Renato Russo, un eroe sconosciuto In primo piano
14 dicembre 1976, Roma. Alle 8:30 di quel giovedì mattina, il vicequestore Alfonso Noce si appresta a uscire di casa. I due agenti della sua scorta lo attendono davanti al portone.
Improvvisamente, da un pulmino 850 della Fiat, scendono tre uomini armati di mitra che aprono il fuoco contro la Giulia della polizia. L’attacco è fulmineo e spietato: l’agente Prisco Palumbo, alla guida, perde la vita nei primi istanti, mentre l’altro agente di scorta rimane ferito, ma nonostante ciò, riesce a proteggere il vicequestore, salvandolo da un destino tragico.
Quell’agente, il cui nome non è mai stato citato negli articoli di giornale, era Renato Russo, 26 anni, originario di Benevento. Un uomo che, con straordinario coraggio e senso del dovere, affrontò quella terribile giornata con una determinazione che gli costò cara.
Ferito fisicamente e scosso dagli eventi, Renato Russo dovette affrontare una minaccia ancora più insidiosa dopo l’attentato: le intimidazioni rivolte a lui e alla sua famiglia.
Fu costretto poi a prendere una decisione dolorosa. Per garantire la sicurezza dei suoi cari, lasciò l’Italia e si rifugiò all’estero, portando con sé anche la sua compagna, diventata poi sua moglie. Visse per alcuni anni lontano dalla patria e dai meritati riconoscimenti, in un esilio silenzioso che lo vide sacrificare tutto per chi amava.
Renato Russo non è mai stato celebrato dai media, ma per chi lo conosceva era un eroe autentico. Mio padre, suo cugino, parla sempre di lui con orgoglio e profonda ammirazione.
Nel giorno dell’anniversario della sua morte, avvenuta il 9 giugno 2022, voglio onorare la sua memoria. Gli eroi non sono solo personaggi da film; vivono nei gesti silenziosi di uomini come Renato. È nostro dovere raccontare queste storie, per non lasciare che si perdano nel tempo.
Maria Serena Parrella