Rimembranze In primo piano

In giro per Benevento come turisti e frequentatori della Biblioteca Provinciale con i capelli bianchi sono figure abituali. Quelli con cui il 19 novembre il presidente Nino Lombardi ha fatto conoscenza sono i protagonisti di una stagione che deve trovare ancora una “inquadratura” nella storia della società beneventana e sannita. Sono, anzi, una parte di una comunità che guardava al futuro e agli strumenti che avrebbero potuto assicurare a Benevento e alla sua terra il lievito di una rinascenza.

Questi giovani con i capelli bianchi hanno deciso di portare in Biblioteca Provinciale la collezione di tutti i numeri di un giornale che aveva per titolo Il Ping. La provincia di Benevento aveva perduto dopo la guerra quasi cinquantamila residenti. Ad emigrare non erano sempre poveri analfabeti, ma spesso laureati nella Università di Napoli o anche lavoratori del braccio desiderosi di uscire fuori dalla economia familiare che il reddito della terra non consentiva allettanti distribuzioni. L’impoverimento non era solo riferito ai redditi contabilizzati dalle statistiche dei censimenti. Si può dire che erano poveri gli orizzonti e forse anche certe fasce di impiegati pubblici usciti dalle esperienze della guerra con tutti i traumi e i sensi di colpa di una nazione che aveva malamente affrontato la guerra e faceva i conti (non solo nella segretezza delle coscienze) con le conseguenze di una sconfitta militare e di una umiliazione sociale.

Qualcosa tuttavia “in alto” si muoveva e in periferia giungevano gli echi di nuove alleanze, soprattutto lo spiraglio di mettere insieme le potenze che si erano scannate nella guerra per giocare la carta della futura Unione europea.

Per noi del Sud Italia la scossa e la carta da giocare era rappresentata dalla Cassa per il Mezzogiorno, che ai giovani beneventani offriva una biblioteca guidata da una giovanissima ragazza venuta dal Nord, come dal Nord veniva una “assistente sociale” poi passata nella scuola incastrata a Benevento dal fascino di Massimo Bozzi.

Pur nella vivacità dei partiti e delle forti contrapposizioni si ritrovavano personalità provenienti da un passato di autorevolezza. Una figura non solo simbolica della necessaria continuità fu l’arcivescovo Agostino Mancinelli, ma lo stesso successore Raffaele Calabrìa non mise freni e recinti in quella Azione Cattolica nella quale operavano fior di professionisti, oltre che efficaci operatori sociali. Con Calabrìa rinasce la FUCI (Federazione Universitari Cattolici) e non a caso il direttore del Ping fu quel Bruno D’Amico che della Fuci rinata era stato il primo presidente.

Sempre Calabria, intercettando le esigenze di formazione politica del personale allevato in quella vivace aggregazione di ragazze e ragazzi, aprì gli ambienti del Vescovado sulla scala esterna di piazza Orsini mettendo a disposizione i locali per il Centro di Cultura della Università Cattolica. In questa storia una piccola parte mi tocca. Allorché venne in vista il rettore della Cattolica Giuseppe Lazzati, gli chiesi di istituire a Benevento una gemmazione della facoltà di giornalismo aperta a Bergamo. Lazzati confessò che la creazione della facoltà di Medicina a Roma aveva impegnato anche per il futuro la Cattolica. Per dimostrare però il suo apprezzamento trovò con l’Arcivescovo Calabria la via per la nascita a Benevento del primo Centro di Cultura nel Centrosud. E qui vennero economisti del calibro di Cesare Saibene. Fu il fermento di quegli anni e di quello stile di apertura, impersonato dal professore don Carlo Vrana che ci faceva immaginare una visione culturale mitteleuropea. Con stile direi più rustico agì don Emilio Matarazzo, collega di insegnamento della filosofia con Vrana al Seminario Regionale, nella missione di “incontrare” altre “pecorelle”.

E’ in questo clima di speranza alimentata dalla consapevolezza della necessità di un patrimonio culturale “aperto” che nasce Il Ping. Tutto sta a fare in modo che quei preziosi scritti non restino negli armadi della Biblioteca e non restino neanche come esercitazioni di tesi di laurea. Si faccia in modo di offrire ai coetanei di quei capelli bianchi, ma anche ai coetanei dei capelli bruni del presidente della Provincia, ma soprattutto agli studenti liceali e agli universitari lo spunto per aggiornare quel cimento interiore per la cultura e per la testimonianza.

Quei ragazzi di sessant’anni fa hanno fatto i loro doveri civici. Vogliono dire ai ragazzi di oggi di non prepararsi a fuggire dopo la maturità ma di accettare il cimento della appartenenza alla civitas come protagonisti, accollandosi la responsabilità di una solida preparazione ma anche quella dell’impegno civile anche a costo di insuccessi e delusioni.

Gli anni Venti del ventunesimo secolo somigliano tanto agli anni Sessanta del secolo ventesimo. A meno che non si voglia delegare tutto al miracolo osceno della intelligenza artificiale. Il Ping aveva come sottotitolo Prima battuta di un dialogo. Niente di artificiale, così come non è artificiale il tavolo verde di una partita di ping-pong.

MARIO PEDICINI