Migrazioni: passato e presente verso le incertezze del futuro In primo piano

Forse neanche questo sarà l’articolo conclusivo sulla storia e la geografia delle migrazioni. Debbo appellarmi allo spirito di comprensione e di tolleranza dei lettori di Realtà Sannita. Ne parleremo ancora: a tanto sono giunto discutendone con l’amico Antonio Coletta con il quale, negli ultimi mesi, mi sono avventurato nel tentativo di scrivere un libro su qualche aspetto della storia dei democratici cristiani sanniti della seconda metà del secolo scorso.

Difatti, parlando del modo di essere e di fare della D.C. nel Sannio, si incrociano persone e personaggi che hanno dedicato non poco del proprio impegno civile e politico ai problemi delle migrazioni di andata e di ritorno.

Intanto con l’amico Coletta ci soffermiamo sulle forme e sui motivi dei movimenti migratori nelle varie epoche della storia umana e nelle varie aree del mondo. I luoghi di approdo, oggi come ieri, subiscono gli arrivi con indifferenza o diffidenza, quasi mai con comprensione.

Questa conversazione viene aperta da Coletta, che fa subito notare che nell’antichità i popoli venivano messi in cammino soprattutto per occupare o invadere piccoli e grandi territori, e quindi espandere il loro dominio militare e politico; ma a partire dall’epoca rinascimentale i movimenti hanno assunto anche un carattere socio-economico, a vantaggio soprattutto dei paesi di provenienza.

Tuttavia non saranno soltanto le condizioni economiche e civili, ma anche quelle geoclimatiche, a costringere le popolazioni a trasferirsi da una parte all’altra del pianeta.

Potrebbero presentarsi così le migrazioni nel prossimo futuro, se dovesse aver ragione l’autore del libro “Il secolo nomade”, quando afferma che “dal sud del mondo i cambiamenti climatici spingeranno un gran numero di persone ad abbandonare le proprie case… Sarà necessaria una migrazione pianificata”.

A questo punto il sottoscritto richiama l’attenzione sui tempi attuali, che sono caratterizzati soprattutto da movimenti di migranti che fuggono dalle miserie e dalle oppressioni. In ogni caso, i paesi europei sono già oggi - e lo saranno sempre più domani - destinazione di approdo di vasti gruppi di persone e famiglie; per frenare i quali servirebbero a ben poco i blocchi sulle coste del Nord-Africa o i respingimenti dei barconi delle ONG.

Lo stesso potremmo dire circa gli accordi bilaterali come quello sottoscritto recentemente dal governo italiano e da quello albanese.

Coletta apre così il capitolo delle invasioni barbariche e islamiche, facendomi notare che l’arrivo degli arabi in Sicilia e in altre aree mediterranee, tra il VII e il X secolo, è un capitolo particolarmente interessante nella storia dell’intera Europa meridionale.

Le tracce della loro permanenza hanno segnato in maniera profonda l’architettura, la cultura, l’economia ed anche la lingua di quei territori. Ed aggiunge che, non va dimenticato che le cosiddette invasioni barbariche, erano rappresentate da popolazioni nord-orientali di etnia soprattutto germanica, ma provenienti anche dalla steppa russa.

Nel 568 d.C., sotto la guida di Alboino, in Italia arrivarono i Longobardi, che si stanziarono sia al nord che al centro e al sud e costituirono tra l’altro, i ducati di Spoleto e di Benevento.

Io, intanto, faccio notare che i Longobardi a Benevento non vennero da invasori con spirito colonialista e forse neanche da migranti in cerca di lavoro. Comunque, si insediarono sul territorio e tra il popolo, determinando non pochi cambiamenti, quasi tutti positivi.

Ma chi ne ricavò maggiore vantaggio? Come la presero i beneventani, quando videro arrivare tanti stranieri che vennero, perchè dovevano fuggire dalla propria terra o perchè volevano occupare nuovi territori? Vennero a portare o a prendere?

Antonio Coletta conclude così, con un po’ di pessimismo: non è facile fare confronti o cercare somiglianze tra gli spostamenti di popoli nel passato e le migrazioni di persone di oggi; tuttavia, se nei prossimi decenni si verificasse quello che si prevede nel libro di Gaia Vince “Il secolo nomade” (vaste aree del pianeta saranno inabitabili...) si potrebbero rivivere le condizioni dell'era longobarda. In positivo o in negativo...

Ma io vorrei chiudere con l’espressione, un po’ ottimistica, di una immigrata proveniente dall’Ucraina, oggi residente a Benevento, la quale, intervistata da Roberta Gisotti nel libro “Noi che siamo italiane. Donne venute da lontano”, afferma: “in questa terra campana sono diventata la donna che seguendo un sofferto percorso ad ostacoli ha infine trovato la sua strada di rinascita”. L’emigrazione può essere un sofferto percorso ad ostacoli, che tuttavia può far rinascere le persone.

ROBERTO COSTANZO