L'insulto: dai tweet contro Mastella alle elezioni USA. Analisi del nuovo ''stile'' comunicativo Politica

Il 29 ottobre il Senato ha dato il via libera a procedere nei confronti del senatore Carlo Calenda, leader di Azione, dopo essere stato querelato dal nostro sindaco Clemente Mastella per un tweet in cui l’avrebbe associato ad una ‘cultura della mafia’ in occasione delle elezioni europee 2024. Calenda andrà quindi a processo per diffamazione aggravata grazie ai 54 voti del centro-sinistra e ai 85 voti di astensione del centrodestra.

Il 3 aprile scorso Calenda, rivolgendosi all’ex-senatrice Emma Bonino, candidata nella lista Stati Uniti d’Europa (costituita da +Europa, Italia Viva, LibDem, Radicali Italiani, Partito Socialista Italiano e Italia C’è), nella quale ad essere candidata era anche l’ex senatrice Sandra Mastella, aveva scritto: “Non ha alcun senso portarsi dietro, sia pure per interposta persona, Cuffaro, Cesaro e Mastella. La cultura della mafia è l'opposto dei valori europei”. 

Il sindaco di Benevento aveva poi annunciato querela immediata, sostenendo di non ‘voler arretrare di un millimetro’. 

Sul caso era stato poi aperto un processo per diffamazione aggravata dal gip del Tribunale di Roma che come da prassi, aveva chiesto al Senato di votare in merito l’immunità parlamentare del senatore Calenda.

Questi nuovi linguaggi che ha assunto la politica ci possono indurre a varie riflessioni sullo stato della democrazia nei paesi occidentali, soprattutto se consideriamo anche ciò che accade negli altri paesi, alla luce delle recenti elezioni presidenziali in USA. Queste ultime elezioni americane che hanno avuto grande spazio anche nei media italiani, sono stati il teatro degli insulti e della violenza, lasciando poco spazio a quelli che dovevano essere i contenuti dei programmi politici.

Kamala Harris in varie occasioni ha definito Trump un ‘fascista’ oppure un ‘tiranno’, dall’altra parte il tycoon ha definito la sua avversaria come ‘pazza’ oppure come una ‘stupida che beve e assume droghe’.

Da questo vituperio non sono stati risparmiati neanche gli elettori che il presidente Biden ha definito come ‘spazzatura’, riferendosi ai sostenitori di Donald Trump, uno dei tanti punti bassi che ha raggiunto questa campagna elettorale.

Se consideriamo questo nuovo modo di comunicare che ha preso piede nella più antica democrazia moderna e se teniamo in considerazione che ogni fenomeno sociale, economico e antropologico che accade in America influisce o influirà in qualche modo anche nel nostro paese, non possiamo sottrarci dal fare qualche breve riflessione.

È sicuramente evidente che questi nuovi linguaggi d’odio che ha assunto la politica nazionale e internazionale sono iscritti in un tempo in cui l’efficacia della comunicazione è caratterizzata dalla sua velocità: un Tik-Tok dura 15 secondi, un tweet non può essere più lungo di 280 caratteri, su Instagram non si può fare altro che pubblicare un’immagine con una breve descrizione e in TV non si fa altro che tenere alta la soglia di attenzione con frasi e slogan ad effetto per non perdere punti share e indurre lo spettatore a cambiare canale.

Sono stati infatti archiviati i tempi dei lunghi dibattiti televisivi a Porta a Porta oppure delle interviste a Mixer, il programma condotto da Giovanni Minoli caratterizzato dalla sua particolarissima inquadratura che poneva in risalto sia il volto del personaggio intervistato ma anche i suoi contenuti, nonché la sua psicologia.

Pertanto, nella nostra era in cui immediatezza e velocità prendono il sopravvento sul contenuto, dove logicamente risulta essere sempre più importante la forma, il modo più efficace di comunicare è diventato l’insulto che è semplice, breve e pregno di significato. D’altronde ogni americano avrebbe preferito sentire dire dal proprio candidato di riferimento una qualunque oscenità che avrebbe suscitato ilarità, avesse accentuato la divisione e che avrebbe aumentato l’identificazione tra l’elettore e il candidato piuttosto che ascoltare ipotetiche manovre economiche e modalità di attuazione di politiche sociali. 

La politica è dunque diventata sempre più rozza e populista proprio perché si cerca l’efficacia della forma piuttosto che l’efficacia del contenuto.

Ritornando al tweet di Calenda, che associa Mastella a personaggi che per la giustizia italiana sono stati condannati per reati di mafia, non è semplicemente da ascrivere al comune reato di diffamazione aggravata ma a questo grande processo linguistico che la politica sta attraversando. Se l’intento di Calenda era quello di fare una comunicazione efficace, certamente ci è riuscito.

Ma la politica non è fatta solo di slogan e di forma, prima o poi si dovrà scontrare anche con le problematiche reali che i cittadini sono chiamati ad affrontare, solo allora la democrazia dovrà dimostrare la sua forza, nonché il suo stato di salute.

Il rischio che stiamo correndo, nel momento in cui attribuiamo maggior peso alla forma di una parola efficace, è quello di andare incontro ad una demagogia, la forma degenerata della democrazia definita da Platone, quella forma in cui ad un normale dibattito politico si sostituisce una propaganda costante che accarezza i desideri più irrazionali delle masse.

ANDREA ALBANESE