Parlare di acqua non solo d'estate In primo piano
Era la notte tra venerdì 21 giugno e sabato 22, l’estate s’apprestava a cominciare, timidamente, mentre le prime interruzioni idriche venivano annunciate dal gruppo Acea. In quei giorni, si resero indispensabili delle chiusure programmate del serbatoio “Gesuiti” per consentire un’ottimale erogazione idrica nelle ore diurne. Le scarse precipitazioni delle passate stagioni portarono a un significativo calo nell’erogazione delle sorgenti che contribuiscono ad alimentare sul piano idrico la Città di Benevento.
Pochi giorni dopo, Gesesa avvertì la popolazione sannita di un’imminente crisi idrica che avrebbe caratterizzato tutta la stagione estiva, con indispensabili chiusure notturne volte a garantire l’erogazione diurna. E così è stato: durante tutta l’estate, diverse zone della città sono state coinvolte dalle interruzioni, fino ad arrivare al 6 settembre, il giorno della chiusura di 24 ore.
Facciamo un piccolo passo indietro, in questa cronistoria sommaria della recente crisi idrica, per comprendere come viene erogata l’acqua nella città di Benevento. A seconda della zona di residenza, i beneventani usufruiscono di tre diverse forniture idriche: l’acquedotto regionale del Biferno (quartiere di Pacevecchia, parte del Viale Mellusi, Piazza Castello, Zona Asi, Capodimonte, Cancelleria, parte di Ponticelli, parte di Piano Cappelle), i pozzi della zona di Pezzapiana e Campo Mazzoni (Centro storico, Rione Libertà e Rione Ferrovia), la sorgente di Pietrafitta (zona industriale di Contrada Olivola).
Ma quali sono state le cause principali delle ripetute interruzioni estive?
Sicuramente esistono molteplici ragioni dei disagi cronici che hanno investito tutta la città. In primo luogo, un ruolo primario hanno avuto le scarse precipitazioni sui territori sanniti e molisani, che hanno causato un drastico calo nell’erogazione delle sorgenti profonde e superficiali. Non solo, oltre alle piogge mancate o scarne, anche le elevate temperature che hanno caratterizzato sia la primavera che l’inverno hanno portato a un eccessivo assorbimento idrico.
D’altronde la Campania, come tutte le altre regioni del Sud Italia, era annoverata dallo studio di The European House – Ambrosetti (Teha) tra le zone con il più alto tasso di stress idrico. Non si può certo non considerare la siccità che sta colpendo buona parte della Basilicata, in particolare la zona di Lavello, con aziende e agricoltori che si trovano in situazioni di grandissima difficoltà. Il territorio più a rischio del Sud è sicuramente la Sicilia: entro il 2030 un terzo dell’isola diventerà deserto, nel 2050 due terzi, come ampliamente riportato dal recente reportage del Guardian.
Questa piccola parentesi non è fuori contesto, è importante ricordare il più possibile la situazione generale del pianeta e, nello specifico, della nostra penisola. Ma ritornando a una dimensione meno naturale e più “umana” delle ragioni della crisi idrica che ha creato notevoli disagi all’estate beneventana, oltre alle problematiche ambientali, si sono aggiunti anche i malfunzionamenti di alcune strutture molto datate. Verso la fine di luglio è avvenuto il blocco del serbatoio di Pezzapiana che ha reso necessario interventi di manutenzione straordinaria per sostituire centinaia di metri di cavi, completati di recente con l’ultima chiusura di venerdì 6 settembre.
Nella travagliata storia della rete idrica sannita si deve anche aggiungere un altro elemento, un po’ più risalente rispetto agli ultimi disagi, non di certo secondario: la presenza di tetracloroetilene nelle acque captate dagli acquiferi di Campo Mazzoni e Pezzapiana, non invece in quelle provenienti dal Biferno, in base a uno studio dell’Arpa Campania. La presenza di tetracloroetilene è dovuta all’utilizzo eccessivo di detergenti disinfettanti largamente utilizzati in vari modi, nell’industria metalmeccanica, nel lavaggio delle rotaie dei treni, come solvente per vernici ed infine nell’industria chimica e farmaceutica. Tuttavia, le tecniche di analisi statistica multivariata dell’Arpa hanno evidenziato come la situazione delle acque nel beneventano sia migliorata negli ultimi dodici anni, probabilmente grazie a interventi di maggiore prevenzione.
Tornando ai giorni nostri, la più recente interruzione idrica dello scorso 6 settembre, la più lunga dell’estate, ha messo a dura prova la cittadinanza e i commercianti, che hanno approfittato delle autobotti presenti nelle zone interessate per rifornirsi degli approvvigionamenti necessari.
L’amministratore delegato della Gesesa Salvatore Rubbo, nel dettagliare l’operazione che ha portato all’interruzione, ha rassicurato: “Grazie a questo intervento credo che, nei giorni successivi, potremo evitare gli stop idrici notturni”. Mentre invece il Presidente Domenico Russo aveva ricordato ai cittadini, prima della chiusura, l’importanza dell’intervento: “Mi dispiace per i disagi che arrecherà il lavoro programmato ma sarà davvero fondamentale. Un intervento di manutenzione per oltre 100mila euro che significa mettere in sicurezza Pezzapiana ed evitarne l'interruzione improvvisa”.
L’intervento consisteva nella sostituzione di pompe sommerse a 70 metri di profondità andate fuori uso a causa di problemi elettrici e nel rimpiazzo di cavi di centinaia di metri ormai datati e malfunzionanti. A causa della manutenzione, l’interruzione sarebbe dovuta durare circa 24 ore, ma l’intervento è terminato con circa 7 ore di anticipo.
L’ennesimo stop ha contribuito naturalmente ad accendere gli animi della minoranza di Palazzo Mosti: “di fronte alla crisi idrica più grave che si ricordi nella storia recente della città […], Mastella e la sua maggioranza fanno finta di niente e continuano ad ignorare perfino la richiesta di convocazione di un Consigli comunale sul tema”. Queste le parole dei consiglieri di opposizione, tra cui, per citarne alcuni: Raffaele De Longis, Giovanni De Lorenzo e Maria Letizia Varricchio.
Con l’ultimo stop del 6 settembre, le interruzioni della rete idrica possono dirsi finalmente concluse?
Soltanto le prossime settimane saranno in grado di dare una risposta empirica che non si perda nell’opinabile, nel frattempo, il capogruppo di Noi Campani, Maurizio Palladino, cerca di rasserenare gli animi di Palazzo Mosti e dei cittadini, guardando in prospettiva: “La Regione ha annunciato interventi importanti sui pozzi di Solopaca e San Salvatore Telesino e c’è un maxi-investimento a medio termine sulla diga di Campolattaro. Abbiamo il dovere di credere in questi interventi strutturali senza soffiare sul fuoco di un comprensibile malcontento”.
Raffaele De Bellis
Il fiume Calore nella foto di M. Stefanucci