Le ''rinnovabili'' alimentano anche il festival di Sanremo, ma non svegliano il Sannio... In primo piano
Siamo in piena crisi energetica con il rischio di subire le minacce del gasdotto russo come subivamo quarant’anni fa le minacce dei missili sovietici. Crisi energetica che si vuol vincere con l’incremento delle fonti europee di energia nucleare e di gas, ma soprattutto con le rinnovabili non inquinanti, prodotte dal sole e dal vento.
Se ne parla ampiamente su tutti i giornali e schermi televisivi. Anche il Festival di Sanremo è stato alimentato dalla pubblicità delle fonti rinnovabili. Si sono svegliati tutti: vari ministeri, mondo economico, società della distribuzione di elettricità; tutti, meno che il Sannio che pure è ormai una delle primarie provincie energetiche italiane. Qui, da noi, si produce il tipo di energia che potrà salvare gli italiani dal caro-bollette, ma quasi nessuno di noi se ne accorge.
L’Italia, appunto, è il Paese europeo con la maggiore dipendenza energetica dall’estero, ma ha una provincia, come Benevento, che produce il doppio dell’elettricità che consuma. Sembra che non se ne accorgano più di tanto le Istituzioni e i movimenti politici e sociali che operano sul territorio, sottovalutando che le energie rinnovabili rappresentino ormai la nostra principale produzione industriale. Eppure i sanniti sono indotti a preoccuparsi solo per i danni che gli impianti eolici e fotovoltaici possono arrecare al paesaggio. Indubbiamente trattasi di giuste preoccupazioni, che comunque andrebbero gestite non soltanto con i No agli insediamenti energetici selvaggi.
Peraltro i maggiori danni li subiscono gli agricoltori, ai quali viene spesso sottratto spazio coltivabile e quindi anche la facoltà di programmare la coltivazione del proprio terreno.
Intanto, bene hanno fatto i giovani della Coldiretti a lanciare un appello dal titolo “Sì all’energia rinnovabile senza consumo di suolo agricolo.” Questo vuol dire che anche il terreno agrario può ospitare pannelli solari, purchè questi pannelli siano gestiti dagli agricoltori con i criteri e le norme della cosiddetta “agricoltura multifunzionale”, e comunque su limitate superfici, che non rappresentino più del cinque per cento del terreno coltivato. In tal modo la gestione dei pannelli solari diventa un ramo della produzione agricola aziendale.
L’Italia è un Paese che nel campo delle energie fossili e nucleari segna una quasi totale dipendenza dall’estero, con elevati costi ambientali e mercantili, mentre per le rinnovabili dispone di una propria grande capacità produttiva, soprattutto lungo l’Appennino meridionale. Una volta tanto è il Mezzogiorno a produrre più del Centro-Nord.
Qui va detto che nel nostro Sannio le fonti rinnovabili non suscitano grande attenzione neanche sulla stampa, che si cura soprattutto delle pur legittime contestazioni antieolico di qualche Comune dell’Alto Tammaro e del Fortore. Ma possono bastare le proteste o servono anche le proposte, allo scopo di trasformare l’occupazione del suolo in operazione di investimento e quindi in produzione di reddito per le comunità di quei luoghi?
Ed allora, prendiamo atto che ormai possono bastare tre aerogeneratori di oggi per produrre la stessa quantità di energia di dieci aerogeneratori degli anni decorsi; e che inoltre le attuali mille pale, tra grandi e mini generatori, fanno già della nostra provincia uno dei primi produttori di rinnovabili d’Italia; e che dei 10.000 MW ricavati dall'eolico, circa mille vengono dal Sannio. Tanto premesso, non sarebbe il caso di non concentrarsi solo sui finanziamenti che ci porterà il PNRR, ma di prestare anche un minimo di attenzione al calcolo del valore economico rappresentato dalle rinnovabili.
Prima o poi ci sarà qualche ricerca universitaria o qualche interrogazione al Consiglio regionale a chiarirci le idee sul quantum del valore economico delle rinnovabili e sui relativi benefici da destinare al territorio...
ROBERTO COSTANZO