''Misure risolutive per le filiere agricole: è a rischio la loro tenuta'' In primo piano

Intervista ad Alessandro Mastrocinque, presidente della Cia Campania, sul difficile momento che vive il mondo dell’agricoltura. L’appello alla Regione per il riconoscimento delle produzioni tipiche regionali, caratterizzate da un brand campano da promuovere sui mercati esteri.

Costi energetici mai alti come ora, materie prime difficili da trovare nonostante i prezzi triplicati, aumento dei carburanti: le nostre filiere, della carne, latte e vino su tutte, sono pronte ad affrontare una sfida così impegnativa per la sopravvivenza, più che per lacrescita”?

Allo stato delle cose i tre settori citati, per vicende diverse, sono in fortissima sofferenza ed è chiaro ormai a tutti che questo ‘contesto’ ne mette a rischio la tenuta futura. Il tema vero, è che all’aumento indiscriminato dei costi di gestione aziendale deve seguire anche, inevitabilmente, un aumento dei prodotti per garantire la tenuta del comparto. C’è poi l’esplosione dell’aumento dei costi, un altro importante tema su cui lavorare: le difficoltà sono evidenti, ma puntiamo ad ottenere un abbassamento dei costi, che sono lievitati anche per mera speculazione”.

Cosa i Ministeri possono fare in concreto per il mondo agricolo, oltre a dare concreta attuazione agli ultimi provvedimenti approvati?

Prima di tutto devono saper affrontare il momento attuale, con interventi mirati e concreti. Alcuni sono stati introdotti, ma non bastano a risolvere la crisi. Il primo impegno, dunque, è di abbassare il costo di materie prime, energia e gas. Il Governo su questo può intervenire, non con misure-spot, come è stato fatto fino ad oggi, ma misure risolutive per garantire le aziende in investimenti duraturi. Il sistema Paese deve insistere nella Comunità Europea: la Politica agricola comunitaria oggi è determinante e deve essere consolidata”.

Un’altra vostra sfida è sulla salvaguardia delle aziende sane del territorio, che il più delle volte sono ostaggio della burocrazia.

È una sfida sacrosanta: bisogna iniziare a premiare chi produce, chi crea valore, chi si sacrifica per offrire un contributo fattivo al Paese. Un chiaro esempio è la transizione ecologica, dove siamo i 'primi custodi' nel preservare l’ambiente, ma che deve essere incentivata attraverso un premio economico delle buone pratiche che già mettiamo in campo. Solo in questo modo si attuerà davvero una transizione ecologica in chiave green e, soprattutto, si rimetteranno in produzione i terreni abbandonati, la valorizzazione dei boschi, che rappresentano il 76% della superficie nazionale; attraverso la certificazione dei crediti di carbonio prodotto dall’assorbimento dell’anidride carbonica. Insomma in un Paese attento ci deve essere un riconoscimento diverso della centralità dell’azienda agricola, ma anche una equiparazione alla canonica struttura aziendale, per superare certe marginalità”.

La Regione Campania invece su cosa può intervenire per migliorare il settore agricoltura?

Alla Regione chiediamo, come stiamo facendo, di mettere in campo misure del PSR che siano adeguate ai fabbisogni del territorio, per sviluppare realmente il settore agricolo e agroalimentare. Chiediamo un accompagnamento della crescita attraverso il riconoscimento delle produzioni tipiche regionali caratterizzate da un brand campano, con un investimento sulla promozione dei mercati nazionali e internazionali delle nostre eccellenze. Un unico marchio Made in Campania, riconosciuto, in cui le aziende si identificano e diventa quello il nostro brand sui mercati esteri. Altro aspetto è l’aggregazione del prodotto, realizzata con percorsi di crescita delle filiere e trasformazioni delle produzioni, grazie alla multifunzionalità delle aziende. Abbiamo bisogno di valorizzare il territorio, il turismo, l’enogastronomia. Infine, il tema al centro del confronto regionale è sempre stato lo snellimento della burocrazia, che oggi prevede tempi e procedure farraginose. Qui si incastrano bene due nostre proposte in fase di definizione: l’istituzione dell’Ente Pagatore Regionale, che garantisce premi Pac ed il fascicolo aziendale digitale, per evitare carichi burocratici”.

Nell’era digitale, sono tante le tecnologie che trovano applicazione in agricoltura. La vostra organizzazione in che modo sta affrontando questi temi per essere al fianco di chi investe in innovazione?

Cia Campania guarda con grande interesse all’Agricoltura 4.0: il futuro passa attraverso l’innovazione tecnologica. Noi ogni giorno mettiamo in campo, coi vari Ministeri interessati, soluzioni innovative per migliorare qualità dei prodotti, lavoro e vita degli agricoltori e per preservare, attraverso processi innovativi e meccanizzati ad alta tecnologia, il valore della terra e dell’ambiente. Lavoriamo per la meccanizzazione spinta con processi di ricerca tecnologica, al fine di migliorare la resistenza delle piante soggette agli attacchi agenti patogeni fomentati da cambiamenti climatici. Puntiamo alla riduzione dell’uso di gasolio, al risparmio idrico, alla riduzione dell’uso di fertilizzanti e ad un efficientamento dei consumi per la gestione aziendale, che impatta sulla qualità delle produzioni e sulla qualità ambientale. Tutto questo ovviamente si sposa anche con il criterio della sostenibilità ambientale: produrre consumando meno. È qui che si definisce la vera innovazione in agricoltura”.

In Campania si è da poco conclusa la fase dei congressi territoriali, eleggendo i nuovi vertici per i prossimi anni. Quali le primarie esigenze emerse da questo serrato confronto?

Le esigenze principali emerse sono di attenzione verso il comparto agricolo, dove in virtù degli ultimi eventi, fra pandemia e impennata dei costi di produzione, si rischia una marginalità che dobbiamo combattere. Il grido d’allarme che emerge ovunque è la richiesta di un intervento strutturale, che l’organizzazione in quanto corpo intermedio ha già predisposto e inoltrato. Grazie alla rappresentanza esercitata con le istituzioni di riferimento, abbiamo la possibilità d’interloquire e proporre soluzioni adeguate ai fabbisogni dei produttori”.

Il prossimo 8 aprile a Napoli la CIA Campania terrà la sua Assemblea congressuale: ci può anticipare qualche punto saliente della sua relazione?

L’8 aprile è un appuntamento importante per Cia Campania, che illustrerà i temi fondamentali e strategici dell’organizzazione nazionale, ma avanzerà anche delle proposte importanti. Oltre a chiedere, come abbiamo già fatto, la modifica della legge sugli ungulati passando da un concetto di protezione a uno di gestione del sistema faunistico regionale, per evitare lungaggini burocratiche e il riconoscimento dei danni agli agricoltori, proponiamo che il Governatore della Campania affronti la questione in qualità di commissario straordinario per avere pieni poteri d’intervento. E con un progetto serio di contenimento del numero dei cinghiali sul territorio, che sono un problema per imprese e per la sicurezza dei cittadini. Solo in questo modo si possono dare risposte vere e concrete alla questione, che ha assunto dimensioni importanti e su cui non siamo più disposti ad aspettare”.

Non mancheranno i temi di stretta attualità.

Assolutamente. Dall’accelerazione del Pnrr su innovazione e riduzione delle distanze tra mercati e produzioni, tra cittadini e imprese. Porremo attenzione al tema della dotazione infrastutturale, materiale ed immateriale, dalla banda larga ad una rete di infrastrutture stradali e ferroviarie per il collegamento della parte produttiva agricola. Le aziende hanno bisogno di snodi logicisti per il trasferimento delle merci ed essere competitive tanto lungo il Corridoio VIII che arriva a Bruxelles, tanto nel Mediterraneo per coprire le rotte orientali”.

Ai tanti giovani che iniziano a riavvicinarsi al mondo agricolo, con idee e progetti per creare sul territorio il loro futuro, cosa raccomandiamo?

Un approccio da sognatori, di coraggio. Perché il momento è complicato, ma offre straordinarie opportunità. I giovani possono creare aziende innovative che aiutano le realtà locali ad essere inclusive, con un approccio moderno e visionario, che in agricoltura non può mancare, per sottrarre il comparto da un immaginario ancestrale che trasforma il contadino/artigiano in imprenditore manager che guida la multifunzionalità dell’azienda. I nuovi agricoltori devono avere una visione manageriale delle attività, che richiedono competenze e intraprendenza. L’immagine del contadino con la zappa in mano è il passato: ora è il momento di voltare pagina”.

GIUSEPPE CHIUSOLO