TRA NOSTALGIA E FUTURO INCERTO In primo piano
Anche quest'anno è arrivato il tempo di dire addio alle
mie colline. È una serata nuvolosa, il sole tenta invano di bucare quel che
resta delle nuvole che un paio d'ora fa ci hanno invano promesso pioggia.
Prendo la motocicletta e mi lascio portare dall'istinto. Il motore scoppietta e
sbuffa mentre s'inerpica su Botticella. Eccomi giunto sulla sommità; alla mia
destra, sul versante opposto della Valle del Tammaro, Campolattaro; alla mia
sinistra, una serie quasi interminabile di campi che declinano e poi risalgono
verso Circello, la Puglia, il Molise. Mi sento padrone del mondo. Nonostante
l'orario e la giornata di festa, lo sferragliare di un vecchio trattore rompe
il silenzio della sera.
Da quassù si vede ogni cosa. Le pale eoliche
innanzitutto. Ogni anno, ne conto di più, sui crinali e sulle cime. Sorgono
quasi per magia. E, in verità, il fatto che dal vento si possa creare energia
elettrica è quasi magico, quasi poetico. Perché il vento è aria e l'energia è
fuoco e passare da un elemento a un altro ha del miracoloso, come una moderna
alchimia. I loro occhi rossi che nella notte ci regalano il loro sguardo
intermittente ce lo testimoniano: l'uomo è potente, tanto da trasformare il
cielo.
Le pale sono tante, dicevo, e producono parecchia
energia. Pare, anzi, che la provincia di Benevento, grazie a loro, ne produca
molta più di quella che consuma.
Passando con l'aereo su questa zona, qualche mese fa, mi venne in mente una famosa scena di Monty Python sulla crocifissione. È così formidabile la produzione energetica che possono produrre questi portentosi mulini a vento, che alle volte sono costretti a fermarsi perché tutta questa potenza non si può immagazzinare. Un peccato davvero. Così, anziché lasciarle ferme o piantarne di meno, qualcuno ha pensato di utilizzarne il surplus. Faccio qualche altro metro con la motocicletta. Gli ultimi raggi di sole si riflettono sulla superficie del lago. Lo guardo bene, me lo fisso nella mente perché non so quando lo vedrò di nuovo. E non mi fraintendete, non è che abbia intenzione di passare altrove le mie prossime estati. Sarà piuttosto lui, il lago, a non esserci più. Lo stanno svuotando. Pare che si debbano fare delle prove di prosciugamento e riempimento, per realizzare grandi e meravigliosi progetti. Il primo è di potabilizzazione. Tramite una galleria di 12 km, l'acqua del lago sarà portata a valle e poi pompata nuovamente a monte, per rimpinguare le povere risorse idriche dei comuni della zona. Il costo si aggira attorno ai settecento milioni di euro. E poi c'è quello, ancora più ardito, dell'elettricità, quello che aiuterà a non sprecare l'energia in eccesso delle sempre più numerose pale eoliche.
Qualcuno ha infatti pensato di utilizzare questa energia in eccesso per pompare l'acqua a 1.000 metri di quota, risputarla giù e produrre nuova corrente. Certo, l'energia prodotta non sarà tanta quanta quella impiegata a pompare l'acqua in alto, ma comunque di più di quella ipotetica che attualmente non si immagazzina. Per farlo, si scaverà nel cuore della collina un lunghissimo e profondo tunnel e si costruirà una centrale. Ecco che, alle pale eoliche si aggiunge un'altra meravigliosa opera dell'ingegno umano. Costerà un po' cara, certamente - circa un miliardo di euro - ma non al contribuente, perché l'investitore è una società di capitale svizzero. Naturalmente, se una società commerciale investe un miliardo di euro, il suo tornaconto deve avercelo, i conti li avrà fatti e non dubito che, alla fine, ci guadagni anche.
E noi? Beh, noi che da queste parti ci stiamo da qualche secolo, possiamo ritenerci fortunati, no? Perché tutti questi soldi porteranno certamente tanta ricchezza nella valle... peccato che si tratti dello stesso tipo di ricchezza che doveva arrivare quando fu costruita la Diga di Campolattaro, quarant'anni fa. Questa ricchezza, ora come allora, è imperniata sull'acqua del Fiume Tammaro. All'inizio, come sappiamo, non si sapeva cosa farne, tanto che qualcuno si domandava perché fosse stata costruita questa benedetta diga. Poi, finalmente, si pensò che magari, vista la sua bellezza, si sarebbe potuta sfruttare a fini ricreativi, per attrarre flussi turistici, ripopolare i nostri borghi e vivere bene, in sintonia con la Natura. Ora, però, grazie agli svizzeri, si è individuato uno scopo ancor più alto: l'energia! Così, in ottobre, il lago sarà completamente vuoto.
L'anno prossimo, quindi, salirò su questa collina e potrò ammirarne il fondo, tutto bello crepato, con i suoi alberi secchi, che nessuno si è mai preoccupato di tagliare, e magari vedrò anche le lische delle migliaia di pesci che saranno periti nel nome dei molti zecchini d'oro che qualcuno si attende. In mezzo alla valle, solo soletto, rimarrà il Tammaro, il fiume che dà il nome alla Valle. È lui, a ben guardare, il vero protagonista di tutto, perché è lui che riempie il lago; sono sue le acque che si vogliono utilizzare per realizzare entrambi i progetti e sono, perciò, queste acque gli zecchini d'oro che siamo costretti a piantare. La vita a volte è strana. Se andate a Ponte Pescosardo, dove il Tammaro entra nel lago, vedrete un rigagnolo. In media 10 metri cubi al secondo, secondo Wikipedia, che d'estate si riducono a 4, quando va bene. Un rigagnolo.
E allora vi domanderete: quel rigagnolo basterà a far funzionare entrambi questi mastodontici progetti? La domanda è ingenua e mal posta: il problema non è se l'acqua basterà a far funzionare i due progetti, ma se basterà a far guadagnare chi deve guadagnarci. E la risposta è sì, qualcuno tutti quei soldi li intascherà davvero, ma quel qualcuno, purtroppo, non saremo noi. Noi, che del Tammaro ingenuamente ci sentivamo padroni, vedremo sfilarci da sotto il naso non solo la possibilità di andarci a fare il bagno, come una volta, nei pomeriggi d'estate, ma anche i turisti stranieri che pian piano cominciavano a scoprire la nostra Valle, le opportunità di valorizzazione dei nostri borghi, la bellezza di un paesaggio incontaminato.
Al posto di tutto questo ci saranno le ruspe dei camion, le solite pale eoliche. Il Gatto e la Volpe saranno svaniti nel nulla, com'è loro costume e il lago... il lago per almeno altri cinque anni ce lo potremo scordare, nessuna fatina ce lo potrà restituire.
È scesa la notte e non vedo nemmeno più le stelle. Ci stanno rubando il cielo. Quel cielo stellato che presiedeva alle nostre passeggiate, di sera, verso il fiume. Al loro posto, centinaia di occhi rossi osservano con intermittente indifferenza la vita defluire dal lago; attendono pazienti l'odore della putrefazione. Salirà presto fino a noi, inesorabile, come la logica del denaro.
Pecunia olet.
ENRICO DE AGOSTINI
Ambasciatore d'Italia in Zambia