Tra sogno e realtà... Una Facoltà di Medicina a Benevento? In primo piano

Una volta si diceva che l’erba voglio non cresce neanche nel giardino del re. Forse sarà stato un capriccio, forse no, ma la richiesta di istituire una facoltà di medicina e chirurgia a Benevento significa non fare i conti con la realtà. Quella sannita, appunto. Le priorità per il cittadino sono ben altre. Vorrebbero essere curati come persone e non alla stregua di profughi. Giungono sempre più notizie preoccupanti dal principale ospedale cittadino, con il pronto soccorso paragonato a un lazzaretto, malati lasciati sulle barelle per giorni in condizioni disumane. E dei tanti medici che vanno via la sola risposta è stata quella che l’esodo dei camici bianchi non rappresenta una novità, avviene dappertutto. E intanto le liste d’attesa diventano non degne di un paese civile: il caso degli angiografi guasti - per usare le parole del consigliere delegato alle politiche sanitarie al Comune di Benevento, Luca De Lipsis - segnalano una sorta di lento declino del prestigio ospedaliero cittadino.

«Tutte le persone devono avere accesso ai servizi sanitari di cui hanno bisogno, quando ne hanno bisogno e dove ne hanno bisogno. Senza difficoltà finanziarie. I Paesi che progrediscono verso l’assistenza sanitaria universale migliorano anche l’accesso alla scuola e al lavoro, riducono la povertà, promuovono l’inclusione e la giustizia. Quando ci uniamo per una salute migliore per tutti, otteniamo quindi prosperità economica e coesione sociale», così Hans Kluge, direttore europeo dell’Oms.

Le facoltà di medicina e chirurgia della nostra regione non tutte hanno una storia secolare come quella di Napoli che, fino agli anni Sessanta o giù di lì, ne ha avuta una sola. Poi si aprì quella situata tra il Vomero e i Camaldoli, in via Pansini, che prese il nome di seconda facoltà di medicina e chirurgia, mentre la prima era quella situata nel centro storico, meglio noto come vecchio policlinico, di piazza Miraglia. In seguito avvenne un cambio di nome ma non di sostanza: il nuovo policlinico dei Camaldoli fu parte integrante dell’Università Federico II e il vecchio policlinico entrò a far parte della Seconda Università di Napoli, dopo qualche anno a sua volta inglobata nell’Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. Ultima facoltà di medicina nata in ordine di tempo è quella di Salerno, nel 2006, ma che vanta trascorsi celebri con la nascita nell’VIII secolo d.C. della Scuola medica salernitana, autorevolissima e prestigiosissima istituzione sanitaria che conservò la sua importanza per tutto il Medioevo.

Chi ha pensato all’istituzione di una facoltà di medicina a Benevento perché Caserta ha la sua (per ora esami e altro avvengono al vecchio policlinico di Napoli) ha forse ignorato che nel dicembre 2020, il rettore della Vanvitelli, Gianfranco Nicoletti, annunciava la sottoscrizione dell’atto con cui si consentiva la ripresa dei lavori del policlinico di Caserta. Un’opera pubblica tra le più importanti in corso nella Regione Campania e nell’intero Mezzogiorno, in grado di offrire agli studenti standard formativi sempre più elevati grazie a strutture didattiche, di ricerca e assistenziali all’avanguardia. I lavori dovranno essere ultimati entro 32 mesi da quell’annuncio e il progetto dell’opera permane assolutamente inalterato rispetto alla sua originaria versione: la struttura si svilupperà su una superficie di 250mila metri quadri e a regime ospiterà circa 350 posti letto e una popolazione studentesca di circa 5mila persone. Il blocco riservato all’assistenza sarà suddiviso in 5 edifici indipendenti, interconnessi da un unico elemento trasversale di raccordo; coprirà una superficie complessiva di 68.500 metri quadri e ospiterà un piazzale di accesso al Pronto soccorso con eliporto. Gli edifici destinati alla didattica e alla ricerca si svilupperanno su una superficie complessiva di circa 60mila metri quadri.

Intanto da pochi giorni, con il contributo dell’Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, è terminata la mostra dei manoscritti illustrati sulla medicina prodotti tra il VI e il XVI secolo tenutasi alla Biblioteca nazionale di Napoli. Tra i documenti esposti il famoso “Dioscoride napoletano”, raro esempio di erbario tardo antico illustrato a mano, i manoscritti di fine Trecento della celebre Scuola salernitana, che svolse un ruolo di primo piano nello sviluppo degli studi di medicina durante tutto il Medioevo, e tra questi i commentari di Galeno (circa 129-201 d.C.) alle opere di Ippocrate (circa 460-377 a.C.); il “De medicina” di Celso tra i testi medici più belli prodotti a Napoli nel Quattrocento impreziosito da iniziali, fregi e cornici. Tra le curiosità in mostra, la “matricola” della confraternita napoletana dell’Ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili, una delle più importanti istituzioni assistenziali napoletane.

Peccato che dei discepoli dell’arte di Esculapio del Sannio nostrano in visita alla mostra non se ne contassero più delle dita di una o due mani. Ma tant’è.

GIANCARLO SCARAMUZZO

giancarloscaramuzzo@libero.it