Perchè i bombardamenti del 1943 In primo piano

Un comitato spontaneo (senza riferimenti politici) propone una giornata di riflessione su una pagina ancora confusa della nostra storia: nazionale e locale. Se riuscirà a trovare una continuità, proseguendo cioè per ogni 29 settembre, avrà realizzato un importante coagulo di sensibilità civica. Perché non si potrà mai immaginare il futuro se non si conoscono le ramificazioni della storia passata. Ribadisco come un disco rotto la mia definizione: “La storia è una eredità che non si può accettare con beneficio d’inventario”, non ci sono furbizie di discontinuità per evitare che le sue conseguenze ci siano compagne di destini. Le conseguenze di quegli avvenimenti restano infisse nelle carni di chi vi si trovò implicato, ma soprattutto devono restare nel patrimonio culturale delle generazioni successive. A distanza di novant’anni, un bilancio si può fare. E si deve fare, a partire da una voglia di verità.

Perché i bombardamenti a Benevento?

L’Italia era in guerra: alleata alla Germania e al Giappone, combatteva contro Francia, Inghilterra, Stati Uniti. La dichiarazione di guerra agli Stati Uniti (l’America!) è dell’11 dicembre 1941.

Il 1943 è l’anno cruciale per il cambio di prospettive. Dopo lo sbarco in Africa di contingenti inglesi e americani, Italiani e Tedeschi segnarono anche atti di eroismo ma dovettero soccombere alle soverchianti forze militari avversarie.

Gli angloamericani sbarcano in Sicilia il 10 luglio, risalgono lo Stivale per incontrarsi con altre truppe pronte e sbarcare nella piana tra Paestum e Salerno il 3 e 4 settembre. Napoli e Benevento saranno le prime città ad assaggiare l’amaro calice dei bombardamenti aerei. Napoli il 1° novembre 1942, tant’è che la Scuola Militare della Nunziatella nei primi mesi del 1943 si trasferì a Benevento (città “sicura” anche per molte famiglie napoletane, “sfollate” a Benevento e nei paesi circostanti).

Il primo bombardamento su Benevento è il 20 agosto 1943.

Qual era la situazione politico-istituzionale in Italia? Il Gran Consiglio del Fascismo (vero organo governativo, si direbbe oggi consiglio dei ministri), dopo una complessa seduta tra il 24 e la notte del 25 luglio 1943, aveva sfiduciato Mussolini, presente per tutta la durata della riunione, il quale si recò dal re a comunicargli il risultato della seduta. Il Re Vittorio Emanuele fece arrestare Mussolini e lo consegnò ai Carabinieri, che lo portarono “prigioniero” sul Gram Sasso.

Il 3 settembre, a Cassibile, l’Italia firma l’armistizio con le forze militari occupanti, ma la notizia viene resa pubblica la sera dell’8 settembre. Anche a Benevento quella sera si festeggiò, con la convinzione che la guerra fosse finita.

Il Re affida il governo al maresciallo Badoglio. Insieme, il 10 settembre fuggono da Roma e si insediamo a Brindisi (con sovranità sulla Puglia e la Sicilia). Il resto dell’Italia in mano a chi sta? Tolta Roma, dichiarata “città aperta”, con l’insediamento di Mussolini il 23 settembre nella neonata Repubblica Sociale Italiana (detta anche di Salò), il centro-nord è sotto il controllo dei tedeschi. Ma di tedeschi ce ne sono ancora anche “al di sopra di Brindisi”: E cioè anche a Benevento e a Napoli. Ecco il motivo dei bombardamenti che ripresero con nuova lena anche a Benevento. Lo scopo era quello di accelerare lo spostamento delle truppe tedesche verso Nord e di preparare le condizioni di sicurezza per l’insediamento delle truppe di terra e dei comandi degli eserciti “alleati”. Il Regno d’Italia (quel che restava del Regno d’Italia, cioè i territori occupati dagli “alleati” (la Sicilia e il Sud, ma non tutto) dichiarò guerra alla Germania nazista il 13 ottobre 1943.

Benevento era uno snodo ferroviario e stradale “essenziale” per il controllo delle posizioni dei tedeschi. Si spiega così tutta la serie di conflitti svoltisi in quasi tutti i comuni della provincia. Alfredo Zazo diede alle stampe a ottobre del ’44 una “narrazione degli avvenimenti che si svolsero in Benevento e nella sua provincia dall’8 settembre al 28 ottobre 1943

Questo di Zazo e quello più conosciuto di Salvatore De Lucia (Benevento nel turbine della guerra, del 30 settembre 1946) sono i primi resoconti di quella estate del ‘43. Entrambi questi volumetti furono riprodotti in stampa anastatica nel 1990 e distribuiti nelle scuole, grazie al contributo assicurato dal Comitato Provinciale per il 40° Anniversario della Resistenza promosso dalla Regione Campania.

Per tutto settembre, formazioni di bombardieri annunciate dalla sirena d’allarme posta sul campanile del Duomo visitavano la città sganciando tonnellate di bombe da quote diverse (e precisione variabile a seconda delle condizioni atmosferiche).

Perché tanto accanimento? Per assicurare ai futuri occupanti le “migliori” condizioni di sicurezza.

L’ultimo bombardamento (con una formazione di sessanta bombardieri) nella mattinata del 2 ottobre 1943. I tedeschi si allontanavano facendo esplodere le mine sotto il ponte Vanvitelli. A sera si vedono, provenienti da San Giorgio del Sannio, i primi “liberatori”. I beneventani avevano imparato che certi aerei si chiamavano proprio così: Liberator.

MARIO PEDICINI