Perchè fu istituita la 'Giornata mondiale dell'acqua'. Gli accorgimenti per non sprecarla! In primo piano

Nel 1992 si tenne a Rio de Janeiro la Conferenza Onu su Ambiente e sviluppo: fu adottata, tra le altre determinazioni, l'Agenda 21, un accordo condiviso da 178 paesi, tra cui l'Italia, per la promozione di uno sviluppo sostenibile, con l’intento di conoscere a fondo gli aspetti sociali, ambientali ed economici dei territori, in modo da attenuare le spinosità esistenti per renderle compatibili con una nuova visione politica di protezione e salvaguardia dell'ambiente.

All’interno di questo documento fu previsto che ogni anno, il 22 marzo, ricorra la Giornata mondiale dell’acqua, un impegno degli stati che partecipano all’Assemblea generale dell’Onu, oltre ad una serie di Organizzazioni non governative, per promuovere questo elemento vitale con attività concrete di tutela.

Il numero 21 si riferisce al XXI secolo, e più che un impegno parrebbe una sfida, una corsa contro il tempo, a riconsiderare l’acqua come bene primario indispensabile e non sostituibile, anche nei suoi molteplici effetti: oltre al soddisfacimento della sete, anche come dinamica di scambio suolo-atmosfera e salvaguardia degli oceani e delle biodiversità, evitando così lo spreco ed emorragia per la spaventosa deforestazione e l’abbandono di un’agricoltura sostenibile.

Ogni tre anni è convocato un Forum per verificare lo status complessivo; l’ultimo si è tenuto in Corea del sud lo scorso anno. Alla base di ogni incontro e di ogni discussione c’è sempre il risparmio idrico a tenere banco, e il messaggio, come uno slogan pubblicitario, è sempre lo stesso: salva la goccia!

La goccia come unità di misura, ma anche come icona da proteggere, per sensibilizzare l’umanità fin dalla scuola, la palestra di vita più elementare, e forse la più sicura dimora di educazione al risparmio dell’acqua e al rispetto più in generale dell’ambiente. E’ gran cosa far passare l’idea della doccia anziché del bagno, del chiudere il rubinetto quando si insaponano le mani e si strofinano i denti, del recuperare le acque meteoriche in cisterne per innaffiare e magari per lavarsi: piccole azioni che, moltiplicate all’infinito, fanno diventare gli esseri umani non più impotenti e sprovveduti spettatori di cambiamento ma protagonisti di atti positivi.

Guardandoci intorno, e analizzando le dinamiche di distribuzione della popolazione sulla terra, ci si domanda come mai ancora esistono luoghi dove l’acqua è sprecata ed altri dove è praticamente inesistente (secondo i dati dell’Oms e della Fao, circa un miliardo di esseri umani non ha praticamente accesso a fonti di acqua potabile; tra dieci anni raddoppieranno). Si dirà che questa è una faccenda che appartiene alla politica, quella alta, invisibile e sfuggente, ma preso atto che si può e si deve riequilibrare l’uso ed il consumo dell’acqua, nel nostro piccolo possiamo fare ancora tanto. Possiamo usare un bicchiere per sciacquare i denti, mettere i riduttori di flusso ai rubinetti, riparare i rubinetti che perdono (ahi, la goccia!), lavare la frutta in una bacinella e non sotto l’acqua corrente (e poi usare la stessa acqua per il vaso del bagno o per innaffiare), far funzionare gli elettrodomestici solo a pieno carico, innaffiare al mattino presto o alla sera (per evitare l’evaporazione), lavare l’auto in una stazione self-service.

Non dobbiamo di certo abbandonare la buona abitudine di bere due litri d’acqua al giorno, e questa la definiamo acqua di consumo reale; ma, per paradosso, cominciamo a considerare che, per produrre i cibi che mangiamo, ad ogni uomo è attribuita una quota di 4.000 litri d’acqua, e quella viene definita acqua virtuale (90% del consumo idrico). Per non parlare dei 15.000 litri d’acqua che servono per produrre un chilo di carne bovina (i mangimi concentrati hanno bisogno di tantissima acqua per l’utilizzo negli impianti intensivi): e consideriamo che la carme è un alimento quasi sempre presente nelle diete occidentali. E consideriamo pure quanta carne si butta e si spreca e, più in generale, quanti milioni di metri cubi d’acqua si dilapidano a causa del cibo prodotto ed inutilizzato. Questo nel nostro piccolo.

E i nostri amministratori locali possono fare qualcosa per tagliare gli sprechi dell’acqua ed aumentare la sensibilità? Eccome. A cominciare dal ridurre il consumo del suolo, ad evitare l’impermeabilizzazione dei suoli, a scongiurare insensati disboscamenti, a riprendere l’antica cultura delle buone opere in agricoltura, a sorreggere i pendii con muri a secco per evitare ruscellamenti, a tenere pulite cunette e caditoie, a controllare e riparare la rete idrica pubblica, a far diminuire le piogge acide evitando immissioni insane nell’aria, a separare le acque bianche da quelle luride… C’è ancora tanto da fare, ma intanto ci auguriamo che il 22 marzo abbia prodotto serie riflessioni, soprattutto da parte di chi ha la possibilità, per il ruolo che occupa, di poter indirizzare in maniera incisiva e costruttiva le scelte della politica.

UBALDO ARGENIO

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