Navi e poltrone In primo piano
Una volta il politico allevava alla fedeltà promettendo (e, alle volte, assicurando) un “posto di lavoro”, o comunque una sistemazione, al discendente del “fedele”. Il potente fidelizzava il petente. Secondo i maligni la assicurazione più probabile del voto era data da qualche rinvio: più aspettava la soddisfazione della promessa più si assicurava la fedeltà nell’urna.
Una volta si votava solo per il parlamento e per il consiglio comunale. Ora si vota per il parlamento europeo e per il consiglio regionale e sono cambiate le regole per la Provincia. Alla nostra Rocca dei Rettori votano i rappresentanti dei comuni, in seguito a ferrei accordi trasversali. Tutto è più distante da una vera (illusoria) sovranità popolare.
Verso certe assunzioni alla Provincia si è sfiorato il sistema delle università. In tutta Italia ogni università si costruisce i propri professori mettendo a concorso un solo posto (uno solo alla volta, moltiplicando i concorsi se necessario). E’ storia patria che in questo modo entra in funzione una palese “dissuasione” verso ipotetici, sprovveduti concorrenti. I concorrenti veri si attengono al rispetto delle regole nella speranza che arriverà per essi (uno alla volta, si capisce) il turno del prossimo concorso “pubblico”.
Nelle nostre considerazioni sullo sfacelo della democrazia (ovvero, la raccolta dei voti) ci è capitato di segnalare al lettore di un concorso alla Provincia andato in sorte ad un assessore comunale e di un concorso al Comune dove agli orali non si sono presentati due ammessi su tre: nessuno dei due ha osato augurarsi qualche malanno o una diversa più alta sistemazione del “favorito d’obbligo” (perché bravo e perché già in servizio con contratto a termine).
Allora uno pensa alla massa di giovani da che Benevento se ne vanno prima ancora della laurea. E, dopo laureati in prestigiose università, trovano conveniente non farsi più vedere.
C’è qualcuno che si sia preoccupato di leggere un poco le tabelline dei nati, comune per comune, per stabilire non dico quanti saranno gli elettori per sindaci e consiglieri ma se ci saranno (non domani o dopodomani, ma oggi) i ragazzi per tenere in piedi una scuola?
Si parla di sindaci che (sempre per concorso, ci mancherebbe) diventano dipendenti della Provincia. Sono diventati sindaci senza avere uno “stato civile di autosufficienza economica”, nel rispetto rigoroso del sacro principio che per votare e candidarsi non è richiesto il requisito di “badante a sé stesso”?
Il materiale è scottante e non bastano le dichiarazioni a dispetto (anche voi quando eravate in maggioranza avete fatto le stesse cose). Bisogna riflettere una buona volta sulla possibilità di ricostruire un genuino sistema democratico, che parta dalla ricostituzione di efficienti partiti politici, organizzati su basi democratiche come dice la Costituzione, i quali siano in grado di aggregare e selezionare al proprio interno i “capaci e meritevoli” (art. 34 della Costituzione) che debbano essere presentati e sostenuti nelle tornate elettorali.
La Repubblica è andata avanti certamente per le qualità dei rappresentanti eletti a suffragio universale, ma principalmente perché a livello locale si esercitava la democrazia attraverso il rito fondante che è il voto (qui uno vale uno!). Qualcuno ricorda quando è stata l’ultima volta che un partito abbia fatto votare sul serio a un congresso (nazionale, comunale o sezionale)? Il rituale dell’acclamazione ha sancito la soppressione del diritto individuale del voto. La democrazia è stata mandata in soffitta. Addirittura alle elezioni politiche all’elettore è impedito il più elementare e sostanziale dei diritti, quello di dare una preferenza. Tutto è pre-stabilito. E’ pre-stabilito chi vincerà, non servono molti voti, meno gente va a votare e meglio è.
L’inaridimento delle radici ha portato alla scomparsa dei partiti che avevano una spina dorsale di valori e di riferimenti anche storici. Addirittura le accozzaglie che vanno a costituire le liste elettorali non si chiamano neanche più partito. Quasi tutti hanno il nome di un personaggio e un programma sintetizzabile in uno slogan (truculento meglio del seducente).
L’elettore, questo sconosciuto, se ne sta chiuso in casa davanti alla televisione, il nuovo oppio dei popoli. Poche frasi, pochi nomi (Meloni, Salvini, Schlein) e via con gli efferati delitti. Che non sono quelli di coltellate e colpi d’arma da fuoco, ma le recite di personaggi in cerca d’autore anche loro pronti a sfacciate piroette.
Quando ero giovane ebbe successo un libro scritto dall’ammiraglio (Antonino Trizzino) che aveva perso la guerra. Si intitolava Navi e Poltrone. Le poltrone sono alla portata di tutti. Le Navi, cioè i voti, si sono inabissati.
MARIO PEDICINI