO COSTANZO